domenica 25 ottobre 2015

Darwin si è dimenticato la coscienza

“Il mondo è un posto sorprendente, e l’idea che noi siamo in possesso degli strumenti di base necessari per comprenderlo non è più credibile oggi di quanto lo fosse ai tempi di Aristotele”. La premessa è una sfida. Ma il sottotitolo era già un bollettino di vittoria: “Perché la concezione neodarwiniana della natura è quasi certamente falsa”. La conclusione è che la coscienza è un ostacolo a una spiegazione naturalistica della vita: “L’esistenza della coscienza sembra implicare che la descrizione fisica dell’universo, nonostante la sua ricchezza e il suo potere esplicativo, sia solo parte della verità, e che l’ordine naturale sia molto meno austero di quanto lo sarebbe se la fisica e a chimica rendessero conto di tutto”.
Nagel, filosofo dei fenomeni mentali, prova a scardinare il “naturalismo riduzionistico”, sotto le specie fisiche e biologiche: “A me sembra che l’attuale ortodossia sull’ordine cosmico… sia il prodotto di assunzioni di fondo prive di fondamento, e che sfidi il senso comune”. Dopo aver parato preventivamente le critiche: “L’argomento che muove dal fallimento del riduzionismo psicofisico è un argomento filosofico, ma ritengo che ci siano ragioni empiriche indipendenti per essere scettici rispetto alla verità del riduzionismo in biologia”. Cioè nella bibbia darwiniana, dell’evoluzione naturale. L’approccio materialista dominante ha mancato di spiegare fenomeni quali il pensiero, il ragionamento, l’intenzionalità, la capacità valutativa. Lo stesso se si prende il discorso dall’altro capo: se la coscienza non si spiega con la fisica e la biologia che abbiamo, e se la mente è prodotto dell’evoluzione, “allora la biologia non può essere una scienza puramente fisica”.
Una riflessione “non ortodossa”, si dice lo stesso Nagel. Che, ateo e immanentista, è scontento della lettura meccanicistica, da Galileo a Darwin, del mondo e della stessa evoluzione. Houellebecq direbbe, poeta sconsiderato (nella traduzione di Fausta Garavini e Alba Donati): “Il sistema è organizzato\ per la riproduzione dell’identico.\ Il darwinismo avallato\ crea il banale autentico”.  È il problema dei “sistemi”, che inevitabilmente si chiudono, ma più quando si applicano al vivente.
Una riflessione introdotta qui bizzarramente da Michele Di Francesco con molti paletti riduttivi – riduzionistici. Tra essi una sterminata lista di filosofi – di filosofi della mente, non di scienziati - che hanno già avuto modo di criticare in pochi mesi il saggio. Ma procediamo con ordine.
Nagel, filosofo dei fenomeni mentali, sfida il “naturalismo riduzionista”. Per riduzionismo intendendosi l’assunto che ogni realtà scientifica ha l’evidenza dell’osservazione. Secondo il modello di ricerca scientifica che si è imposto nel Seicento, il modello meccanicistico, che le forme viventi “riduce” (spiega) a macchine, per quanto complesse, combinazioni di particelle materiali. Una riflessione “non ortodossa”, premette Nagel, che in effetti non ha nulla del pamphlettista: procede grave, sottile, indecisivo. Ma fermo sul “fallimento del riduzionismo psicofisico”. E sul suo limite evidente: “I grandi progressi nel campo delle scienze fisiche e biologiche sono stati resi possibili dall’esclusione della mente dal mondo fisico”. Conformando una “comprensione quantitativa”, di “leggi fisiche senza tempo e formulate matematicamente”. Questo non è più possibile, bisogna includerci la storia, dacché questa è stata inclusa per la cosmologia col Big Bang. Lo steso la mente vuole un suo Big Bang. All’interno delle scienze fisiche ma riconoscendone i limiti. Tanto più “quanto più scopriamo sulla complessità del codice genetico e sul suo controllo dei processi chimici della vita”.
Nagel, benché si professi profano, è in realtà scettico sulla casualità (fisica, biologica) delle mutazioni una volta che le prime forme di vita sono apparse. Soprattutto sulla “spiegazione riduzionistica delle origini della vita”. Contro il “consenso dell’opinione scientifica”, riconosce. Ma l’evidenza a disposizione non sradica razionalmente “l’incredulità dl senso comune”: “Nella storia della natura sono al lavoro anche principi di tipo diverso, principi sull’aumento dell’ordine che sono, per quanto riguarda la loro forma logica, teleologici piuttosto che meccanicistici”. L’“ordine” si propone di “aumentare” sull’assunto che “certe cose siano così degne di nota da dover essere spiegate come non casuali”. Ma sempre con l’esigenza (“ideale”) di  “scoprire un solo ordine naturale che unifichi tutto”. Ideale incompatibile non solo col dualismo cartesiano ma anche col teismo, di un “ordine naturale (opera) dell’intervento divino, il quale non fa parte dell’ordine naturale” – di cui però fa sue alcune obiezioni, che dice irrefutate.  
È “radicale la differenza tra soggettivo e oggettivo mentale”. Wittgenstein era sensibile all’“errore”, la sua riflessione nasce da questa faglia. Ma superarla con la grammatica del linguaggio mentale non basta. Il comportamentismo, e più il comportamentismo concettuale, di Ryle in riferimento a Wittgenstein, non risolve il dualismo mente-corpo: “Il comportamentismo trascura proprio lo stato mentale interno”. Le teorie dell’identità psicofisica proliferano, ma “trascurano proprio ciò che fu deliberatamente escluso dal mondo fisico da Cartesio e Galileo per formare il concetto moderno del fisico, ovvero le apparenze soggettive”. Quanto a se stesso, Nagel si limita a scoprire le fondamenta , l’argomento antiriduzionista dice finora solo negativo. Perché il compito è molto vasto: “Il materialismo richiede il riduzionismo; perciò il fallimento del riduzionismo richiede che si cerchi un’alternativa al materialismo”. Ma le obiezioni sono perfino ovvie: “La mente non è “il prodotto di un’aggiunta, un evento accidentale o un accessorio, ma … un aspetto fondamentale della natura”. Oppure: ”Il naturalismo evoluzionistico implica che non dovremmo prendere sul serio alcuna dele nostre convinzioni, compresa la visione scientifica del mondo da cui dipende lo stesso naturalismo evoluzionistico”.
La tesi di Nagel non è indifendibile. La coscienza “non è l’aggiunta di un pizzico di qualia alla vita organica, ma la comparsa di punti di vista soggettivi individuali, un tipo di  esistenza logicamente distinta da qualunque cosa sia descrivibile dalle sole scienze fisiche”. La coscienza resta inspiegata. Ma ciò non senza conseguenze sul sistema “riduzionistico”, meccanicistico, naturalistico, che governa l’evoluzione. Dal momento che il carattere cosciente degli organismi umani, occhi, orecchie, sistema nervoso, etc, “è uno dei loro aspetti più importanti, la spiegazione della comparsa di queste creature deve includere una spiegazione della comparsa della coscienza… Se essa va spiegata sotto ogni aspetto in termini naturalistici, tramite la comprensione della vita organica, è necessario cambiare qualcosa di fondamentale nella nostra concezione dell’ordine naturale che ha dato origine alla vita”. Senonché “il riduzionismo psicofisico è componente essenziale di un più ampio programma  naturalistico che non può sopravvivere senza di esso”, sia scientifico che metafisico… Un terremoto?
È anche una vindicatio della filosofia – altrimenti che ci sta a fare (ne saprebbero di più le formiche, anche le api). Con paletti solidi. Di filosofia analitica. Strana, poiché si parte da parole (realtà) inspiegate: natura, materia, mente, corpo. Ma il fatto è certo: dove e cosa è, in termini fisici, la coscienza – parola anch’essa evocativa più che definitiva,  ma ci capiamo. Siamo ancora non sappiamo che cosa. Fra la coscienza e la fiscalità è come fra l’uomo e l’orango, che sebbene siano per il 98 e qualcosa per cento sinili e uguali, sono però differenti – di “natura” differente. Tra i fenomeni mentali e la “natura” lo scarto è percentualmente irrisorio, diciamo pure millesimale, e tuttavia naturalmente irriducibile.
Thomas Nagel, Mente e cosmo, Raffaello Cortina, pp. 134 € 16

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