La prima delle quattro memorie di Lillian Hellman (poi vennero “Pentimento”, “Il tempo dei furfanti”, “Una donna segreta”), pubblicata nel 1969, dopo alcune anticipazioni in diverse riviste, e per prima tradotta, trent’anni fa, non ha la verve delle successive. Fu riconosciuta, premiata col National Book Award 1970, e convinse la drammaturga e sceneggiatrice di cinema, con molti film famosi all’attivo, che poteva essere anche una narratrice, come aveva sempre voluto e tentato di essere. Ma è una specie di prova generale, troppo densa e tesa. Rispetto alla rapidità scaltrita e iconica delle puntate successive - già da “Pentimento”, da cui fu tratto il film cult “Julia” - che tante invidie ancora suscita alla Hellman. Specie nella guerra di Spagna, di cui Lillian Hellman fu corrispondente involontaria, che limita a insignificanti ritratti di maniera. Oppure vuota, nello straordinario soggiorno di cinque mesi in Russia, nell’inverno 1944-45, dopo un viaggio di quindici giorni attraverso mezza Siberia, su aerei speciali per lei, e con una straordinaria visita al fronte, che limita a scene di contorno, gli interpreti per lo più, e a Mosca all’hotel Metropol, per stranieri.
È però una memoria già piena di cose. Già della guerra di Spagna dice il disagio – se non è ricostruzione retrospettiva (lei pretende di limitarsi a trascrivere le note prese allora): l’ambiguità delle Brigate Internazionali, minate dalle faide ideologiche e senza un armamento in qualche modo adeguato ai cacciabombardieri nazifascisti. Con un ricordo vivo di Otto Simon, quarantenne comunista da sempre, con cui si accompagna a Valencia, impiccato a Praga, la patria comunista, nel 1952. C’è la Russia in guerra, la “squadra” per cui l’America faceva il tifo, commossa, ammirata anche, di tanto ardimento. C’è molto Hammett, privato e pubblico, politico e letterato. Con molta Hollywood. Norma Shearer - e il marito Irving Thalberg, l’unico produttore ammirato, che Scott Fitzgerald avrebbe rappresentato male in “Il grande Gatsby”. Nathanael “Pep” West. Jean Harlow che fa la signora. Dorothy Parker ovunque, grande amica, “iniziatrice” di molto e di molti. Samuel Goldwin, geniale e avaro. La filosofica aiuto domestico Helen, nera del Sud trapiantata a New York. Sergej Eizenstein, la persona più “solida” di tuta la narrazione.E molto Hemingway, colto in vari momenti, nella collaborazione in Spagna per il docufilm di Joris Ivens, e altrove. In poche righe, indimenticabile, la paura che Fitzgerald aveva alla fine di Hemingway, del giudizio di Hem, invariabilmente distruttivo, di chiunque.
C’è anche l’Est, New York. L’editore Liveright, munifico allevatore di geni letterari, e fallimentare. Le feste di serie A, e quelle di serie B – quelle di Berlusconi xonbi ha copiato (quelli di serie A “pieni di belle donne, signore singole e divorziate, e alcune lesbiche bennate”, obbligate a parlare di libri e di Freud, benché non letto. La “donna incompiuta” cominciava a mettersi in pace con se stessa. Un ritratto disegnando dell’America negli anni1930-1960, che l’hanno trasformata.
Lillian Hellman, Una donna incompiuta
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