Guerra
–
La fa chi si difende, argomenta Clausewitz, “Della guerra”, al libro VII, “Della
difesa”, cap. 7. E alla fine del ragionamento non è così bizzarro come sembra.
Si combatte meglio in difesa, aveva
detto al libro IV, sulle “Forme della guerra”: “L’invincibilità sta nella difesa. La vulnerabilità sta
nell’attacco. Se ti difendi sei più forte, se attacchi sei più debole”.
Al
libro VI spiega il paradosso: “Finché l’attaccante non sa nulla dei piani dell’avversario,
non ha motivo di agire, di applicare i suoi mezzi militari. Se li può portare
dietro, cioè prendere possesso con le sue forze armate”, invece che con
funzionari e proclami. Ma “spostare un apparato di guerra non è usarlo… Fin qui
(l’attaccante) non ha commesso, propriamente parlando, un atto di guerra.
Mentre il difensore che insieme mobilita il suo apparato bellico, e ordina di
combattere, è il primo a esercitare un atto che realmente risponde al concetto
di guerra”. L’invasione non è un atto di guerra?
Liberazione
– Fu
anche un teologia, sancita cinquant’anni fa in America Latina nel quadro della
guerra fredda – ora fatta propria dalla Chiesa di Roma col papa Francesco. Elaborata principalmente
da Leonardo Boff, Camilo Torres, Gustavo Gutierrez, con Hélder Cámara, arcivescovo
di Recife in Brasile, e l’argentino Lucio
Gera – uno dei maestri di papa Bergoglio. L’atto di nascita si pone nella
conferenza tenutasi nel 1964 all’università teologica francescana di Petropolis in Brasile, che riuniva la chiesa
latinoamericana (Celam, consiglio episcopale latinoamericano). La consacrazione
nella conferenza Celam di Medellìn in Colombia, nel 1968. Il termine teologia
della liberazione sarà coniato dal peruviano Gutierrez nel 1973, col saggio dal
titolo “Storia, politica e salvezza di una teologia della Liberazione”. La
riflessione era cresciuta in opposizione alle dittature latinoamericane degli
anni 1960, una deriva bonapartista patrocinata dagli Stati Uniti dopo l’avvento
di Castro a Cuba e il tentativo fallito di rovesciarlo. A margine del Concilio
Vaticano II. Durante il quale mons. Cámara promosse, con la gran parte dei
vescovi e teologi latinoamericani presenti a Roma, il “Patto delle catacombe”:
un impegno per i ceti sociali più emarginati.
Gera ne elaborerà in Argentina una
forma non politicizzata, non connessa alla divisione dei mondi e alla guerra
fredda. Come forma invece storica, tradizionale, della cultura popolare. Di
recupero di essa e di piena assunzione nell’esercizio pastorale della
religione.
In chiave più religiosa, la
teologia della liberazione produsse il fenomeno ancora vivo delle comunità di
base. Specialmente in America Latina: in Brasile se ne registrarono circa
centomila. In chiave politica si illustrò in Nicaragua, dove le comunità
cattoliche e molta parte del clero presero le armi contro la dittatura di
Somoza. Due sacerdoti, Ernesto Cardenal e Miguel D’Escoto faranno parte del
governo sandinista dopo il rovesciamento di Somoza. Cardenal se ne allontanerà
nel 1994, non condividendo le misure autoritarie dell’allora, e tuttora, presidente
Daniel Ortega. D’Escoto ha continuato l’impegno politico ed è stato spretato –
ora ha scritto al papa la revoca della sospensione a divinis per poter “celebrare la comunione prima di morire”, e
Francesco lo ha perdonato.
Pio
XII – “Molto
stimato in Germania”, lo dice il cardinale tedesco Kasper nel libro-intervista
con Raffaele Luise, “Testimone della misericordia”. Si spiega che con papa
Ratzinger la contestata causa di beatificazione abbia ripreso a marciare. In
Germania ha anche servito da capro espiatorio nella questione della Colpa, col
“Vicario” di Hochhuth.
Il dramma di Hochhuth, revanscista,
in Italia fu assunto cinquant’anni fa a manifesto della sinistra anticlericale
e comunista, Pio XII essendo nel frattempo passato nella schiera atlantista. Stalin
dava al papa la colpa della guerra, e i comunisti ci credevano. Roger Vailland,
lo scrittore del maquis, della
Resistenza in Francia, si fece a Roma
nel ‘50 una vacanza per scrivere un libro sull’aggressione del papa alla pace,
che il Partito in Francia gli aveva commissionato, su commissione del
Cominform, l’organizzazione sovietica dei apriti comunisti nel mondo.
Papa
Pacelli era tedescofono: era cresciuto con padre Lais, un prete sassone. E presto
era stato nunzio in Germania ovunque, in
Baviera nella prima guerra, Baden, Prussia, Weimar. In una Germania reduce dalla
guerra di religione imposta da Bismarck contro i cattolici. Ma un papa cui era
apparsa la Madonna. Che nella prima enciclica chiese ai dittatori di “riportare
lo Stato al servizio della società”. Dice: fece il concordato con Hitler. Ma ne
era specialista: Serbia nel ‘14, Baviera ‘24, Prussia ‘29, Baden ‘32, Austria
‘32, Jugoslavia ‘35. Da segretario di Stato irrise Hitler in visita a Roma.
Quando lo fecero papa, Hitler si arrabbiò, i suoi giornali lo scrissero. Pure Goebbels aveva commissionato un libro contro Pacelli, poi promosso
porta a porta. Da segretario di Stato di Pio XI redasse l’enciclica antinazi Mit brennender Sorge, con angoscia
cocente. E quando Hitler
scese in Italia nel 1938, per fare “l’incontro della Storia” (Heidgger), lo
fece ritirare a Castelgandolfo per non riceverlo, barrò i Musei vaticani e a
Firenze Santa Croce, protestò contro le croci uncinate a Roma: è “fuori posto
nel giorno della Santa Croce”, fece scrivere all’ “Osservatore Romano”, lo
sventolio “di un’altra croce che non è la croce di Cristo”, una “profanazione”,
contro cui il giornale invitava a “pregare, pregare, pregare”. In Baviera e
Renania, quando si votava, Hitler non arrivò al quindici per cento, fu il Nord
protestante a votarlo in massa: Ruhr, Prussia, Sassonia.
Pio XII temeva i comunisti, è vero: il 19
aprile ’19 fu preso in ostaggio dagli spartachisti nella legazione, pistola al
petto.
Hochhuth, amico e estimatore
dello storico negazionista David Irving, poi scrisse un altro dramma, “Soldati”,
in cui spiega che la colpa della guerra è di Churchill. Prima e durante – i bombardamenti
a tappeto. Per lui l’Olocausto non c’è stato, e anche i campi sono
inventati. Nel
1966, al tempo del “Vicario”, fu vezzeggiato pure da molti storici ebrei. E da
Jaspers, il filosofo, che il problema della Colpa sentiva in modo acuto. Ha poi
fatto lo sceneggiatore anche per registi impegnati, Andrzej Wajda e Costa-Gavras.
Riforma
–
Fu il fallimento di Lutero, Che voleva la riforma della chiesa e finì per
creare una religione nazionale, anzi un modesto cesaropapismo, locale. Con la violòenza
per di più.
Il cinquecentenario che si
prepara non è per questo trionfalistico. Residua il vanto della cosiddetta
“etica protestante”, che si rispecchia col “mercato”, col capitalismo.
Solo metà della metà non
cattolica dei due miliardi duecento milioni di cristiani nel mondo è
protestante. Anzi meno, 4-500 milioni, compresi gli anglicani - se i
pentecostali sono 5-600 milioni, il cristianesimo dei poveri tra vudù e samba.
Roma – Ricorda e celebra le
nefandezze. Non ne ha, comprese quelle del Vaticano, più di un’altra grande
città, con molta storia, ma solo ricorda quelle: non ha un’altra storia, quelle
classiche comprese, di Arturo Graf e dei
tanti tedeschi, Gregorovius in testa. È una città di bellezze uniche, naturali, storiche, artistiche, ed è la
capitale della cristianità. Città per questo unica al mondo, potendo a questa
funzione assommare quella di città più grande l’Italia, città capitale,
turistica, commerciale, industriale, scientifica, burocratica, politica. Chiunque
altro ci avrebbe costruito sopra potenza e splendori, Roma ci ambienta lo squallore.
Anche
della chiesa parla solo delle nefandezze. Non della miniera di intelligenze che
accumula a Roma, teologi, filosofi, storici, latinisti, etc.. O della capacità
di fare, soprattutto opere d’arte e del pensiero. Senza però essere una città
perversa. È poco o niente sessuata, malgrado il gran parlare che ne fa – la “dolce
vita” è un mito, ciò che non c’è. È perfino poco drogata, benché sia la città
anche del cinema e dello spettacolo, il mondo che vi indulge. Non è nemmeno infelice,
o triste – non drammatizza. Ma parla solo di porcate. Dei papi ora non più ma
per secoli non c’è sordidezza clericale di cui non si sia compiaciuta. Come di
ogni politico, dacché, è quasi un secolo e mezzo, è la capitale politica: non
ce n’è no che non abbia sporcato – a parte, forse, DeGaseri (anche di Einaudi
si parlava male).
Turchia – Ora che la
Germania vuole la Turchia dentro l’Unione Europea e quindi la Turchia sarà in
Europa (la Turchia sì, la Russia no), dopo averla rifiutata per anni e fino a
dieci giorni fa, bisogna riconoscere che l’Europa era in antico “turca”. Per la
guerra di Troia e per altre storie che si trascurano.
L’Italia
indirettamente lo riconosceva già mezzo secolo fa, con l’Italia turrita nei
francobollini al risparmio. Che si figurava con la corona di Artemide Efesia,
la frigia Cibele, quella dei sacerdoti evirati, e di altre terribili amazzoni
anatoliche, Sofia, Europa, Atena, Temis, Afrodite, Diana, la madre dell’Abisso
- non del Grand Hotel di Lukàcs, che in realtà è di F. T.Marinetti, ma della
gnosi -, Leto, Silene, Gaia, la Potnia Heren, madre di Euter, Demetra, Isis,
Moira, Medea, Achamot. Di Euter, che ricorre nell’Iliade, 470, niente si
sa: l’edizione Einaudi la dice, dopo uno sterminato catalogo di faticose
elucubrazioni, “signora delle bestie”.
astolfo@antiit.eu
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