Marx - Ha ragione
dopo che, col marx-leninismo, ha avuto torto. Che il capitale sia monopolista e
non egualizzatore è sotto gli occhi di tutti. Tanto più in questi anni di
crisi, e di nessun rimedio anticrisi. Il Financial Stability Forum di Mario Draghi
, che doveva riformare i mercati finanziari contro le rapine costanti e
dilaganti, ha assolto la sua funzione impedendo qualsiasi riforma. Il capitale
ha vinto contro il marx-leninismo perché produce più merci, e garantiva la
libertà d’opinione, seppure a nessun effetto, ma per il resto zero. Zero cioè
quando si parla di diritti materiali, al reddito, al consumo, al lavoro, alla
stessa funzione politica.
La classe che Marx ha ipostatizzato
era anche un relitto. Un lascito del primo Ottocento inglese, della società prima
della regina Vittoria e della confermazione imperiale. Dei romanzi di Jane
Austen. Degli anni 1820-1830, prima e durante la Grande Depressione: tutti i
rapporti di disponevano in termini di censo e nobiltà, incluso con i creativi,
grandi professionisti, letterati, artisti.
Ben tre libri si annunciano di
Joseph Stiglitz sull’ineguaglianza crescente, una raccolta di articoli, e due proposte
politiche. L’ineguaglianza si aggrava in molte maniere, spiega il Nobel per l’Economia
2001, ma è un fatto e non una ideologia. Con molte componenti rilevabili statisticamente: “la forbice di reddito e ricchezza agli estremi, lo
svuotamento della classe media, l’ampliamento dell’area della povertà in
basso”.
Stiglitz fa l’esempio degli Usa
negli ultimi trent’anni – per metà governati da presidenti democratici, va
aggiunto (di Clinton lo stesso Stiglitz fu consigliere). All’1 per cento dei più
ricchi va ora il 20 per cento del reddito,
il doppio che trent’anni fa. Con una crescita molto più che doppia per i
ricchissimi, per lo 0,1 per cento. Mentre i salari e i redditi familiari medi
nello stesso periodo hanno ristagnato. E per alcune classi demografiche, le
ultime, si sono ridotti – Stiglitz fa il caso in particolare di chi ha solo la
scuola primaria.
Le cifre di Stiglitz non sono
contestate: l’avvio della campagna presidenziale 2016 ha visto l’ineguaglianza
agitata anche dai candidati repubblicani – il primo discorso di Jeb Bush ha
stigmatizzato il fatto che “solo una piccola porzione della popolazione cavalca
la crescita dell’economia”.
Più rigida è la piramide della
diseguaglianza (della distribuzione del reddito) in Cina, paese formalmente
comunista, cioè marxista.-leninista.
Maurizio Scarpari, “Ritorno a Confucio: La Cina oggi fra tradizione e
mercato”, la dice “la seconda potenza mondiale per il pil e la prima per il pil
a parità di potere d’acquisto, ma solo ottantacinquesima per il pil pro
capite”. Con “il maggior numero di
superricchi dopo gli Stati uniti”.
1943
–
È l’anno in cui l’Italia decide le sorti della guerra, che però si indaga poco,
e di malavoglia. Lo sbarco alleato in Sicilia, senza difese. Il rovesciamento
di Mussolini il 25 luglio, che spiazza la Germania e apre un altro fronte. E
l’armistizio, negoziato in perfetta segretezza. Tutto si annega nella “fuga del
Re”, mentre fu una successione di eventi e di decisioni politiche,
argomentate cioè e decise, che caratterizzeranno la Repubblica più che non la
Resistenza. La quale fu capace militarmente, ma debole politicamente, divisa,
incerta.
Mitteleuropa
– Sempre
vagheggiata, seppure da qualche tempo a intermittenza, dai germanisti, fu il
disegno centrale della diplomazia tedesca dall’unità al 1918: riunire Germania
e Austria in una sola potenza economica, e infeudarsi le comunità tedescofone,
con gli Stati di appartenenza, dal Baltico al Mar Nero. Un disegno imperiale,
che nella germanistica si legge invece come il “buon vecchio impero” di Francesco
Giuseppe, plurilinguistico e bene amministrato, e perfino liberale.
Occidente
– Gandhi
nel 1909, in Sudafrica, lo negava ma lo universalizzava, in quanto modernizzazione
o civiltà. Caratterizzata da un materialismo esasperato, ma attiva. Ma, se così
è, oggi tutto è Occidente: l’Occidente, come schieramento o “patria”, si è sciolto
nella globalizzazione, ma la globalizzazione è occidentale.
Questa era la conclusione, allora ipotetica, di
Gandhi: se al regime britannico si fosse sostituito in India un regime indiano
fondato sulle stesse basi, il governo sarebbe stato più o meno uguale. Gandhi
non trovava barriere insormontabili tra Occidente e Oriente. Ma in quella
ipotesi, di un Oriente occidentalizzato, l’incontro sarebbe stato apparente – Gandhi
lo diceva una tregua armata, “come quella tra Germania e Inghilterra, due
nazioni che vivono nella galleria della morte per non essere divorate l’una
dall’altra”.
Petrolio
–
Ha armato la jihad e ha punito il
grande importatore Europa – un po’ meno la Cina. Da cinquant’anni è al centro
di un partita planetaria, dapprima drammaticamente, da alcuni decenni sotto
coperta. Malgrado il prezzo sia stato chiamato per anni al livello estremamente
abnorme di 100 dollari a barile, invece degli 8-10 dollari dei costi di produzione più
margini. Su questa cresta si sono finanziati i boom stratosferici dei potentati
della penisola arabica, Dubai, Qatar, Bahrein, Abu Dhabi, Kuwait, Arabia
Saudita, Oman. Le varie jihad, di Al
Qaeda e dell’Is. E i produttori americani di petrolio da scisti bituminosi, che
anche loro ci hanno fatto una cresta di almeno 50 dollari a barile e anche 80.
Un caso di normale speculazione,
poiché nessuno la contesta. Ma anche si può dire del petrolio che è la carne e
il sangue dell’islamismo radicale, per avere cancellato abbondantemente in venti-trent’anni
una povertà secolare, innestando nel nazionalismo l’intrattabilità, l’apoliticità.
Sopravvissuti
–Nessuno
ne fa la storia, dei sopravvissuti all’Olocausto, che invece sarebbe
interessante. Anche cruciale, per la storia di Hitler e il Terzo Reich – della
“banalità” (burocraticismo) del male. Degli ebrei tedeschi sopravvissuti alla
persecuzione. Come erano organizzati, perseguitati e anche, al modo nazista,
preservati. Degli ebrei sposati a “ariani”. Degli ebrei professionali, medici,
ingegneri, avvocati, che il nazismo preservava. Anche la carcerazione nei
lager, nel 1942 e ancora nel 1943, si faceva in Germania singolarmente, a
chiamata. E dei morti Klemperer, “LTI”, per esempio, ricorda che ritornavano da
Auschwitz le ceneri in un’urna, per una
cerimonia religiosa – fino alla “ultima fase della guerra, quando i gasaggi si
intensificarono”.
Tedesco
–
Quello nordico e puro si voleva agreste, ma più contadino che montanaro. Tale
lo tratteggia Walther, o Walter, Darré, teorico del mito ruralista e razzista
della “Blubodoktrin”, la dottrina del sangue e suolo, che fu anche ministro
dell’Agricoltura di Hitler: soldato, conquistatore e difensore di nuove terre, difensore della
razza nordica, di cui impersonava tutte le qualità, tenacia, coraggio,
combattività. Darré, autore della “Nuova nobiltà del sangue e del suolo”, fu anche
un acceso antisemita, autore di “Il Porco, come criterio dei popoli nrodici”,
1933, e “Il massacro dei porci”, 1938.
Totalitarismo – Si suole attribuirne
il conio a Mussolini. Forse come fatto, come lessico invece non risulta. Simona
Forti, “Il totalitarismo”, ne fa risalire l’origine a un articolo di Giovanni
Amendola sul “Mondo”, il 12 maggio 1923. Il Battaglia non lo registra. Altre
ricerche ne davano la primazia a “La rivoluzione liberale”, la rivista di Piero
Gobetti, dove Sturzo e Lelio Basso (“Prometeo Filodemo”) lo avrebbero usato. Ma
rispettivamente il 22 gennaio 1924 e un anno dopo, quindi dopo Amendola.
astolfo@antiit.eu
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