Corpo – Resta ignoto
alla filosofia, l’animalità. Dal tempo delle cosmogonie, che la ritualizzano.
L’animalità
resta, più o meno volutamente, pitagorica. Da evitare se non da esecrare.
Foucault vi si è avventurato, ma circuendola nella giungla dei saperi.
Fede – “Un brancolare
nel buio” la scrittrice Flannery O’Connor vuole la fede “veramente cristiana”.
Da intendersi dunque nel senso di una ricerca avventurosa, anche se costante.
Una spinta e non una meta. Dà anche il senso dell’ateismo professo?
Globalizzazione – È della
cultura (linguaggi, comunicazione, tendenze) più che delle armi e del
commercio. Questi, gli interessi economici e difensivi, rimangono per
l’essenziale diversificati:nazionali e concorrenziali. Globali e uniformi
(informi) sono le arti, la scrittura compresa, le ideologie (non le politiche),
le paure.
Irreligione – È in sospetto a
Rousseau, più scopertamente nella “Professione di fede del vicario savoiardo” –
quindi in occasione della ri-conversione al calvinismo, ma sempre professando
la religione naturale: “L’irreligione, e in generale lo spirito ragionatore e
filosofico, attacca alla vita, effemina, avvilisce le anime, concentra tutte le
passioni nella bassezza dell’interesse particolare, nell’abiezione dell’io umano, e scalza insensibilmente i veri fondamenti di ogni società”.
Lingua – “La lingua è
più del sangue”, di Franz Rosenzweig, ribadita da Hannah Arendt nella celebre
perorazione della “lingua madre”, è evidentemente un esito storico, di un pensiero
tedesco che si riteneva immune al nazionalismo – benché lo praticasse in
maniera costitutiva - e ancora di più al razzismo, in teoria sconosciuto alla
filosofia. Ripreso dopo la guerra e lo sterminio – Rosenzweig da Klemperer – è un
legame che va contro ogni storia. Un legame di sangue? No, l’ebreo non è
tedesco, anche l’ebreo tedesco – anche l’anti Gershom Scholem, anche cioè
l’assimilato senza riserve. Per quanto, non si può dire: la razza è volubile –
a lungo i tedeschi si vollero greci. Ma come il legame culturale può essere più
forte del sangue, nella differenza se non nell’esclusione?
Male – Il nodo della
“giustificazione di Dio” - perché il male nel mondo? - si scioglie per il fatto
semplice che il male ne è l’assenza. Anche se, anzi specie se, i suoi
perpetratori si richiamano a Dio. Il
male è l’assenza di Dio. Bene e male non sono l’evocazione del bene e del male,
l’uno angelico l’altro luciferino, ma la sostanza della cosa: il rispetto della
– l’immedesimazione nella – legge, dei
comandamenti, dei fondamenti etici e umani. In quanto evocazione si può anche
avere il bene collerico e cattivo o punitivo,. “luciferino”, e il male
sdolcinato. ,
Natura – “Davanti alla
furia del mare\ tutti i sogni sono inutili”, dice Neruda. Lo stesso Cioran,
quando scoprì le galassie: “Ho saputo stamani che ci sono miliardi di galassie,
ho rinunciato a fare toilette”. C’è una riserva nei suoi confronti anche tra i
letterati, cui pure si deve la sua magnificazione col romanticismo: in genere
non ne sanno nulla, salvo appunto sorprendersene.
“Appartengo
alle foreste e alla solitudine” è il messaggio del tenente Glhan, il
protagonista di Knut Hamsun, “Pan”. Ma la natura, in sé, non sta meglio sola
che con l’amante delle foreste? Che per
il solo fatto di aprirsi un sentiero, costruirsi un riparo, accendere il fuoco,
mangiarne le erbe e gli animali, la viola. E tanto più se tutti gli uomini,
come si vuole auspicare, appartenessero alle foreste.
La
natura vuole temperanza. Il rapporto con la natura – la natura-natura in sé è
intemperante, irrispettosa anche delle stagioni.
Nomadismo – S’accompagna
al canto e al ballo, in tutte le espressioni note - anche in Australia secondo
Chatwin, “Le vie dei canti”. I Casamonica, benché stanziali da tempo, hanno lo
stesso bisogno?
Originario – È concetto spurio
- meno vero – specie nel senso prevalente di integro, mondo, puro: ogni origine
è composita. È la creazione originale? Avviene anch’essa in un contesto, sia
pure solo divino, e obbedisce a un disegno.
Poiché
esiste il concetto, ci sarà un’origine, un fatto originario senza più. Ma è
impensabile, impossibile concepirlo. Anche come casualità, accidentalità: è
sempre un combinato di più fattori, alcuni (accidentalmente) prevalenti. Il
mondo pende più verso l’eterno che verso l’inizio.
Sovranità - Forza, potere e autorità,
Passerin d’Entrèves lo spiega, fanno “la dottrina dello Stato”. La mafia, che
non ha studiato, lo sa.
O
si prenda l’America, gli Usa. Si può violentare la madre, con qualche merito,
in America ma non criticare la nazione. È la sovranità, l’Auctoritas,
che l’America realizza nel modo più pieno, e anzi in eccesso. Auctoritas
che, Alessandro Passerin d’Entrèves insegna, è chiesastica, ed è la base della
libertà. Che non è essere Dio, l’uomo è limitato, tanto più un manovale con
poco mestiere. L’uomo non è libero alla nascita da questo punto di vista, la
libertà è solo condivisa. E viene così la nazione, la famiglia di storia,
lingua, modo d’essere.
La
patria è la forza, accanto alla religione, Tocqueville va aggiornato. È chiaro che
entrambe hanno Dio con sé. La
Provvidenza, si diceva nell’Ottocento, cioè un Dio ancillare, come stabilì il
giornalista democratico John O’ Sullivan nel 1845: “Nostro destino manifesto
(è) diffonderci nel continente assegnato dalla Provvidenza al libero sviluppo
dei nostri milioni di abitanti, che si moltiplicano di anno in anno”, per
giustificare l’annessione del Texas e dell’Oregon.
Storia
–
Inizia con Dio.
Inizia con l’esodo di Abramo da Ur,
secondo l’ultimo Eric Voegelin, “Ordine e storia”, in sei volumi ora tradotti ma
risalenti a sessant’anni fa. Nel mondo ellenico l’uomo cercava Dio, nel mondo
ebraico Dio cercava l’uomo: la storia comincia, dice Voegelin, quando l’uomo
accetta Dio come colui che lo cerca – “Senza Israele, non ci sarebbe stata
storia, ma solo l’eterno ritorno della società in forma cosmologica”..
Sembra
una tesi etnica. Ma non c’è dubbio che la storia comincia con Dio.
Volk – È il rivelatore, semplice e netto,
del nazionalismo radicale, alla radice e a contorno del nazismo, che ne fece
uso generalizzato, come documenta Klemperer in “LTI, la lingua del Terzo
Reich”. Volk come comunità di popolo esclusiva, quello che
poi si dirà etnocentrismo. Sempre nondimeno connotazione esclusiva, nella
terminologia germanica fino al 1945: festa di popolo, comunità di popolo,
popolare, compatriota, con l’esclusione dell’estraneo al Volk. Il frequente ricorso in filosofia, non solo in Heidegger, non
ne fa una filosofia nazista, ma nel nazismo trova il suo coronamento. Per l’eccezione
Kant, si tende a leggere la filosofia tedesca come astrattamente razionalista e
cosmopoliticamente nazionalista, mentre fu all’origine dei primati nazionali e
ci ha convissuto con intenzione fino alla fine del Terzo Reich.
zeulig@antiit.eu
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