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domenica 4 ottobre 2015

Le bombe non vincono le guerre

La guerra aerea non è onorevole e non fa vincere. È tutta qui la sindrome del Vietnam che si evoca per gli Usa in Afghanistan: mezzi e munizioni senza limiti che non vengono a capo di popolazioni inermi.
Gli americani sono peraltro pessimi navigatori. Cacciatori sì, sanno duellare, ma non bombardare. L’“Enola Gay” girò un’ora su Hiroshima: non la trovava, con la bomba nella pancia. Gli americani sono cattivi navigatori come i tedeschi, si può aggiungere: il primo giorno vero della drôle de guerre alla Francia la Germania lo celebrò il 10 maggio 1940 con l’eccidio di Friburgo nella Foresta Nera, a opera dei suoi aerei, tre Heinkel 111 dell’Ottava squadriglia, comandata di bombardare l’aeroporto di Digione, che si persero nella nebbia, volarono su Friburgo e scaricarono le loro sessantanove bombe sul celebre mercato con l’annesso asilo, facendo 57 morti, di cui tredici bambini, e un centinaio di feriti - era di venerdì, ma per fortuna alle quattro del pomeriggio, il mercato era chiuso da un paio d’ore.
Gli americani fanno volentieri la guerra aerea perché poco capaci in quella terrestre. I fronti hanno ristagnato a lungo in Italia dopo l’armistizio a fine 1943 per l’incapacità di forzare le linee tedesche, seppure con molti più mezzi e più uomini. Ma usano l’arma aerea impropriamente, cioè massicciamente. Hanno distrutto la Sicilia che era inerme. Hiroshima, che non si può dire un atto onorevole, era stata preceduta da una serie di attacchi incendiari contro le città giapponesi che non avevano minimamente piegato il Giappone. Le distruzioni massicce a lungo termine generano insofferenza e repulsione, aumentano la capacità di resistenza.
La guerra aerea muove gli interessi più cospicui, finanziari e industriali, e per questo si impone all’immaginario, ma è sempre una guerra “a tradimento”. Ed è più fallimentare che efficace.  Del Vietnam non si parla più, ma gli Usa hanno sganciato sul Vietnam del Nord, grande quanto il New England, più bombe d’aereo che su tutta la Germania, l’Italia, il Giappone e la Corea insieme. E malgrado il Vietnam continuano ad applicare la dottrina “omicida” - a suo stesso dire - di Curtis LeMay, il generale che il suo sergente George Wallace voleva vicepresidente nel 1968, il cui credo era “non ci sono civili innocenti”, e in Giappone distrusse in sei mesi 64 città con le bombe incendiarie, e Hiroshima e Nagasaki con l’atomica, un milione di morti, mentre professava questa verità: “Se non vinciamo saremo criminali di guerra”.

I bombardamenti sono efficaci in certe situazioni. Nella guerra lampo – la più celebre è quella di Israele contro l’Egitto di Nasser nel 1967. O contro obiettivi mirati. Per esempio l’Is. Che è un movimento di guerriglia, senza le caserme, gli hangar e i depositi che sono gli obiettivi privilegiati della guerra aerea. Ma è vulnerabile alla paura, che lo isola. È così che il generale Al Sisi ha bloccato l’Is in Libia, a Derna, con poche bombe. E la Russia potrebbe ora fare lo stesso con l’Is in Siria – anche perché forse ha spie migliori di quelle americane, che dicono esattamente dove e come si trova l’Is.   

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