mercoledì 30 settembre 2015

Il mondo com'è (232)

astolfo

Marx - Ha ragione dopo che, col marx-leninismo, ha avuto torto. Che il capitale sia monopolista e non egualizzatore è sotto gli occhi di tutti. Tanto più in questi anni di crisi, e di nessun rimedio anticrisi. Il Financial Stability Forum di Mario Draghi , che doveva riformare i mercati finanziari contro le rapine costanti e dilaganti, ha assolto la sua funzione impedendo qualsiasi riforma. Il capitale ha vinto contro il marx-leninismo perché produce più merci, e garantiva la libertà d’opinione, seppure a nessun effetto, ma per il resto zero. Zero cioè quando si parla di diritti materiali, al reddito, al consumo, al lavoro, alla stessa funzione politica.
La classe che Marx ha ipostatizzato era anche un relitto. Un lascito del primo Ottocento inglese, della società prima della regina Vittoria e della confermazione imperiale. Dei romanzi di Jane Austen. Degli anni 1820-1830, prima e durante la Grande Depressione: tutti i rapporti di disponevano in termini di censo e nobiltà, incluso con i creativi, grandi professionisti, letterati, artisti.

Ben tre libri si annunciano di Joseph Stiglitz sull’ineguaglianza crescente, una raccolta di articoli, e due proposte politiche. L’ineguaglianza si aggrava in molte maniere, spiega il Nobel per l’Economia 2001, ma è un fatto e non una ideologia. Con molte componenti rilevabili statisticamente: “la forbice di reddito e ricchezza agli estremi, lo svuotamento della classe media, l’ampliamento dell’area della povertà in basso”.
Stiglitz fa l’esempio degli Usa negli ultimi trent’anni – per metà governati da presidenti democratici, va aggiunto (di Clinton lo stesso Stiglitz fu consigliere). All’1 per cento dei più  ricchi va ora il 20 per cento del reddito, il doppio che trent’anni fa. Con una crescita molto più che doppia per i ricchissimi, per lo 0,1 per cento. Mentre i salari e i redditi familiari medi nello stesso periodo hanno ristagnato. E per alcune classi demografiche, le ultime, si sono ridotti – Stiglitz fa il caso in particolare di chi ha solo la scuola primaria.
Le cifre di Stiglitz non sono contestate: l’avvio della campagna presidenziale 2016 ha visto l’ineguaglianza agitata anche dai candidati repubblicani – il primo discorso di Jeb Bush ha stigmatizzato il fatto che “solo una piccola porzione della popolazione cavalca la crescita dell’economia”.
Più rigida è la piramide della diseguaglianza (della distribuzione del reddito) in Cina, paese formalmente comunista, cioè marxista.-leninista.  Maurizio Scarpari, “Ritorno a Confucio: La Cina oggi fra tradizione e mercato”, la dice “la seconda potenza mondiale per il pil e la prima per il pil a parità di potere d’acquisto, ma solo ottantacinquesima per il pil pro capite”.  Con “il maggior numero di superricchi dopo gli Stati uniti”.

1943 – È l’anno in cui l’Italia decide le sorti della guerra, che però si indaga poco, e di malavoglia. Lo sbarco alleato in Sicilia, senza difese. Il rovesciamento di Mussolini il 25 luglio, che spiazza la Germania e apre un altro fronte. E l’armistizio, negoziato in perfetta segretezza. Tutto si annega nella “fuga del Re”, mentre fu una successione di eventi e di decisioni  politiche, argomentate cioè e decise, che caratterizzeranno la Repubblica più che non la Resistenza. La quale fu capace militarmente, ma debole politicamente, divisa, incerta.

Mitteleuropa – Sempre vagheggiata, seppure da qualche tempo a intermittenza, dai germanisti, fu il disegno centrale della diplomazia tedesca dall’unità al 1918: riunire Germania e Austria in una sola potenza economica, e infeudarsi le comunità tedescofone, con gli Stati di appartenenza, dal Baltico al Mar Nero. Un disegno imperiale, che nella germanistica si legge invece come il “buon vecchio impero” di Francesco Giuseppe, plurilinguistico e bene amministrato, e perfino liberale.

Occidente – Gandhi nel 1909, in Sudafrica, lo negava ma lo universalizzava, in quanto modernizzazione o civiltà. Caratterizzata da un materialismo esasperato, ma attiva. Ma, se così è, oggi tutto è Occidente: l’Occidente, come schieramento o “patria”, si è sciolto nella globalizzazione, ma la globalizzazione è occidentale.
Questa era la conclusione, allora ipotetica, di Gandhi: se al regime britannico si fosse sostituito in India un regime indiano fondato sulle stesse basi, il governo sarebbe stato più o meno uguale. Gandhi non trovava barriere insormontabili tra Occidente e Oriente. Ma in quella ipotesi, di un Oriente occidentalizzato, l’incontro sarebbe stato apparente – Gandhi lo diceva una tregua armata, “come quella tra Germania e Inghilterra, due nazioni che vivono nella galleria della morte per non essere divorate l’una dall’altra”.

Petrolio – Ha armato la jihad e ha punito il grande importatore Europa – un po’ meno la Cina. Da cinquant’anni è al centro di un partita planetaria, dapprima drammaticamente, da alcuni decenni sotto coperta. Malgrado il prezzo sia stato chiamato per anni al livello estremamente abnorme di 100 dollari a barile, invece degli 8-10 dollari dei costi di produzione più margini. Su questa cresta si sono finanziati i boom stratosferici dei potentati della penisola arabica, Dubai, Qatar, Bahrein, Abu Dhabi, Kuwait, Arabia Saudita, Oman. Le varie jihad, di Al Qaeda e dell’Is. E i produttori americani di petrolio da scisti bituminosi, che anche loro ci hanno fatto una cresta di almeno 50 dollari a barile e anche 80.
Un caso di normale speculazione, poiché nessuno la contesta. Ma anche si può dire del petrolio che è la carne e il sangue dell’islamismo radicale, per avere cancellato abbondantemente in venti-trent’anni una povertà secolare, innestando nel nazionalismo l’intrattabilità, l’apoliticità.

Sopravvissuti –Nessuno ne fa la storia, dei sopravvissuti all’Olocausto, che invece sarebbe interessante. Anche cruciale, per la storia di Hitler e il Terzo Reich – della “banalità” (burocraticismo) del male. Degli ebrei tedeschi sopravvissuti alla persecuzione. Come erano organizzati, perseguitati e anche, al modo nazista, preservati. Degli ebrei sposati a “ariani”. Degli ebrei professionali, medici, ingegneri, avvocati, che il nazismo preservava. Anche la carcerazione nei lager, nel 1942 e ancora nel 1943, si faceva in Germania singolarmente, a chiamata. E dei morti Klemperer, “LTI”, per esempio, ricorda che ritornavano da Auschwitz  le ceneri in un’urna, per una cerimonia religiosa – fino alla “ultima fase della guerra, quando i gasaggi si intensificarono”.

Tedesco – Quello nordico e puro si voleva agreste, ma più contadino che montanaro. Tale lo tratteggia Walther, o Walter, Darré, teorico del mito ruralista e razzista della “Blubodoktrin”, la dottrina del sangue e suolo, che fu anche ministro dell’Agricoltura di Hitler: soldato, conquistatore  e difensore di nuove terre, difensore della razza nordica, di cui impersonava tutte le qualità, tenacia, coraggio, combattività. Darré, autore della “Nuova nobiltà del sangue e del suolo”, fu anche un acceso antisemita, autore di “Il Porco, come criterio dei popoli nrodici”, 1933, e “Il massacro dei porci”, 1938.

Totalitarismo – Si suole attribuirne il conio a Mussolini. Forse come fatto, come lessico invece non risulta. Simona Forti, “Il totalitarismo”, ne fa risalire l’origine a un articolo di Giovanni Amendola sul “Mondo”, il 12 maggio 1923. Il Battaglia non lo registra. Altre ricerche ne davano la primazia a “La rivoluzione liberale”, la rivista di Piero Gobetti, dove Sturzo e Lelio Basso (“Prometeo Filodemo”) lo avrebbero usato. Ma rispettivamente il 22 gennaio 1924 e un anno dopo, quindi dopo Amendola.

astolfo@antiit.eu

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