Culto – I luoghi di culto
per chi non crede si moltiplicano, in Europa (Inghilterra, Francia, Belgio, Germania,
Irlanda), negli Usa, in Africa, in Asia. Costruzioni anche imponenti, che richiedono un’organizzazione: per la raccolta dei fondi, la committenza, il
mantenimento. Senza contare in Brasile e altrove in America Latina il revival dei
culti stregoneschi – in proporzione inversa all’abbandono degli stessi in
Africa. Con riti, anche formalizzati. È il desiderio di una messa? Di un culto
di gruppo. Senza chiesa. Senza Dio?
Deserto
–
A fine 1973, sull’euforia del boom del greggio, triplicato di prezzo nella guerra
del petrolio e la guerra del Kippur, i Nahyan di Abu Dhabi progettarono
grattacieli e centri direzionali per
un’economia che non c’era, avendo confusamente percepito, da sedentarizzati
recenti, che la fabbrica della ricchezza è la rendita urbana. Una idea poi reolicata in multipli nelle sabbie della penisola arabica, Dubai, Qatar, Arabia Saudita, Oman.
L’idea di una rendita sul deserto è perfino filosofica. Il deserto ha esaurito il tempo, è lo spazio senza tempo. Talvolta senza ricordi, che comunque ha abraso, qualsiasi traccia di costruzione o altre storie. Alimenta la religione, coi profeti e i santi, ma non ne ha colpa: è rasserenante, malgrado la mancanza di punti di riferimento: alla fine della giornata, nella quale non c’è nulla da fare, non c’è senso di colpa. E ora ha l’economia-non economia più ricca della terra.
L’idea di una rendita sul deserto è perfino filosofica. Il deserto ha esaurito il tempo, è lo spazio senza tempo. Talvolta senza ricordi, che comunque ha abraso, qualsiasi traccia di costruzione o altre storie. Alimenta la religione, coi profeti e i santi, ma non ne ha colpa: è rasserenante, malgrado la mancanza di punti di riferimento: alla fine della giornata, nella quale non c’è nulla da fare, non c’è senso di colpa. E ora ha l’economia-non economia più ricca della terra.
Morte
- L’“amor-te”
è neologismo del protagonista occulto del nuovo romanzo di Magris, “Non luogo a
procedere”. Che “la morte non esiste, spiegava, è solo un invertitore, una macchina
che rovescia semplicemente la vita come un guanto, ma basta far scorrere il
tempo in senso inverso e si recupera tutto”. Come nel “Libro dei morti”
egiziano: “Ciò che è ricordato vive”.
Multipolarismo – È stato
politico, poi anche culturale, e ora è teologico.
È la dottrina politica, o “ordine
mondiale”, che Henry Kissinger ha proposto quarant’anni fa in un documento del
suo Dipartimento di Stato, dopo la prima “guerra del petrolio” e la sua
personale apertura a Pechino, nel cruciale 1973. Un concetto all’origine in
effetti tedesco, che Kissinger potrebbe aver mediato da Romano Guardini alla
sua prima opera, “La contraddizione”: il mondo consiste di molteplici polarità,
di cui è impossibile la sintesi o sistematizzazione che Hegel voleva. La realtà
è multipolare.
Il concetto è ora fatto proprio dalla chiesa cattolica, che vuole essa stessa adeguarsi a uno “scenario multipolare”: con le diverse culture e religioni, col pensiero tecnicoscientifico, con le culture anche più ostili – il fondamentalismo islamico, l’ateismo – e anche con diverse etiche.
Il concetto è ora fatto proprio dalla chiesa cattolica, che vuole essa stessa adeguarsi a uno “scenario multipolare”: con le diverse culture e religioni, col pensiero tecnicoscientifico, con le culture anche più ostili – il fondamentalismo islamico, l’ateismo – e anche con diverse etiche.
L’elaborazione
del concetto al dipartimento di Stato coronava l’esperienza di Kissinger
consigliere di Nixon, dal 1968. Il dottor Kissinger, ancora consigliere segreto
del presidente Nixon, perseguiva l’equilibrio delle forze, anche attraverso il
mantenimento o la creazione di punti di forza all’interno dello schieramento
avversario. È preferibile controllare il nemico dal di dentro, era suo
principio. Meno furbo del “Gattopardo”
(“Per il Re, certo, ma per quale Re? Se non ci siamo anche noi quelli ti
combinano la repubblica”) e anzi onesto, cioè dichiarato, in saggi, libri,
conferenze - il “dottor Kissinger” era “il Moralista” di Sordi, preciso, più
che “il dottor Stranamore” di Kubrik e Peter Sellers. Ma sul presupposto che,
se l’equilibrio è una strategia di pace, ci vogliono guerre per arrivarci.
Politicamente, il multipolarismo di
Kissinger sostitutiva, anche se non formalmente, l’atlantismo - l’arroccamento dell’Occidente
su se stesso – e prendeva atto del ruolo non più da protagonista dell’Europa. Il
mondo era multipolare già in “1984”, il romanzo o distopia di Orwell, diviso in
tre, Oceania, Eurasia, Asia Est – l’Oceania era la Nato. La storia si lega alla
nemesi, insegnava il giovane Kissinger storico della Restaurazione, a una sorta
di polizia mondiale. Il multipolarismo di Kissinger è in parte l’equilibrio delle
potenze, della cui elaborazione ha fatto – e continua a fare – perno il
congresso di Vienna di Metternich. Ma di più è quello di Carl Schmitt, delle
proiezioni regionali di un centro unico.
L’impero Usa è tutto in Schmitt, su cui
Kissinger teneva seminari nei primi anni Cinquanta, uscito appena il filosofo ex
captivitate. Ignorandolo poi nella pubblicistica, anche nell’ultimo “Ordine
mondiale”, dove preferisce il modello viennese, l’equilibrio delle potenze.
Il
multipolarismo è diventato la dottrina del paese che ignora la geografia.
Continentale e insulare. È il caso di un’idea che diventa politica e strategia.
Elaborata e imposta solo con la forza delle idee.
Normalizzazione
–
Si fa ora attraverso la poesia. Attraverso il chiacchiericcio della rete, ma in
particolare attraverso l’arte del verso: la poesia si può dire il veicolo della
“normalizzazione”. Era un fatto intimo, che per definizione sfuggiva alla
“normalizzazione dovuta alla logica razionale”, argomenta Peter Trawny nell’ultimo
saggio, “Irrnisfuge: Heideggers Anarchie (fröliche Wissenschaft)”, su
commissione dell’editrice francese Sylvie Crossman, che lo pubblica col titolo
“La liberté d’errer, avec Heidegger”. Oggi invece il medium risolve la poesia in un fatto linguistico – “è per questo
che ci sono oggi più poeti e poetesse che mai”. Parte della “normalizzazione”,
di “un mondo che fa partecipare tutti e ognuno ai suoi disegni”.
Transgender – Segue, come
per un gioco di bascula, all’unisex – non abolito purtroppo, con gravi sofferenze
maschili. La moltiplicazione dei generi dopo l’unificazione. Con 23 generi legali
in Australia e 56 proposti da facebook Usa.
Si potrebbe dirla una teoria neo
gnostica, del dualismo fra corpo e anima. Così la propone Judith Butler nel
recente “Fare e disfare il genere”: “Il sesso biologico esiste, eccome!”, ma necessita
di “un linguaggio”, di “un quadro di comprensione”, di “ordini discorsivi”.
Cioè dello spirito, di un’anima.
In questa forma è come se corresse alla
sua fine, alla velocità cioè, e con l’illusorietà, della moda. Il firmamento Lgbt,
lesbico, gay, bisessuale, transessuale, è già Lgbtq, con l’aggiunta del queer, l’indistinto, e anzi Lgbtqia, con
l’aggiunta dell’intersessuale e dell’asessuato.
A fronte di questa neo gnosi, però, la
chiesa cattolica riscopre il corpo che pervicacemente nega, almeno fino al Sinodo
in corso. Evaporando (idealizzando) anche il rapporto di coppia. O della
santità come annullamento dei sensi. La riscoperta del corpo è ciò che, al
fondo, il papa Bergoglio ha chiesto al Sinodo. Fino al transgender “senza pregiudizi” di un saggio del cardinale Ravasi
sull’ultima “Domenica” del “Sole 24 Ore”. Forse un po’ confuso (si sente affine a
Judith Butler), il cardinale vuole integrare “il sesso biologico” col “genere
socio-culturale”. Prendendo atto che l’essere umano ha natura corporea, oltre
che sensibilità psichica, e entrambe vive e sviluppa in un rapporto interpersonale,
promiscuo.
zeulig@antiit.eu
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