giovedì 24 settembre 2015

Il romanzo dell’antiromanzo, due secoli fa

Lieve e implacabile, la giovane Austen (il romanzo, pubblicato nel 1818, un anno dopo la morte, era stato scritto vent’anni prima) traccia l’anti-romanzo. Peggio, meglio: fa romanzo con l’antiromanzo. Mentre difende il romanzo, come scrittura e come lettura – chi non li legge, bisogna pensarne male. Ma non così complicata come la stiamo facendo, la narratrice non superimpone nessuna teoria, le basta l’ironia, postata (lieve), quasi scontata, con cui accompagna la sua storia. Dove una giovane diciassettenne sì innamora, e ci ricama sopra il romanzo gotico che sta leggendo – per la storia l’“Udolpho” dell’invidiatissima Ann Radcliffe, invidiatissima dalle scrittrici dell’epoca, e anche dagli scrittori. Divertente nei diversi livelli di lettura, e il persistente bonario slittamento – il successivo sbugiarda il precedente.
Scontata invece oggi la novità, probabilmente, dell’epoca: la critica alla borghesia. Che la ventenne scrittrice fissa a Bath, la stazione termale, tra le due o tre sale di riunione, e le due passeggiate d’obbligo, per pungerla meglio. Ma si rilegge, la critica sottile della borghesia compresa, con invidia: che due secoli fa si potesse fare il romanzo-satira e la satira del romanzo, c’erano lettori per questo – l’ottima nota editoriale all’edizioncina dei classici Colins attesta che si pubblicò in quattr volumi, congiuntamente a “Persuasione”, con una tiratura iniziale di 2.500 copie. 
Tradotto anche come “Catherine” e “Katherine Morland”, necessiterebbe di una traduzione aggiornata.
Jane Austen, L’Abbazia di Northanger, Newton compton, pp. 192, ril., € 4,90

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