Messina senz’acqua per cinque giorni.
Una città di 2-300 mila abitanti. Silenzio.
Il Sannio allagato e riallargato. Giusto
una foto, curiosa, di una macchina infilata in una grande buca aperta nella
strada.
Nel Sannio gli allagamenti durano da un paio
di settimane ormai. Ci sono stati pure dei morti. Niente, neppure un
sottosegretario che vada a vedere.
Il
fiato di Napoli su Milano
Il giudice Cantone, napoletano eminente,
va a Milano e la dichiara “la capitale morale d’Italia”. Col bisogno, in
aggiunta, di dichiarare infame Roma. Sobrio il sindaco di Milano, l’avvocato
Pisapia, che conosce i suoi giudici, specie gli esuberanti partenopei che affollano
gli uffici giudiziari della città. La cittadinanza onoraria Pisapia ha voluto
donare a Cantone per svelenire l’aria in città, la stagione di scandali
multimilionari che Milano da un paio d’anni vive, negli appalti pubblici e lasanità. Milano non è Napoli.
Questo giudice è stato nominato presidente
dell’Autorità anticorruzione un anno e mezzo fa proprio come rimedio agli scandali
multimilionari milanesi attorno all’Expo, e a quelli veneziani attorno al Mose.
Impossibile che se li sia dimenticati, avrà voluto fare il napoletano a Milano –
non c’è la malafemmina, ma chissà, non sarà Roma?
Non solo Roma, Cantone bacchetta anche
gli altri giudici, al Csm e all’Anm. Ma di suo cosa fa? Quali corrotti ha
scoperto in un anno e mezzo? Nessuno. Sfrutta la carica per “uscire” sui
giornali. Teoricamente – solo teoricamente: giudice non morde giudice – dovrebbe
essere incriminato lui per corruzione: per abuso di posizione e sperpero di denaro
pubblico.
Il
Sud a Mezzogiorno
“Nei popoli del Mezzogiorno, la passione
mi riconcilia in qualche modo con la loro
crudeltà”, scrive in Russia il marchese de Custine, per vari motivi amante
anche del Mezzogiorno d’Italia: “Ma la riserva calcolata, la freddezza degli
uomini del Nord aggiunge una vernice d’ipocrisia al crimine”.
Al marchese, gay professo, che visse in Italia forse
più che in Francia, del Sud piaceva pure la sporcizia. In rapporto sempre al
Nord, la preferiva a quella del Nord: “Quelli del Mezzogiorno passano la loro
vita all’aria, mezzi nudi o nel’acqua; quelli del Nord, quasi sempre rinchiusi,
hanno un sudiciume oleoso e profondo che
mi sembra ripugnante”.
Mezzogiorno per Sud è francese? Traduce Midi,
che è anche mezzogiorno, l’ora del pasto, ma il Petit Robert attesta in uso già
nei secoli XII-XIII per designare uno dei quattro punti cardinali, come opposto
al Nord.
È vero che in meteorologia Mezzogiorno è
uno dei nomi del vento Ostro, il vento del Sud, caldo e umido – impropriamente confuso
col libeccio o lo scirocco. Ma il Battaglia non dice a quando rimonta questa
denominazione del vento del Sud – vento di Mezzogiorno. Comunque sia, il Sud è
un vento.
Nella esemplificazione di questo senso
di Midi il Petit Robert porta una citazione di Suarès: “Il Nord vale forse di
più per la morale. Ma il Midi vale meglio per la vita”. Probabilmente di André
Suarès, che però era di Marsiglia.
Il
complesso d’inferiorità
Pasolini scrisse quello che pensava, percorrendo
i 4-500 km. di costa calabrese nel 1959 per “Successo”, il mensile della classe dirigente
di Arturo Tofanelli, inventore di periodici, della Calabria e più in generale
del Sud. Il viaggio era un’idea probabilmente di Tofanelli. Caduta nel
disinteresse, a parte la curiosità della cosa: 2.500 km. su una Millecento in
quattro-cinque giorni. E per la polemica sollevata dalla reazione di Cutro, il
cui sindaco si costrinse a querelarsi per diffamazione a mezzo stampa – la cosa
poi svaporò (il sindaco democristiano, il ragionier Vincenzo Mancuso, fu
contestato e infine bloccato dalla minoranza comunista in consiglio).
Di Cutro Pasolini aveva scritto: “Ecco, a un distendersi delle dune gialle
in una specie di altopiano, Cutro. Lo vedo correndo in macchina: ma è il luogo
che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio. È, veramente, il paese dei
banditi come si vede in certi film western. Ecco le donne dei banditi, ecco i
figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dalla
cultura del nostro mondo, a un altro livello. Nel sorriso dei giovani che
tornano dal loro atroce lavoro, c’è un guizzo di troppa libertà, quasi di
pazzia. Nel fervore che precede l’ora di cena l’omertà ha questa forma lieta:
nel loro mondo si fa così. Ma intorno c'è una cornice di vuoto e di silenzio
che fa paura”.
A un
altro livello, in una bolgia
– Pasolini allora voleva rifare Dante? Senza ragione, Cutro non è paese di delinquenza,
solo la suggestione visiva. O solo quella onomatopeica: Pasolini non passò per
Cutro, il paese dista dalla litoranea una dozzina di chilometri, troppi per il
suo scappa e fuggi, forse fu il nome a suggerirgli la condanna feroce. Di
sicuro contò il pregiudizio, sempre fortissimo nel poeta civile, che pure già sapeva
tutto, del sorriso dei giovani, del lavoro atroce, del fervore all’ora di cena
e dell’omertà. Un brutto reportage (“lo Ionio non è mare nostro, spaventa”,
aveva scritto prima di Cutro: lo Ionio?) e una cattiva poesia, parole in
libertà.
Un eccesso, uno svarione? Come il Pci si
affrettava a spiegare. Oppure Pasolini poteva metterla sul faceto, scusarsi,
dire che si trovava in un film, solo sulla sua Millecento, e aveva menzionato
il paese per assonanza, senza malanimo, un nome come un altro. No.
Peppe Aquaro ricorda su “Sette” che per
questo Pasolini fu osteggiato e non poté gareggiare ai grandi premi con “Una
vita violenta”, che era appena uscito. La cosa non è vera perché il reportage chilometrico
era probabilmente di giugno ed è stato pubblicato nei tre mesi successivi, mentre
Strega e Viareggio erano già in corsa, se non assegnati. È vero invece che ebbe
il premio Crotone, a ridosso della pubblicazione della parte Cutro del
reportage di “Successo”, nel numero di settembre. Un premio minore ma assegnato
da una giuria importante. Su indicazione del partito Comunista, in risarcimento
del mancato Viareggio, gestito da Répaci. Lo scrittore calabrese presiedeva
anche il premio Crotone, al quale aveva aggregato come giurati Gadda, Bassani,
Ungaretti, Debenedetti, e Moravia.
Ci fu maretta in consiglio dopo il premio
anche a Crotone, benché la città fosse caposaldo socialcomunista, la “Stalingrado
del Sud”. Il 28 ottobre 1959, quando il consiglio comunale di Crotone doveva
decidere se finanziare o meno il premio, Pasolini pubblicò su “Paese Sera” una
sorta di palinodia. Che non lo era, era un’altra cosa. “Anzitutto a Cutro, sia ben chiaro, prima di ogni ulteriore
considerazione, il quaranta per cento della popolazione è stata privata del
diritto di voto perché condannata per furto: questo furto consiste poi
nell’aver fatto legna nella tenuta del barone Luigi Barracco. Ora vorrei sapere
che cos’altro è questa povera gente se non “bandita” dalla società italiana,
che è dalla parte del barone e dei servi politici? E appunto per questo che non
si può non amarla, non essere tutti dalla sua parte, non avversare con tutta la
forza del cuore e della ragione chi vuole perpetuare questo stato di cose,
ignorandole, mettendole a tacere, mistificandole”.
Il suo animo lo
espresse invece per lettera al dottor Pasquale Nicolini, ufficiale sanitario di
Paola, un medico molto impegnato sul sociale, che gli aveva scritto un mese
prima. Accorato – la sua lettera è pubblicata,
con un ritratto del personaggio, da Roberto Losso sul “Quotidiano di Calabria”
il 23 luglio 2012. Nicolini prospettava a Pasolini
l’eccesso, la disattenzione, lo svarione. Magari un colpo di sono nel suo
rapidissimo periplo – “al massimo si lasciò andare a qualche colpo di fioretto
della sua colta ironia”, annota Losso della lettera di Nicolini.
Pasolini rispose
a giro di posta, l’1 ottobre, ma non conciliante. Fece l’elenco dei furti
subiti al Sud – ma non disse se a opera dei ragazzi, di vita e non (solo dice: “I
miei ladri e i miei rapinatori… continuano ad essermi simpaticissimi”). Dopo un avvio disinvolto: “Gentile dottor
Nicolini, devo dirle anzitutto: i banditi mi sono molto simpatici, ho sempre
tenuto, fin da bambino, per i banditi contro i poliziotti e i benpensanti.
Quindi, da parte mia, non c’era la minima intenzione di offendere i calabresi e
Cutro. Comunque, non so tirare pietosi veli sulla realtà: e anche se i banditi
li avessi odiati, non avrei potuto fare a meno di dire che Cutro è una zona
pericolosa”. Per concludere: “Mi dispiace dell’equivoco: non si tiene mai
abbastanza conto del vostro “complesso di inferiorità”, della vostra psicologia
patologica (adesso non si offenda un’altra volta!), della vostra collettiva
angesi, o mania di persecuzione”. Concede: “Tutto ciò è storicamente e
socialmente giustificato”. Ma consiglia di “guardare in faccia la realtà”.
Chiedendo a Nicolini di dare pubblicità alla sua risposta – Nicolini non lo
fece.
leuzzi@antiit.eu
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