Un titolo da
resistente, rifugiato politico, martire sopravvissuto: non dev’essere buona l’aria
nel mondo dei giudici. Tony mette a frutto 45 anni di esperienza in magistratura
per delinearne i punti deboli:
“Protagonismo, giustizialismo, politicismo, lentezza, mancanza di indipendenza”
– e la rapidità contro i nemici no, la vendetta? Punti che sono agli occhi di
tutti, e sui quali i giudici non solo non fanno marcia indietro ma neanche
chiedono più scusa: dalle irritualità della combriccola Borrelli a Milano
passano tranquillamente alla illegalità, senza darsi pensiero – il processo
Stato-mafia ne è pieno, quello Mafia capitale pure..
Tony ricorda
alcuni casi di giustizia illegale. Lo Stato-Mafia, giustamente. Le 14 sentenze
su e contro Sofri. Le irresolutezze sul “mostro di Firenze”, che fece venti o
ventuno vittime. La lentezza è statistica: cinque anni in media per una causa
penale, (per quella civile otto). Anche qui violando la legalità. La riforma
del 1989 che eliminava il rito accusatorio i giudici l’hanno rovesciata – mandando
in carcere tutti i socialisti, va aggiunto, i fautori della nuova legge. Il
rito accusatorio hanno anzi aggravato con le intercettazioni a strascico, e la
carcerazione ad libitum. Uno strapotere,.
La negazione
della giustizia, dunque. Ma anche una casta, se mai ce n’è una in Italia: piena
di privilegi e inattaccabile.
Ogni volta che un
giudice parla delle condizioni della giustizia è per denunciarne la miserie. Tony
dopo Bruno Tinti, “Toghe rotte”, il cronista giudiziario dell’“Espresso” Stefano
Livadiotti, all’orecchio di molti giudici, “Magistrati, l’ultracasta”, e il
povero Misiani, altro giudice rosso infangato a torto dalla Boccassini, che ci
ha fatto su una carriera, mentre lui ci è morto, fuori dalla magistratura.
Piero Tony, con
Claudio Cerasa, Io non posso tacere.
Confessioni di un giudice di sinistra, Einaudi, pp. 128 € 16
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