Un
miracolo? È un film catastrofista. E va bene, ai ragazzi, se non ai bambini, il
genere piace. Ma anche concettoso: un film infatti di psicologia infantile e pedagogia,
quando di più astruso. Ed è parlato in psicologese, più che rappresentato. I
personaggi si chiamano Gioia, Tristezza, Disgusto, Rabbia, Paura. Tutt’e cinque
occupano la piccola Riley, le cui emozioni si archiviano via via al Quartier
Generale, simboleggiate da pallette del colore dei cinque sentimenti, per
confluire a fine giornata nella memoria a Lungo Termine. Con le emozioni
confluiscono successivamente al pannello di controllo anche le idee, in forma
di lampadine.
Poi
c’è il passaggio dalla prima alla seconda infanzia, contigua alla pubertà. Di
ricordi felici la prima, di un presente difficile la seconda, tra solitudine,
estraneità, abbandoni. Che un trasloco simboleggia, dall’agreste Minnesota a
una San Francisco grigia e vuota. Senza più l’amato hockey su ghiaccio, in un
classe estranea, tra genitori distratti.
Un
Treno dei Pensieri opprimerà Riley, passando per il pericoloso Pensiero
Astratto, per Immagilandia, per Cineproduzione Sogni, e per il Subconscio.
Finché Disgusto, Paura e Rabbia non spingono Riley a fuggire di casa, per
tornare in Minnesota e ai Ricordi Base. Gioia e una rigenerata Tristezza
interverranno… C’è l’happy end, ma a volerlo seguire è un film da togliere il
respiro.
I
bambini accorrono a miriadi, ma non per il pop corn? O è una bufala o è una
svolta. Una rivoluzione - il linguaggio è enigmatico per un adulto che abbia
fatto qualche studio.
Un
film scorretto anche. Preceduto, come usava un tempo, da un documentario,
“Lava”, che è una difesa maschilista: un vecchio terremoto è sopraffatto da una
più fresca terremotessa - con la quale poi si concilierà fiducioso, ma chissà.
La classe della solitudine di Riley a San Francisco ha maestra e compagni neri e
gialli. Nessuna fatica di vivere nel duro Minnesota, topi, solitudine e
silenzio dominano San Francesco, la città dei fiori multigender e multietnica.
Saranno i bambini di oggi “rivoltati”, come dice il titolo - come diceva l’umorismo napoletano di un tempo,
del cavallo che partiva con le redini tirate, e viceversa: “Il cavallo è
vecchio, l’abbiamo rivoltato”?
È anche
un film d’autore: il regista Pete Docter, lo specialista della Disney-Pixar, sei
volte nomination agli Oscar, una
volta premiato, nel 2010 con “Up”, è anche autore del soggetto, della
sceneggiatura e dei dialoghi.
Pete
Docter, Inside Out
Nessun commento:
Posta un commento