sabato 14 novembre 2015

Guerra civile

È guerra ma civile. Della Francia contro i suoi “figli”, gente che ha allevato e le si rivolta contro, con odio crudele.
Gli attentati di Parigi sono anche altro: incapacità di governo, irresponsabilità o inefficienza di polizia. Ma sono soprattutto la rivolta di gruppi non più esigui di giovani islamici francesi. È un dato di fatto, che sta a monte della dialettica politica – anche se finirà per focalizzare l’attenzione sulla politica, il rifiuto dell’immigrazione, il rifiuto dell’integrazione, etc.
Questi gruppi non nascono dal nulla, senza un sostrato sociale, familiare, amicale. Sono migliaia i volontari estremisti, nell’omertà delle famiglie, gli amici, l’ambiente urbano e sociale. Specie in alcune moschee, che sono fucine di odio, nemmeno camufate. Mentre le già occhiutissime polizie, ora con forte presenza di immigrati negli organici, restano inerti. Ed è un dato che accomuna la Francia, col Belgio, alla Gran Bretagna, i paesi che hanno la maggiore immigrazione asiatica e nordafricana di matrice islamica, e più l’hanno integrata – oggi non si può dire “meglio”.
Ci saranno misure di polizia. Ma è la forma dell’integrazione che andrà sotto scrutinio. Da oggi siamo meno liberi, si suole dire in simili occasioni, ed è vero – l’Italia per esempio non si è più liberata della tutela giudiziaria sotto la quale si è posta negli anni delle Br. L’Europa andrà a destra, e ci saranno restrizioni sule, comunità mussulmane, politiche se non civili. E quindi la guerra è solo aperta.  

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