Abbronzatura
–
Un tempo segno di povertà e fatica, di sterratori in montagna, braccianti in
campagna, mariani in navigazione, cavatori, scaricatori, è ora segno di buona
salute e migliore reddito. Niente si lascia al povero.
Alpinismo
–
L’hanno inventato gli inglesi, che non hanno montagne. È il challenge, la sfida.
Antisemitismo
–
Resta terreno insidioso, anche per le derive sull’odio-di-sé ebraico. E si
desensibilizza volendosi estendere. Si veda quello di Heidegger, per esempio,
filosofo aperto e compassionevole: fu antisemita, anche radicale, e mai chiese
scusa, ma farne un antisemita è devitalizzare l’antisemitismo e non la sua
filosofia – era nella vita un “piccolo uomo”, nazionalista, adultero,
campagnolo. La querelle a ridosso del
confuso antisemitismo di Heidegger riapre non inutilmente gli spazi interpretativi.
Ma allora a scapito di qualche certezza.
L’odio-di-sé ebraico torna, non
voluto, categoria di Theodor Lessing che l’ebraismo non digerisce, col libro di
Roberto Curci, “Via San Nicolò 30. Traditori e traditi nella Trieste nazista”. O
più, forse, con la vistosa presentazione che Paolo Mieli ne ha fatto sul
“Corriere della sera” il 15 settembre. Il libro è su un ebreo triestino che si
specializzò nelle denunce a pagamento degli ebrei alla Gestapo tra il 1943 e i
1945, Carlo Grini. Nella presentazione di Mieli prende molto spazio Umberto Saba. Che non c’entra nulla col
denunciatore. Saba viene sotto accusa, da parte di Giorgio Voghera e ora di Curci, perché non
voleva essere etichettato ebreo.
Una “tempesta sul niente”, del
genere sollevato negli stessi giorni dal “New Yorker” a opera di Adam Gopnik,
“Why we keep studying the Holocasust”, perché continuiamo a occuparci dell’Olocausto:
“Questo rifare senza fine la storia delo sterminio degli ebri d’Euopa non cid à
l’apparenza di serietà morale, mentre ci immunizza agli imperativi di una serietà
morale attuale? Il rispetto è l’opposto della compassione, che si indirizza
meglio verso quelli che ne hanno bisogno ora che verso quelli a cui fu negata
allora”.
Europa
- È
sotto assedio, si dice, ma di più si è autoassediata, per riserve e fisime
interne che proietta sul piano continentale. Cinque punti di crisi elenca
George Soros, sulla “New York Review of Books”: quattro interne, l’euro, la
Grecia, gli immigrati e il referendum
britannico, e uno esterno, “l’aggressione della Russia contro l’Ucraina”. In
realtà ne ha di più: la secessione catalana, la secessione scozzese, la riduzione
dei valloni a minoranza in Belgio, le risorgenti liti balcaniche, C’è
soprattutto un governo comune incapacitato, dalla questioni di egemonia,
tedesca o nordica che si voglia. Non c’è stato e non c’è in Germania e in Europa
contro i bastonatori degli immigrati un decimo, nemmeno un centesimo, delle
esecrazioni che si esercitarono contro l’Italia nel 2011 sui presunti squilibri
di bilancio.
Quella odierna, “nordica”,
riecheggia un imperativo nazista, “Aufnorden”, nordicizzare. Per primi i
tedeschi. Sotto forma di legislazione, e anche di somatizzazione.
Geografia
–
Si è voluto – si è tentato di – cancellarla per una pedagogia molto semplice: gli
Stati Uniti, paese continentale, non vi hanno interesse, e dunque nemmeno noi,
che invece viviamo nella diversità. Ma,
cancellata dalle scuole - come peraltro la storia – dai ministri Berlinguer e
De Mauro, gli unni della pedagogia, è la materia che più riscuote attenzione:
il Nord, il Sud, i vicini, i lontani, il dove di ogni evento, i caratteri,
geologici e antropici.
Guerra
santa
– Nasce con le crociate, in risposta alla jihad.
È una guerra di riconquista e, con tutti gli eccessi, una guerra giusta –
uno dei rari casi. Fu anche di volontari ed élites,
una sorta di guerra ragionata, e non di massa, come la jihad.
La guerra santa è anche l’inizio
dell’antisemitismo sterminatore e di massa. Con l’estensione dell’epiteto di
“infedele” agli ebrei, in un clima da armata Brancaleone. Nella prima Crociata,
1996, chiamata da Pietro e Gualtiero Sansavoir, molti capi si distinguono per dare
la caccia agli infedeli a casa propria, i capipopolo tedeschi Emich di Leiningen,
Gottschalk e Volkmar. Volkmar dalla Renania marcia verso Est attraverso la
Sassonia, la Boemia e al Slovacchia, qui scatenandosi contro gli ebrei di Praga
e Nitra. Lo fronteggerà il re ungherese Colomanno, che ne avrà ragione dopo
gravi perdite, di Volkmar come di Gottschalk. Quest’ultimo è sceso lungo il
Reno e il Neckar, facendo strage di ebrei. Una sfida, in territorio germanico,
all’imperatore Enrico IV, che gli ebrei proteggeva. Parte da Spira sul Reno Emich
di Leiningen attaccando gli ebrei. Il vescovo Giovanni di Spira li difende, le
perdite saranno limitate a una dozzina. Ma Emich punta su Worms, la città dove
Enrico IV ha stabilito pochi ani prima, nel 1090, le guarentigie agli ebrei.
Qui fa una carneficina, malgrado l’intervento del vescovo. Lo steso a Magonza,
dove il vescovo inutilmente ha fatto chiudere le porte della città. A Colonia
brucia la sinagoga. I pogrom si estendono scendendo verso l’Ungheria. Finché le
orde di Emich non incontrato il re Colomanno e si disperdono..
Hitler - È finito pazzo mentre è stato
il dittatore più, e più a lungo, amato del Novecento. Anche nella sconfitta:
tutti hanno memorie di tedeschi che si aggiravano tral e rovine nei primi mesi
del 1945 ma con la fiducia intatta in Hitler, e nella vittoria. E anche dopo,
seppure sotto traccia. Ai tedeschi impose pure la zuppa contadina, l’Eintopf, il piato unico composto di
quello che c’è, nella stagione e nel territorio. A tutti i comuni subito propose una Domenica dell’Eintopf, la
sostituzione del piatto tradizionale di carne con l’Eintopf, e la contribuzione
del risparmio a una cassa mutua per l’inverno, il Winterhilfswerk (WHW). Con adesione generale.
Jonio – Mare di straordinari mobilità,
incessante, nell’antica Grecia, per e da Siracusa, Reggio, Crotone, Taranto: di
filosofi, letterati, medici. In un viavai incessante. Coscì come il Tirreno
meridionale, da e per Elea-Paestum. L’impero romano lo vive come una continuità
territoriale e culturale (politica) di fatto, più e meglio che con le antiche
popolazioni italiche, sempre infide e estranee - i Bruzi, i Lucani, gli Apuani,
i Sanniti (popolazioni, queste ultime, che Roma “riconcentrò”: i Sanniti al
Nord, gli Apuani nel Sannio).
Nomadismo
–
Ha sempre abito a stabilizzarsi, prima e dopo Attila e Gengis Khan. È invalso
consideralo “poeticamente”, alla Chatwin, e come amano i tutori dei rom, sedentari, volontari con stipendio.
Nonché per il romanticismo del “viaggio” che l’industria del turismo ha
generalizzato. Anche per il residuo del “non lavorare” sessantottesco, sempre
qui e là insorgente. Ma è un mondo che si rifiuta. Per operare in ambiente
ostile, le tundre e i deserti, di sopravvivenza, o senza possibilità di
accumulo, se non – con difficoltà – stagionale, soggetto alla natura poco
prevedibile, senza praticamente difesa, alla ricerca costante di un futuro o
una chance, una fatica quotidiana. Si ama dire ad abbellimento del nomade che canta
e balla, ma non lo fa per disperazione?
Occidente
–
Lo evoca, curiosamente, solo il papa. Non l’ERuropa né gli Stati Unti. Il papa
lo evoca, in genere, per rimproverarlo, di sfruttamento, egoismo, intolleranza,
etc.. Come sinonimo della cristianità? Ma anche l’Occidente cristiano, dopo
quello antisovietico, è in contrazione, rapida.
Ancora qualche tappa , già in via
di scorrimento, e si può immaginare il papa che rimprovera l’Occidente dal di
fuori, non più dal di dentro: come mondo agnostico, senza religione –
irreligioso anche.
astolfo@antiit.eu
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