Che
Bruxelles sapesse da due anni, questo lo sapeva anche Volkswagen. Che però non ha
rimediato, nemmeno progettato o promesso di rimediare. La casa tedesca era
sicura dell’impunità, fino al silenzio.Tanto
più se il congegno antiemissione si poteva modificare in breve tempo a costo
infimo, poiché sarà pronto per il 7 ottobre, per milioni di veicoli..
“Il
Sole 24 Ore” oggi apre drammatico: “Volkswagen, bufera su Bruxelles”. Ma il
contrario è vero: non c’è bufera a Bruxelles, e non ce n’è su Bruxelles.
La
Commissione di Bruxelles sapeva da due anni che Volkswagen barava nell’omologazione
delle emissioni diesel, e non ha fatto nulla. Nemmeno un richiamo. Ma nessuno,
né della passata né della presente Commissione, si giustifica. La Volkswagen
stessa afferma di avere truccato i test, e la Commissione non reagisce: non apre
un procedimento, non lo annuncia neanche. C’è da decidere che cosa fare sulle
macchine circolanti, ma la Ue non parla. Mai Bruxelles è stata così silenziosa
come in questi giorni: nessuno dei tantissimi portavoce che si producono di solito
lietamente su tutto, per esempio sull’Italia, ci ha messo becco. Né altri in Europa:
nessun governo, nessun commissario nazionale, ha osato criticare i silenzi
passati e presenti, tutti in riga.
Bruxelles
e i governi chiacchierini aspettano gli ordini di Berlino? Purtroppo è così: quando c’è di mezzo la
Germania, Bruxelles si mette da parte. Questo è un fatto e non un’opinione. Non
c’è solo la protezione ambientale: la Germania ha ritardato di diciotto mesi in
diciotto mesi per quasi una decade i nuovi vincoli alle emissioni delle auto del
segmento medio-alto, e Bruxelles non ha mai obiettato. Ma questo è solo un caso
tra i tanti. L’antitrust europeo non ha mai potuto nulla in Germania – ci ha
tentato anche poco. Gli aiuti di Stato si fanno in Germania liberamente, insindacati
da Bruxelles, alle banche, alle industrie e dove il governo decide. E quando la
Germania vuole sfiorare il fiscal compact,
lo fa.
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