Il
titolo è un programma. E poco c’è d’altro. Stajano ha visto male Africo a fine
anni Settanta, quando pubblicò il best-seller per la prima volta, e non si
raccapezza oggi. Allora scambiò un traffichino, don Stilo, un prete
democristiano, per un capo mafia. Per fare un favore ai giovani comunisti del paese,
come candido ricorda oggi – lo ricorda con orgoglio. E se non parla di mafia
non sa parlare d’altro.La
postfazione che aggiorna il suo reportage insiste: fa di tutto mafia, anzi
‘ndrangheta per la precisione. E insiste poco elegante nella sua polemica con
don Stilo, senza mai riconoscere di averlo infangato – Stajano è molto lombardo,
in gara per supponenza con la zia Camilla Cederna. Non si chiede nemmeno come sono finiti i
“comunisti” che lo appoggiarono nel 1979.Per
Africo un calvario senza fine. Cominciò Zanotti Bianco, l’unico onesto forse
dei tanti benevolenti, descrivendo gli africoti spersi per la padania con una
paglia in bocca per lenire la fame. Dalla lettura di Zanotti Bianco è germogliata
questa “Africo” di Stajano. Che il sequel “Anime nere” della Rai ha fatto
evolvere verso le teste mozzate – e più ne minaccia ora con un sequel dallo stesso titolo. Pare che
agli africoti ciò piaccia (film = soldi). Ma quanto odio!
Corrado
Stajano, Africo. Una cronaca italiana di governanti e governati, di mafia,
di potere e di lotta, il Saggiatore, pp. 190 € 20
Nessun commento:
Posta un commento