Connessione
permanente –
È la virtù, la promessa, il progetto e la chiave dell’epoca: niente si vende
meglio che il collegamento, universale e imm ediato. I treni, gli aerei, le
automobili, i governi stessi, e naturalmente gli operatori, i social, ogni altra
rete di vendita, tutto si promuove per il collegamento, generale e ovunque.
Anche come “valore” privato. Un tempo si privilegiava l’irreperibilità, il vertice
in carriera si raggiungeva quando uno si poteva proclamare irreperibile, fosse
pure col sottinteso che era a letto con l’amante, oggi invece è la reperibilità
– anche perché l’amante non conta più, non facendo guadagnare. È una passione,
fino al dolore – l’ansia di reperibilità: se l’operatore ci fa mancare un
collegamento non ci sono sospiri di rilassatezza, ci sono collere e minacce.
La
previsione di Marshall McLuhan è profetica. Non si ristampa, ma dice
sessant’anni prima e meglio ciò che molti cibernetici cominciano a intravedere –
“il mezzo è il messaggio”, eccetera. Simulacro del suo villaggio globale ora è
Facebook, dispensatore di emozioni facili e labili, in cambio di un indirizzo e
una identità customercare, a fini
commerciali.
Sloterdijk, che meglio approssima la
connessione permanente, sposta l’accento sulla temporalità: “Comunismo
temporale”. Ma è la “qualità” che più incide, lo spessore critico, riflessivo,
o anche solo emotivo. Se è piatto o no.
Dematerializzazione
–
Lo scultore la insegue, per via di levare – Michelangelo col non finito. La
musica ancora meglio benché abbia a fare con la voce e lo strumento. È il
proprio dell’arte, usare i materiali per travalicarli, affrancarsene. È alla
radice del successo (aspettative) della rivoluzione digitale..In una con le
microtecnologie, l’economia dei servizi, il settore Ict, della Information
Communition Technolocgy. Ma a prezzo di una materialità ancora più intensiva, e
non meno sporca, che la rivoluzione industriale. Se per un ordinatore di 20 kg.
si consuma tanta energia (petrolio equivalente) che per fabbricare
un’automobile. La tecnologia avanzata inoltre moltiplica gli oggetti, incardinando
l’effetto sostituzione: accelera e anzi vuole l’obsolescenza rapida, volendosi
costantemente innovatrice. L’Ict, inoltre, lavora inoltre costantemente a costi
ridotti, per cui i suoi prodotti sono disponibili per usi massicci, di mass
sempre più vaste.
La
dematerializzazione dell’idea di Dio è probabilmente il perno dell’ebraismo,
la razionalizzazione radicale del mondo. Ma non senza contrappesi, o
contestazioni. Per Martin Buber la ragione ebraica è adottata, non propria – e
quindi congelata,.disseccata. E anche degenerante. È la mistica ciò che l’ebraismo
ha di essenziale e creativo, opera di immaginazione–finzione.
Filosofia – Se ne fa molta in Francia,
perché è materia obbligatoria in tutte le scuole superiori, comprese le tecniche?
Non se ne fa più in Germania perché non viene più insegnata – e comunque il sistema
scolastico è molto selettivo, i quattro quindi della popolazione ai quindici
anni sono indirizzati verso un diploma pratico.
Mangiare – Non si fa altro.
Il Parco dellal Musica a Roma ha sospeso ogni altra attività, ha buttato fuori
anche Santa Cecilia nel pieno della sua campagna abbonamenti , per una quatro
iorni di “Taste of Rome, “il restaurant festival più grande del mondo” (“vieni
ad assaggiare i grandi chef!”). Con “sensational dinners”. Una kermesse più
impegnativa dello stesso festival internazionale del cinema, finora il suo
evento più importante. Non c’è italiano che non arda di andare all’Expo, per
vedere come si mangia bene – non si che parlare da mesi nei giornali dell’Expo
come di una delle meraviglie gastronomiche. Gacendo la coda per ore. Per poi pagare 100-200 euro per un pasto. Iprogrammi tv di cucina non si
contano più, essendo i più seguiti. Gli chef stellati vanno a premio su Belen.
Miliardi ci girano attorno. Ogni innovazione dietetica e apparentemente anti-abbuffata
è solo un invito a diversificare, la “serata vegana”, il brunch ipocalorico,
l’aperitivo della nonna.
Il
fenomeno è mondiale, qualcosa vorrà dire. Ma non c’è un’analisi, nemmeno una
psicoanalisi, di tanta fame, e anche questo qualcosa vorrà dire.
Occidente – Il Giappone ne
fa parte, Hong Kong, forse anche la Cina, e naturalmente i Caraibi, per più di
un motivo, ma non mezzo Mediterraneo. E anzi, forse, tutto il Mediterraneo. È un
concetto e non un territorio, come il termine geografico intenderebbe. E il
concetto s’intende da un quarto di secolo, ma forse anche prima, un mercato
capitalista ricco. Nonché la geografia, neanche la democrazia conta tra i suoi
attributi.
Si
vede anche dal Mediterraneo, che non tutto è escluso: le potenze arabe del
petrolio e dei petrodollari ne fanno parte a pieno titolo: gli Emirati tutti,
Abu Dhabi, Dubai, Qatar, col Kuwait e Bahrein, con l’Arabia Saudita
naturalmente, che ne sarebbe invece agli antipodi, e perfino con l’Oman, che
quarant’anni fa non aveva, e non voleva, le lampadine.
Sovranità – È in un
pericoloso guado: perde impulso per via delle agglomerazioni multinazionali come
la Ue, che però non sono loro stesse legittimate. “I poteri nazionali non sono
più responsabili nei confronti dei loro popoli, ma anche nei confronti (dei
popoli) degli altri Stati europei” – Sabino Cassese. Il che non avviene ed è
anche difficile da configurare, ogni popolo avendo una sua propria lingua e
suoi propri linguaggi, opinione pubblica, mentalità, modo di concepirsi e di
essere.
Di
fatto, peraltro, in tropi casi e quasi di norma la perdita di sovranità in
Europa è a vantaggio dei governi di altri Stati europei, e ciò induce una gara
al vantaggio comparato. Che in Europa il tema sovranità sia in subordine, ma si
voglia tenerlo in subordine, certificato
dal fato che la Ue non sente in alcun modo il bisogno di una politica estera e
di difesa: la perdita della sovranità si fa nel quadro di un mercato comune e
nulla più.
La
sovranità richiede un unico sentire, quello che si definiva nazione o patria..
Quanto
remote le sovranità multilaterali, sovranazionali, quale quella europea, di
istituzioni create da trattati ma avulse dal consenso, formalmente autarchiche,
dalle sue elaborazioni iniziali, alla formazione degli Stati, di Bodin prima e
Hobbes poi, che la legano alla libertà nazionale e alla difesa. E dalla
elaborazione post-rousseauiana dell’Ottocento, che sa Repubblica Romana così
riassunse, all’art.1 della sua Costituzione: “La sovranità è per diritto eterno
nel popolo”. Senza che alcuna obiezione, né giuridica né politica o filosofica,
le si sia potuto opporre.
Weltanschauung –
Viktor
Klemperer, “LTI”, la radica (con l’aiuto di Arthur Schnitzler, lo
scrittore) nell’anti-filosofia. “l’opposto
dell’idea chiara”. Abusata non per caso dal linguaggio nazista. Non come rifiuto
di un termine straniero – “filosofia” – cui invece il nazismo indulgeva, ma uno
spostamento verso “l’intuizione e la rivelazione dell’estasi religiosa”. Una
visione. Di origine romantica: “La vision
del redentore da cui emana il principio vitale del nostro mondo: ecco il
senso più intimo o la nostalgia più profonda del termine Weltanschauung,come è apparso nell’uso dei neo romantici e quale la
LTI l’ha adottato”, la lingua del terzo impero, del terzo Reich.
zeulig@antiit.eu
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