Pasolini
come avrebbe potuto (voluto) essere, non fosse stato per l’urgenza sessuale che
lo demonizzò. Pioniere di un riscoperta della Románia, della parlata ladina dalla
Svizzera romanda a Gorizia, con radici aeree nel catalano. Attorno alla rivista
“Stroligùt” e alla Academiuta de lenga furlana, che egli stesso ha creato e
anima. In una sede voluta dal padre Carlo Alberto, reduce da otto anni di
guerra e di prigionia, non ancora isolato e maledetto dalla candida madre. Col contributo
di altri studiosi, tra essi il catalano Carles Cardò, un sacerdote antifranchista
in esilio autore di una “Storia spirituale della Spagna”. Con un occhio alla
nascente politica delle autonomie, nel Movimento Popolare Friulano e nella
Società Filolo gica Friulana. Allevando una covata di giovani e giovanissimi
poeti. Instancabile e innovativo mentore, in scuole e scuolette più spesso
gratuite, di più generazioni adolescenti alla scoperta della poesia e di sé. Scrivendo molto, almeno una commedia e un dramma in
friulano, e “un’altra opera di ambizioni sbagliate, «Il Cappellano»”. Senza
perdersi, i pomeriggi del sabato e delle feste, una balera - vince anche una
gara di samba, con una ragazza di San Vito.
Un
uomo felice, che la sua padrona di casa a Versuta, Ernesta, così sintetizza: “Lui
vive come un santo. Tutti a Versuta lo dicono. Non perde mai la pazienza, non dice mai una brutta
parola, è sempre disposto a far piaceri agli altri, è sempre allegro e sereno.
I ragazzi le vogliono un bene dell’anima”. Sotto la tutela numinosa di
Gianfranco Contini. Che lo ha capito subito: di questo amico di lontano “o il
caso o l’istinto mi aveva suggerito la soluzione più conforme alla virtù
preclara di Pier Paolo Pasolini, che fu l’amore dell’umile e dell’autentico”.
Un’esistenza solare. Pasolini stesso “è consapevole di avere inventato
un’infinità di miti, tessendo una storia leggendaria dei luoghi friulani che
prima non esisteva”.
Si
riedita per il quarantennale della morte il “libro della memoria” di Pasolini,
sul Friuli dell’infanzia e della giovinezza: la sua - si potrebbe dire con lui
- unica vita, esperienza di vita compiuta e non rifiutata. Anche se finì con
una fuga, una fredda notte d’inverno del 1950, con la madre verso Roma, lontano
dai pettegolezzi e dalla condanne morali - in tribunale sarà assolto, dopo una
prima condanna locale, in appello e in Cassazione. Una raccolta di testi disseminati in
giornali locali e riviste, assemblata da Nico Naldini, primo cugino, più
giovane di sette anni, complice e poi confidente.
La parte migliore è la lunga
introduzione dello stesso Naldini, “Al nuovo lettore di Pasolini”. Anche per il
vecchio lettore.
Naldini
è preciso, fino talvolta all’asprezza: “Il 28 gennaio 1950 ho accompagnato
Susanna e Pier Paolo alla stazione di Casarsa. Era ancora notte… “ è l’inizio.
Ma senza gigionismi o sovrapposizioni – fin dal titolo: “Il titolo della
prefazione ricalca quello con cui Pasolini introduce la prima edizione
economica delle sue poesie”, nel 1970. Un altro mondo.
Sono
prose suddivise su quattro tematiche: lirica, il Friuli, le autonomie, l’insegnamento.
Con un anticipo di “lettere luterane”, un genere si vede caratteriale, la
funzione pedagogica sempre forte in
Pasolini, sulla scuola soprattutto. Prose non memorabili, ma piene di immagini
e racconti: persone, storie, situazioni, “visioni”.
Pier Paolo
Pasolini, Un paese di primule e
temporali, Guanda, pp. 329 € 18
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