Autobio - “Ogni
narrazione autobiografica è una finzione”, per i motivi che si sanno: parte sul
sicuro Agnes Heller a Pordenonelegge sabato prossimo, nell’intervento che “Il Sole
24 Ore” anticipa. Ma dice anche di più: “La memoria autobiografica ricorda per
certi versi i sogni”. Come i sogni vengono rielaborati e raccontati, a se
stessi, ai familiari e amici.
Bambini – Sono d’obbligo
per ogni editore, e quindi per (quasi) tutti gli autori, dacché Ammanniti azzeccò
il primo blockbuster, nel 1999 , “Io
non ho paura”, un milione di copie (in Italia). Ma anche prima erano stati
materia, prima del boom. Ivan Karamazov decide di non credere finché ci sarà un
solo bambino sofferente. Lo straniero di Camus non accettava la divinità di Cristo
poiché era nato con la strage egli innocenti. Flannery O’Connor, che ha
studiato la tendenza già cinquant’anni fa (nell’introduzione a “Un ricordo di
Mary Ann”, ora in “Il volto incompiuto”, è cattiva: “In questa pietà popolare
si guadagna in sensibilità e si perde in visione”. Si guadagna a spese della
capacità di raccontare, del “bene”.
Colonna Infame –
Fu
“scoperta” e trascritta da Joseph Addison in uno dei “Remarks on several parts
of Italy”, le sue note di viaggio 1701-1703: “Camminando per le strade di
Milano fui colpito da questa iscrizione, concernente un barbiere che aveva
cospirato con il commissario alla Sanità e con altri per avvelenare i
concittadini. C’è uno spazio vuoto dove c’era la sua casa, e nel mezzo una
colonna, con l’iscrizione “Colonna
Infame”. La storia è raccontata in ottimo latino, che trascrivo”, etc.
Donne – Il grande
romanzo borghese, da madame de Lafayette o prima ancora da Richardson, e da Stendhal
fino a Tolstòj, anche fino a Proust, ha creato figure di donne. Tutte
memorabili, alcune imponenti, madame de Merteuil, Emma Bovary, Anna Karenina, e
tutte irrisolte e irrisolutive. Quasi tutte seduttrici, ma nessuna virago,
nessuna cavaliera senza paura. Non c’è la materfamilias, pure così corrente, da
ultimo centrale nella psicoanalisi, non c’è la donna che ha voluto vivere sola,
l’imprenditrice, la ribelle, la seduttrice magari onesta invece che civetta, e
indipendente, magari solo per eredità. Non c’è, questa diversificazione,
neanche nei romanzi d’autrice: la donna è monotematica, in qualche modo legata
all’amore (sentimento, sesso, abbandono). La trilogia di Larsson, “Millennium”,
un chilo di robaccia, si ricorda per avere creato Lisbeth Salander, una fuori
dai cliché.
Italia – Tutta arte e
natura, e oppressione politica: lo schema fu stabilito presto, nel primo
Settecento, dal primo “viaggiatore” – il primo che ne scrisse: Addison, giornalista,
diplomatico e studioso di politica (il primo che ne scrisse in inglese, dopo il
fortunato racconto di viaggio italo-francese di Montaigne). Addison ha dedicato
all’Italia due testi che non si ristampano: “Letter from Italy to the Right
Hon. Charles Lord Halifax”, e i “Remarks on several parts of Italy”. Tra il 1701 e il 1703. Anni delle sue
missioni diplomatiche nel continente. L’Italia è un paradiso di suoni, templi,
palazzi, giardini e sole: “But what avail
her unehausted Store,\ Her blooming Mountains and her sunny Shores,\ With all
the Gifts that Heav’n and Earth impart,\ The Smiles of Nature, and the Charms
of Art,\ While proud Oppression in her Vallies reigns,\ And Tyranny usurps her
happy Plains?” Attento, dedicato, in versi facili, a rima baciata - questi
versi sono della ”Letter”.
I
“Remarks”, che Samuel Johnson (call) ha liquidato annoiato - “non è una censura
troppo severa dire che in buona parte avrebbero potuto essere scritti a casa” –
sono invece dettagliati. Precisi, e anche vivaci. Addison non ha personaggi,
solo monumenti , richiami classici e itinerari, urbani e extraurbani. Da Genova
a Milano e Venezia, quindi Ferrara, Ravenna, Ancona sulla via per Roma, Roma ,
Napoli, le isole, ancora Roma, i ducati di Toscana – più Ginevra, per via dei
laghi, e la Svizzera. Molto materiale è
annotazione di classici, al punto che Horace Walpole poté liquidare i “Remarks”
dicendo altrettanto perfidamente che Johnson: “Addisomn ha viaggiato attraverso
i poeti e non attraverso l’Italia”.
Il
primo “viaggio” inglese è dunque insoddisfacente. Ma Addison è anche chiaro: lo
schema è sempre quello della “Lettera”, tanta bellezza, tanta ricchezza anche,
e nessuna saggezza. Questa risiede nelle costituzioni inglesi, nell’assetto
liberale del potere, dell’organizzazione politica inglese.
Lady Chatterley – La signorina
Julia di Strindberg è la prima, e la più vera, lady Chatterley: la giovane ricca
borghese che si annoia e la notte di san Giovanni – la notte di mezza estate - seduce
il prestante servitore. D.H.Lawrence sembra averla copiata anche nei dettagli.
Con l’eccezione del marito poco dotato, o portato, che Giulia naturalmente
non ha.
Otello – È certamente
la “tragedia della gelosia” – alla gelosia non c’è risposta: Desdemona, che non ne dà, ne è la vittima
esemplare (cosciente, rassegnata). Ma su un fondo di misgenation e di mésalliance.
Se non di razzismo: della incompatibilità dei due personaggi, delle loro
storie, è anzi prima di tutto la
tragedia, la gelosia è solo la chiave per dipanarla, il terreno di coltura
della differenza. Come storia di gelosia è anzi incongrua, anche se la gelosia
non ha regole.
Otello
sarà pure un valoroso comandante, e uno di cui Venezia non può fare a meno, ma
è illogico e incomprensibile nella gelosia, verso una giovane che ha sfidato la
famiglia, la repubblica, l’onore personale, per sposarselo. La verità, fra
tante incongruenze, è che il sangue non mente . La tragedia è dell’incompatibilità:
due mondi diversi finiscono per cozzare, non possono omologarsi.
Pubblicazione
–
“Col mio nome l’ho mandato a oltre 40 indirizzi e ho sempre ricevuto un
rifiuto. Con uno pseudonimo cinese il componimento è stato accettato al nono
tentativo”. Ed è stato incluso nell’antologia della migliore poesia americana
per l’anno in corso, “The Best American Poetry” 2015. Cinquanta tentativi per
farsi pubblicare una poesia, con la selezione di 50 indirizzi, la redazione di cinquanta
lettere di accompagnamento, la fila ala posta, e l’attesa di altrettanti
rifiuti. L’arte poetica è faticosa, secondo un’allegra ricostruzione del “New
Yorker”.
La poesia rifiutata e poi celebrata s’intitola
“The Bees, the Flowers, Jesus, Ancient Tigers, Poseidon, Adam and Eve”. L’autore
un poeta dell’Indiana, Michaleel Derrick Hudson. Il nome d’arte esotico Yi-Fen
Chou.
Storia
familiare – Usa
il com’eravamo, le storie familiari, che al Sud si concentrano
sull’emigrazione, specie quella transoceanica del secondo Ottocento-primo
Novecento. Sul genere aperto da Gay Talese con “Unto the sons”, un capolavoro:
la saga familiare dei senza storia. Ma Ma, in genere, lunghe la metà: invece
che settecento, trecentocinquanta pagine. E virate al neo realismo: storie non
di scoperta, di entusiasmi, di riuscite, insieme agli errori e ai fallimenti, ma
di sofferenza costante, monocorde e anche monotona, su un fondo di rivalsa
politica. Talese ha lavorato con animo sgombro e con solerzia. Per anni.
Studiando carte, con apposita interprete, intervistando persone, scovando
storie e connessioni. I com’eravamo nostrani sono solo appassionati. Fino alle
lacrime, a volte, ma non appassionanti.
Talese ne ha ricavato storie di vita e
d’avventura, sia pure modeste, di sarti, ciabattini, parenti di ogni genere e
grado. Ricavandone personaggi a loro modo, umile, sempre a tutto tondo,
sorprendenti - specie le donne, belle, brutte, mamme, nonne, zie, cugine. Con
emigrazioni anche fallite, ritorni,
riemigrazioni. I nostri usano invece, non volendo, l’occhio del borghese verso
l’umile – lo scrittore in Italia è un borghese, un professionista, ha riuscito
l’ascesa sociale, e giudica. Con giustizia naturalmente. Singolare è, in queste
storie di lacrime e sangue, la vanificazione delle donne.
Talese operava in crescendo, in aumentando,
nel quadro veritiero di un emigrante comunque superdotato, contro disgrazie e
sfortune: d’impegno e d’ingegno, le donne come gli uomini, contro tutti gli
handicap, la povertà, l’analfabetismo, il mestiere carente. Le nostre invece
appiattiscono. Storie vere contro proclami e rivalse, su cui certo i
progenitori non si attardavano – prendevano, com’è giusto, dovunque c’era da prendere.
L’autore compassato (riuscito, “arrivato”) giudica e proclama più che narrare.
letterautore@antiit.eu
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