Scola, Maccari, Trovajoli, Tognazzi,
uno scampolo post-68 dei provincialissimi irrispettosi anni Sessanta, di cui questo
romanzo fornisce il brogliaccio. Di una provincia dagli appetiti robusti, che
non si negava, non ancora – non li soffocava nel perbenismo. Il commissario Pepe,
aperto, democratico, tollefrante, tutto il contrario dello sbirro violento dell’epoca,
scopre la sua città, innegabilmente veneta, molto di sacrestia, sprofondata in
un erotismo senza limiti, compresa la prostituzione di minorenni e la pederastia.
Anche la sua fidanzata, bella modella, non disdegna incontri danarosi fuori
città.
Nel film, più famoso del libro, un
Tognazzi poco nel ruolo – si ride poco – decide di andarsene senza intervenire.
Sfidando alla fine il pubblico, che presume suo censore, con un: “E voi, siete
tutti leoni?”. Il libro invece è meglio del film, molto meglio. Veniva dopo
Parise, non scopriva cioè la provincia veneta, bigotta e libidinosa, ma con più
qualità umana, sia pure sotto forma di malinconia. Facco de Lagarda, dirigente
bancario, amava solo scrivere, fu autore di altri e fu collaboratore dei
giornali illuminati che negli anni 1960 ancora si pubblicavano, ”Il Mondo” e
“Il Ponte” tra gli alytri.
Ugo Facco de Lagarda, Il commissario Pepe, Il sole 24 Ore,
pp. 79 € 0,50
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