martedì 27 ottobre 2015

I giudici non amano la giustizia

Un titolo da resistente, rifugiato politico, martire sopravvissuto: non dev’essere buona l’aria nel mondo dei giudici. Tony mette a frutto 45 anni di esperienza in magistratura per delinearne  i punti deboli: “Protagonismo, giustizialismo, politicismo, lentezza, mancanza di indipendenza” – e la rapidità contro i nemici no, la vendetta? Punti che sono agli occhi di tutti, e sui quali i giudici non solo non fanno marcia indietro ma neanche chiedono più scusa: dalle irritualità della combriccola Borrelli a Milano passano tranquillamente alla illegalità, senza darsi pensiero – il processo Stato-mafia ne è pieno, quello Mafia capitale pure..
Tony ricorda alcuni casi di giustizia illegale. Lo Stato-Mafia, giustamente. Le 14 sentenze su e contro Sofri. Le irresolutezze sul “mostro di Firenze”, che fece venti o ventuno vittime. La lentezza è statistica: cinque anni in media per una causa penale, (per quella civile otto). Anche qui violando la legalità. La riforma del 1989 che eliminava il rito accusatorio i giudici l’hanno rovesciata – mandando in carcere tutti i socialisti, va aggiunto, i fautori della nuova legge. Il rito accusatorio hanno anzi aggravato con le intercettazioni a strascico, e la carcerazione ad libitum. Uno strapotere,.
La negazione della giustizia, dunque. Ma anche una casta, se mai ce n’è una in Italia: piena di privilegi e inattaccabile.
Ogni volta che un giudice parla delle condizioni della giustizia è per denunciarne la miserie. Tony dopo Bruno Tinti, “Toghe rotte”, il cronista giudiziario dell’“Espresso” Stefano Livadiotti, all’orecchio di molti giudici, “Magistrati, l’ultracasta”, e il povero Misiani, altro giudice rosso infangato a torto dalla Boccassini, che ci ha fatto su una carriera, mentre lui ci è morto, fuori dalla magistratura.
Piero Tony, con Claudio Cerasa, Io non posso tacere. Confessioni di un giudice di sinistra, Einaudi, pp. 128 € 16

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