sabato 5 settembre 2015

L'odio di Africo

Il titolo è un programma. E poco c’è d’altro. Stajano ha visto male Africo a fine anni Settanta, quando pubblicò il best-seller per la prima volta, e non si raccapezza oggi. Allora scambiò un traffichino, don Stilo, un prete democristiano, per un capo mafia. Per fare un favore ai giovani comunisti del paese, come candido ricorda oggi – lo ricorda con orgoglio. E se non parla di mafia non sa parlare d’altro.La postfazione che aggiorna il suo reportage insiste: fa di tutto mafia, anzi ‘ndrangheta per la precisione. E insiste poco elegante nella sua polemica con don Stilo, senza mai riconoscere di averlo infangato – Stajano è molto lombardo, in gara per supponenza con la zia Camilla Cederna.  Non si chiede nemmeno come sono finiti i “comunisti” che lo appoggiarono nel 1979.Per Africo un calvario senza fine. Cominciò Zanotti Bianco, l’unico onesto forse dei tanti benevolenti, descrivendo gli africoti spersi per la padania con una paglia in bocca per lenire la fame. Dalla lettura di Zanotti Bianco è germogliata questa “Africo” di Stajano. Che il sequel “Anime nere” della Rai ha fatto evolvere verso le teste mozzate – e più ne minaccia ora con un sequel dallo stesso titolo. Pare che agli africoti ciò piaccia (film = soldi). Ma quanto odio!  
Corrado Stajano, Africo. Una cronaca italiana di governanti e governati, di mafia, di potere e di lotta, il Saggiatore, pp. 190 € 20

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