Lo
scandalo Volkswagen più che altro è incredibile: che si investa su un
meccanismo che bara sulle emissioni nocive piuttosto che sulla riduzione delle
emissioni stesse. Che lo si faccia negli Usa, il paese con i controlli ambientali
più stringenti. Che lo si faccia con un trucco nemmeno difficile da scoprire.
È
perché Volkswagen appartiene a una cultura non ambientalista? No, al contrario:
in Germania l’industria ecologica è fortissima. Non c’è acqua, di fiumi, di
laghi, che non sia costantemente ripulita. E l’inquinamento atmosferico, pur
essendo il paese pianeggiante e ricoperto di autostrade, è mediamente inferiore
a quello degli altri paesi europei. Non sarebbe una sorpresa se si scoprisse
che negli undici milioni di vetture VW omologate artatamente per quanto
riguarda gli scarichi non ci sono quelle destinate al mercato tedesco..
No,
è che in Germania l’industria è legge. E più grande è più legge è. Anche quella
chimica, delle produzioni dannose: additivi, conservanti, coloranti, diserbanti.
Anche coi sindacati. Con i socialisti. Con i Verdi.
Parafrasando un detto famoso, coniato negli Usa per la General Motors (ma lì in disuso da almeno mezzo secolo), tutto ciò che è buono per VW è buono per la Germania: una sorta di cartello, nemmeno surrettizio, regge il rapporto tra industria e Stato, in tutte le sue forme. Peter Hartz, che nel 2005 scrisse le leggi, e promosse gli accrodi coni sindacati, per ridurre le retribuzioni e liberalizzare il lavoro, era uno dei direttori Volkswagen.
È
così che il governo di Berlino, col socialista Schröder prima, poi con Angela
Merkel, si è sempre opposto a Bruxelles ai nuovi vincoli alle emissioni nocive
dei segmenti auto medio-alti. Non si è propriamente opposto, la Germania non ne
ha bisogno, ma ha sempre posposto il tutto, di rinvio in rinvio, dal 2015 da
ultimo al 2017.
Parafrasando un detto famoso, coniato negli Usa per la General Motors (ma lì in disuso da almeno mezzo secolo), tutto ciò che è buono per VW è buono per la Germania: una sorta di cartello, nemmeno surrettizio, regge il rapporto tra industria e Stato, in tutte le sue forme. Peter Hartz, che nel 2005 scrisse le leggi, e promosse gli accrodi coni sindacati, per ridurre le retribuzioni e liberalizzare il lavoro, era uno dei direttori Volkswagen.
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