venerdì 18 settembre 2015

Secondi pensieri - 231

zeulig

Abitudine – Rallenta il tempo. La ripetizione periodica, costante, degli atti è una scansione del tempo che lo desensibilizza. Il rituale è scontato, l’effetto  inavvedutamente pacificatore – pacificatore perché scontato, di routine, sembra un controsenso. La ripetizione annoia, ma corrobora.

Lontananza – È spesso la forma più viva di vicinanza, nell’affetto e nel rifiuto: Nel pensiero e l’immaginazione, esenti dall’ordinario e l’obbligato. Dal reale anche: il distacco fisico fluidifica i contorni e anche gli esseri, le cose. Li addolcisce o li irrigidisce, ma in definitiva LI alterizza – NW approssima meglio la realtà, la reale consistenza.

Memoria – Il piatto rotto non si ricompone. Ma ciò che si è vissuto non si cancella, buono o cattivo. Come pure ciò che dobbiamo e vogliamo vivere – la trascurata speranza:  il futuro, le attese che a ogni istante si rinnovano. Jankélévitch, “L’irreversibile e la nostalgia” (in “Nostalgia. Storia di un sentimento”, a cura di A. Prete) ne fa un viatico d’immortalità: “Colui che è stato non può ormai non esserci stato; questo fatto misterioso e profondamente oscuro d’aver vissuto è il suo viatico per l’eternità”.

Nostalgia – È di qualcosa che manca, ma anche di irraggiungibile, come di una memoria immemoriale. Uno stato d’animo, un evento, un essere.
È una forma del desiderio, in aspetto di già noto – di Sisifo e Tantalo.

Perdono – Presuppone una superiorità morale, in atto o potenziale, sia darlo che chiederlo. Perdonano Dio, il Re, lo Stato, non si perdonano i non notabili. È – era – esercizio sacerdotale per il sacramento della confessione, che fa del confessore il ministrante del perdono divino. Ma si trasforma agevolmente nella quotidianeità. Dove può assumere un connotato negativo: equalizzatore, eliminando la colpa, delle diverse posizioni (valori) morali.
È di fatto un dato storico recente, europeo. Chiedere perdono per la propria storia, l’impero romano, le persecuzioni, l’inquisizione, le crociate, la colonizzazione, la tratta dei negri, gli imperi, le guerre, questo si fa solo in Europa. Perché l’Europa si vuole coscienza critica, per prima di se stessa. Ma senza altre coscienze critiche: l’assunto è sempre che siamo i migliori, superiori moralmente.

Sovranità – È in crisi in Europa per l’emergere della sovranità europea interstatuale, peraltro non  definita e quindi risentita più spesso come ingerenza (questioni del debito e dell’indebitamento, dell’accoglienza umanitaria, dell’immigrazione, della libera circolazione). È in crisi nel mondo globale per l’emergere di un “diritto di intervento”, a fini civili e\o umanitari, peraltro anch’esso non definito. È di fatto subordinata alle egemonie, non dichiarata me effettuali, della Germania nell’Unione Europea, degli Usa nelle relazioni internazionali.

Tempo – Jünger lo moltiplicava centellinandolo davanti alla clessidra, anche nell’inerzia, nel fluire costante degli istanti. Istanti passati, davanti alla clessidra, ma non perduti. Nel senso di uno sgranocchiamento, come sgranare il rosario, non di una corsa, anzi dell’immobilità contro il movimento, lo stesso trapasso del tempo. Il tempo in sé non dà il senso di essere perduto – di potersi perdere. Se non in un arco temporale, e in rapporto a un‘esperienza.
La fuga nel tempo, la dilatazione del tempo, che non possono essere reali, fisici, sono sensazioni diffuse e operanti.

Viaggio – È la trasposizione del tempo nelo spazio. Anche in senso proprio, per le variazioni di fuso e di stagione. Dà anche un (senso di) anticipazione, di accelerazione del tempo, o di rallentamento, per il semplice spostamento spaziale, specie ora, con le elevate velocità degli aerei.  Sarà in questa sensazione (illusione) l’origine della moderna dromomania, che non è più quella del nomadismo (non solo quella, dell’irrequietezza): l’illusione di accelerare il tempo, e di moltiplicarlo – suddividerlo, sfaccettarlo, organizzarlo.

zeulig@antiit.eu

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