mercoledì 9 settembre 2015

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (257)

Giuseppe Leuzzi

All’improvviso, è festa in Baviera, e in copia conforme in Austria, per gli immigrati in fuga dalla Siria. Un’organizzazione perfetta, compresi i tempi (i siriani in arrivo sono stati fermati a Budapest e Bolzano fino a che Monaco e Vienna non si sono dette preparate). Ha voglia il governo italiano di sgolarsi, come da anni fa, di fronte alle ecatombi nel canale di Sicilia, che le cose non vanno: le cose esistono e si decidono quando e come esistono a Nord..

Lucia Annunziata, Klaus Davì e altri giornalisti per bene si interrogano sulla libertà per meriti di studio a un Paolo Rosario De Stefano, “considerato un presunto reggente della omonima cosca di ‘ndrangheta”, come scrivono i giornali di Reggio Calabria. I professori dell’università di Reggio, facoltà di Legge, che gli hanno dato 30, devono difendersi. L’antimafia sospende tutto, anche le leggi – l’antimafia di cui Davì s’illustra.

Questo De Stefano capo del’omonima cosca, ancorché presunto, s’è fatto il 41 bis – è lì che ha studiato meglio – ma per una condanna lieve, a otto anni e mezzo. Un anno e mezzo è stato il condono di legge per la laurea. Si può anche dire che il criminale ha istinti vitali più forti. Ma la legge? O De Stefano è il capo, sia pure reggente, o non lo è.

Ma è scommessa facile che i professori che hanno dato 30 a De Stefano saranno prossimamente indagati, e magari rinviati a giudizio. Cos’altro è il concorso esterno in associazione mafiosa?

Feudalità della storia
Si legga una qualsiasi storia, la Calabria sarà detta aver patito storicamente “sotto la pressione di un governo, quello borbonico, che dissanguava il paese con le tasse e non aveva alcun interesse a migliorare le condizioni di vita della popolazione, ma era anche alla mercé di una massa di duchi, principi e baroni, di un’aristocrazia feudale, cioè, che teneva assoggettato il popolo dai suoi castelli con un rigore medievale. A tutto ciò si aggiungevano le decime dovute alla chiesa e ai conventi”. Sintetizziamo la questione con un viaggiatore peraltro onesto e accorto, Josef Viktor Widmann, “Calabria 1903”, p. 31. Senza che ci fossero castelli, né signori medievali, né decime – semmai le questue: i conventi erano per lo più basiliani, che non infeudavano, e neppure gestivano grandi patrimoni.
“Ciononostante”,  l’onesto viaggiatore registra, “i francesi (liberatori) furono combattuti fanaticamente dalla popolazione”. Questa opposizione fanatica viene imputata alla religione, e questo è un secondo stereotipo, gratuitamente punitivo.
Ci sono feudalità nella storia, cliché. È fra le scienze umane la più incrostata.

Africo nera
Sarà il nome, che innesca automatismi razzisti. Sarà un destino. Sarà Zanotti Bianco, che gli africoti fotografò dopo terremoti e alluvioni erranti per la Padania masticando fieno per rifocillarsi. Ora è “Anime nere”, la pietra tombale di Criaco, Munzi e Giancarlo Leone, due autori e un direttore Rai molto buoni, in odore di sacrestia. Ma prima Africo è stata, e ora si annuncia di nuovo, Corrado Stajano. Che la vicenda politica di un prete affarista, o forse soltanto scomodo, tramutò in un’ordalia, per cui gli africoti un tempo poveri sono divenuti mafiosissimi, e anzi spietati.
Fa così senso avvicinarsi ora a Africo, paese “babbo”. Gli stessi africoti ne sono spaventati. Si dicono lusingati delle attenzioni Rai, che promette nuovi film e nuove comparsate.che non fanno male, a cento euro al giorno per stare all’aria. Ma si sono quasi convinti di essere criminali, e non si capacitano come sia successo. Hanno scoperto pure di essere brutti, anche questo contribuirà allo sconcerto.

Le processioni e le offerte
Si discute sempre molto, nei duecento circa paesi – comuni e frazioni – cui il vescovo di Oppido-Palmi ha inibito le processioni, dei possibili motivi. Mai contro il vescovo, bisogna dire – che le ha proibite semplicemente perché le ritiene “riti pagani”, così ha detto: qui sono tutti buoni cattolici, cristiani cioè ligi alla gerarchia. Molti sforzi si fanno per individuare chi potrebbero essere i mafiosi che se le sono assoggettate, le feste e le processioni. Se c’è qualcuno tra i portatori delle Madonne e dei santi. Se qualcuno del comitato dei festeggiamenti s’è fatto lusingare da offerte mirabolanti di denaro. Ma di più si discute dell’avidità dei sacerdoti: della buona pratica cattolica fa parte anche questo, il sospetto, la critica, il pettegolezzo. Contro il potere, di cui il prete è il simbolo primo e più alla mano.
L’avidità avrebbe creato una sorta di faida tra la chiesa e i comitati dei festeggiamenti: chi dà i soldi per la festa non li dà alla Madonna, cioè al “prete”, e viceversa. Prova ne sia, si concludeva questa estate nelle piazze con aria definitiva, che le Madonne trattenute in chiesa si fanno sempre adornare da biglietti da cento e più euro, da appendere su appositi nastri con apposite spille, nonché di ex voto in qualche modo preziosi.
L’uso però si può dire non meridionale né calabrese. Carmine Abate, lo scrittore, ha una Schmukmadonna a Colonia. Proprio al centro della città, nel Duomo. ”Così chiamata per gli ornamenti e i gioielli da cui è abbellita”. Vestita di moiré, “come una montagna innevata”, ma di cui si vede solo la testa, perché alla veste “sono appesi diademi, collanìne di perle, orologi e croci d’oro di tutte le forme, ex voto per le grazie ricevute”. E anche non per ex voto, si può aggiungere per esperienza remota, quando la Schmuckmadonna brillava sontuosa nella città ancora ingrigita dai bombardamenti.
Abate ha anche la processione, sempre in uno dei racconti di “Vivere per addizione”: “un rito pagano, non c’è dubbio”. Di cui ha la nostalgia: “Da giovane, fino agli anni Settanta, mi facevo tutte le processioni”. Il ricordo è di un rito lento, e di una forma di conversazione: “La processione ogni tanto si frantuma, a gruppetti ci si ferma nelle rare lingue d’ombra e si parla fitto fitto nella giuha e zëmëres, la nostra lingua del cuore”, dei calabresi albanesi, gli arbërëshë. Mentre “il programma “civile” prevedeva già “il solito show serale con complessi musicali e ragazze in minigonna” che mimano quello che vedono in tv. Sarà stata le conversazione a disturbare pagana il vescovo Milito.

Il primo teorico dei parchi a Cittanova
Dieci giorni a Cittanova. Tremila ettari dalla Piana fino all’altopiano, di querce sempreverdi, elci, castagni, e opunzie (fichidindia). A perdita d’occhio. Frammisti a innumerevoli specie arboree che l’ispettore forestale della Svizzera Johann Wilhelm Fortunat Coaz cataloga coscienzioso per due pagine. E “i cosiddetti frutti del Sud”, ulivi e agrumi. – anche se, tiene a precisare , “il miglior olio da tavola in Italia si fa a Lucca e nelle colline pisane di Calci e Buti”.
Sulle opunzie si estende molto: a Cittanova ne ha viste di cinque metri di altezza, con circa 110 foglie, e un’apertura irregolare. Con 5-6 e fino a 13 frutti per “foglia”, la pala spinosa. A forma di uovo, lunghi ca 8-10 centimetri. Ma la coltura principale è quella dell’ulivo, con piante che Coaz ha ha misurato fino a 19 metri di altezza. Secondo le ultime statistiche, aggiunge Coaz, la provincia di Reggio Calabria ha 40.321 ettari a uliveto, dove produce 201.655 ettolitri  (quintali?) di olio. L’Italia ha 900.311 ettari a uliveto, e produce 3.385.591 ettolitri (quintali). La Spagna ne produce 1.135.750, la Francia 250.000.
Ein Besuch in Calabria Ulteriore Prima, Provinz Reggio” è una conferenza che Johann Wilhelm Fortunat Coaz, Forstmeister (ispettore forestale) svizzero, diede a Berna nell’ottobre del1876 – poi pubblicata nel 1877, 23 pagine a stampa (si trova in biblioteca a Milano - ma anche online, in tedesco). Calabria ulteriore prima era l‘attuale provincia di Reggio, divisa nei distretti (sottoprefetture) di Reggio, Gerace (Locri) e Palmi. Il titolo di ispettore forestale non è diminutivo: Coaz fu il primo a rivestire l’incarico, e sarà il primo teorico, o uno dei primi, dei parchi nazionali, di interesse collettivo, da proteggere. Era stato in primavera dieci giorni a Cittanova in Calabria, su invito del “duca di Cardinale” – probabilmente Serra di Cardinale, per una consulenza sul miglioramento delle colture, e un possibile utilizzo economico dei suoi sterminati possedimenti montagnosi.
Dell’esito della consulenza non sappiamo, se non indirettamente. Le raccomandazioni di Coaz non ebbero seguito. I pastori distrussero le nuove coltivazioni a mano a mano che il duca le impiantava, volendo conservare il possesso di fatto dei suoi boschi e prati. Né il duca si poté rivalere in giustizia: non trovò nessun giudice per condannare gli imputati. Nella sua conferenza Coaz fa sopratutto un resoconto di viaggio.
Da Reggio, dove è arrivato per nave, a Cittanova, nella carrozza inviata dal duca, Coaz nota, con gli agrumeti, molti granati e molte palme da dattero. Viaggia accompagnato dal professor Kopp, naturalista dell’università di Zurigo. Da Cittanova Coaz e Kopp vengono portati a dorso di mulo fino a un altopiano, probabilmente lo Zomaro. Col solito colore delle doppiette e delle pistole anti briganti (ma in nota l’ispettore avverte: “Il banditismo non si è impiantato nella provincia di Reggio Calabria. Si viaggia in generale sicuri”).
Coaz  fu scalatore, conoscitore delle Alpi, delle quali vantava 21 prime scalate. Fra esse il Bernina, il Kesch, il Lischana. Fu un pioniere dei parchi o riserve naturali – insieme con lo zoologo di Basilea Paul Sarasin. Iniziò come topografo di montagna. Fece carriera nella guerra del Sonderbund, a metà Ottocento, che terminò da segretario del generale Dufour. Dopodiché fu per vent’anni ispettore generale alle foreste dei cantoni di San Gallo e Graubünden. Finendo primo Ispettore confederale, carica che tenne fino al 1914, ai novanta’ani passati. Autore della Dufourcarte, con la quale si creavano gli Ispettorati alle Foreste, alla Caccia e alla Pesca.

leuzzi@antiit.eu

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