venerdì 7 agosto 2015

La storia perduta dell'Iran

Un terzo di  secolo di dominio incontrollato degli ayatollah, trentasette anni per l’esattezza, hanno partorito un accordo da media potenza, come era nelle ambizioni dello scià. Un terzo di secolo di repubblica islamica che si ricorda solo per il rigorismo reazionario e proibizionistico. Nell’oscurantismo, che è un’offesa per una nazione di tanta storia come l’Iran: culturale, politico, morale, e perfino teologico – lo spessore dottrinale di Qom e degli ayatollah si è dissolto negli affari e gli intrighi.
Niente è meglio che al tempo dello scià, e molto è peggio. È finita la poesia. È finito il cinema. È finita la società mediorientale più integrata, uomini e donne insieme, comunità religiose, comunità etniche. Non c'è la corte, ce ne sono molte. Le masse non stanno meglio. Non c’è più democrazia, anzi ce n’è sicuramente meno che con lo scià. La borghesia è sempre quella asfittica dello scià, dei bazarì, dei commercianti: affari di poco respiro e nessuna generosità – giusto le decime agli ayatollah – o innovazione.     

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