La Germania ha sempre
ragione? Da “Gentile Germania” un passo significativo (c’entra anche Volkswagen):
“Il vantaggio comparato non è di percezione immediata, anche se dà
guadagni incommensurabili. Ed è un fatto ostile.
“La
ragione economica è poco assimilata dai media, resta irta e all’apparenza speciosa. Ma è il
motore della politica in tempo di pace. Tanto più quindi in questa Europa della
pace perpetua, che da ormai tre quarti di secolo vive senza guerre, un record
storico mondiale. E può essere, seppure senza sangue, altrettanto distruttiva
di una guerra.
“C’è stata una guerra economica
della Germania all’Europa? È in corso. E non di Angela Merkel, o questo o quel
gruppo, ma della Germania: opinione, parlamento, governo, industrie. L’Europa è
restia a rendersene conto, ma il fatto è indiscusso in Germania, tra i fautori
e i contrari. Perché la Germania è pure questa, l’opposizione esplicita,
nell’opinione se non di fatto. È la specificità della Germania anche in questa
crisi, di sapere che fa il male e di volerlo fare, di farlo con buona
coscienza. La buona coscienza oggi è il fiscal
compact, la vecchia stabilizzazione: l’austerità. L’austerità è come
l’eutanasia, chi può obiettare.
“Il vantaggio comparato necessita
peraltro a suo sostegno di una politica dell’immagine attiva, che la Germania
ha saputo fare - gli interessi tedeschi hanno avuto più mercato in Italia di
quelli italiani, per antiberlusconismo o falso europeismo, lo stesso in altri
paesi. La gentile Merkel, politica di compromesso, incoronando senza resistenze
“padrona” d’Europa. Mentre di fatto la Germania avrebbe potuto essere
considerata il malato d’Europa. Coi suoi 7-8 milioni di posti di lavoro a 450
euro al mese, a carico della spesa pubblica per contributi pensionistici e
sanitari, una politica economica deflazionistica in assenza d’inflazione, una
politica di compressione salariale a beneficio del capitale d’impresa, un
sistema bancario politicizzato. Nel 2007 le banche, piene di spazzatura, furono
salvate dal governo Merkel con 500 miliardi. Venne poi la Grecia, che Berlino
usò come leva per imporre il rigore, e le sue banche semi-fallite poterono
speculare su 535 miliardi di titoli d’Irlanda, Grecia, Spagna, Portogallo e
Italia, liquidandoli a premio grazie ai fondi Ue e alla Bce. Il tutto condito
da sermoni.
“Il predominio tedesco si è in
breve irrobustito ovunque: nel fiscal
compact, nel commercio estero, e soprattutto nelle banche. La Germania ha
potuto ricapitalizzare le Landesbanken, le banche regionali organi del
sottogoverno, con sovvenzioni che la Ue proibisce, senza scandalo del
Commissario alla Concorrenza Almunia. Lo stesso che invece arcigno contesta al
piano di rilancio del Monte dei Paschi il “futuro”, “possibile” ricorso ad
aiuti di Stato. Un assurdo, se non fosse una politica. Da parte di uno noto a
Bruxelles per essere “il tedesco”, benché spagnolo”.
(continua)
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