Le
sorelle Brontë avevano un fratello. Dopo Charlotte, Emily e Anne, veniva lui,
Patrick Branwell. Era il minore e lo è rimasto, dimenticato. Benché fosse
studioso di storia, esperto di latino e greco, pittore suggestivo, musicista
raffinato, e un po’ disperato, drammaturgo già a tredici anni. Disperato realmente,
non seppe tenersi un lavoro, non ebbe amici o quasi, e viveva al pub. Nel
famoso ritratto delle tre sorelle nel 1834, che è opera sua, si cancellò una
notte in un ascesso di furia – è l’ombra al centro, trasformata in colonna. Lo
rianima Silvio Raffo, rianimatore di tanta poesia angloamericana femminile,
facendo uno strappo alla specializzazione, con i testi originali e una
presentazione simpatetica.
Il
fratello fu geniale già da subito. Compilatore con Charlotte del “leggendario ciclo di “Angria”, come già dei
“Young Men”, una serie di giochi di ruolo, molto inventivi nella ripetitività –
quelli di “Angria” attorno a Napoleone e al duca d Wellington. Dagli undici anni,
gennaio 1829, alimentò un proprio “sito”, un periodico come usava, che
intitolerà “Branwell’s Blackwood’s
Magazine”, una satura di poesie, drammi, critica, storie, dialoghi.
Il “Blackwood Magazine” era la pubblicazione di Edimburgo nella quale aveva
seguito appassionato le sue prime letture seriali, le “Noctes Ambrosianae”, una
serie di avventure di vari autori ambientate nella taverna di un Ambrogio – il
periodico rifiuterà costantemente i suoi testi. Scrisse a De Quincey, che lo
invitò. Scrisse a Coleridge, che gli suggerì di esercitarsi su Orazio
(ottimamente tradotto, assicura Raffo) e poi voleva complimentarsi ma non lo
fece – la lettera è rimasta incompiuta. E presto si spense, a 31 anni, sfinito
dall’alcol e dall’isolamento – nelle famiglie che lo presero a precettore
s’innamorava impropriamente, della figlia, della moglie, etc. Lo ricorderà solo
una biografia di Daphne du Maurier.
Ossian
alla potenza
Queste “Poesie” sono un cimitero: “Spossata
giace la disperazione”. Un’epifania della morte: “A un tratto vidi la mia nuova
vita:\ niente di ciò che amavo mi restava-\ in solitaria libertà infinita\
quieto vagavo a guardia delle tombe”. Al meglio è “L’inno del dubbioso”: “La
vita è un sonno breve,\ i suoi eventi un sogno tormentato,\ la morte un
risveglio improvviso\ a luce d’alba lieve”. Un rifacimento di Ossian, alla
potenza. Con qualche ragione.
Branwell fu soprattutto il fratello di Emily, che morirà
tre mesi dopo di lui - ma tutti poi morirono presto: Anne sette mesi dopo
Patrick, Charlotte sette anni dopo, la sola che visse quasi quarant’anni invece
che trenta. Ora si ricorda per la vita, anche in queste “Poesie”. Dai toni sempre
cupi: desolazione, notte, silenzio, dolore, morte sono le parole ricorrenti,
più volte in memoria delle sorelle Marie ed Elizabeth, morte di undici e di
nove anni, quando Branwell ne aveva 5-6. Un dolore esistenzial. “Un altro
baudelairiano «angelo caduto»”, lo dice Raffo, ma allora vero. Che Emily ha “trasumanato”
in Heathcliff di “Cime tempestose”.
Era
una famiglia speciale. Sir Patrick Brunty, il padre, si cambiò il nome in
Bronte in onore dell’ammiraglio Nelson duca di Bronte, aggiungendo la dieresi
per inglesizzarlo. Charlotte, Emily e Anne pubblicarono i loro rinomati romanzi
con pseudonimi maschili, Currer Bell, rispettivamente, Ellis Bell e Acton Bell.
I quattro fantasiosi fratelli erano stati accuditi, nota Raffo, da una tata
irlandese, Tabyta Ackroyd, fantasiosa di racconti immaginari.
Patrick
Branwell Brontë, Poesie, La Vita
Felice, pp. 94 € 9
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