domenica 29 novembre 2015

Il mondo com'è (240)

astolfo

Antisemitismo – È il tema della prima intervista di un papa a un giornalista. Che era una giornalista, socialista, femminista, Caroline Rémy, “Séverine”, inviata di “Le Figaro”. Nel 1892 – l’intervista fu pubblicata il 4 agosto, in prima pagina, in reazione all’antisemitismo montante, che avrebbe portato al caso Dreyfus. “Firma tra le più conosciute del giornalismo francese”, così l’intervistatrice è presentata da Giovanni Maria Vian, “si era presentata al cardinale segretario di Stato, Mariano Rampolla del Tindaro, in una lettera del 9 luglio, come «una donna che era stata cristiana e se ne ricorda, per amare i piccoli e difendere i deboli» e come «una socialista che, se non è in stato di grazia, ha serbato intatto, nel suo cuore ferito, il rispetto profondo della fede, la venerazione delle vecchiaie auguste e delle sovranità prigioniere» - sarebbe stata definita “la grande pretessa del dreyfusismo” (dopo una prima fase d’incertezza). La richiesta fu accolta rapidamente. L’intervista, lunga settanta minuti, fu raccolta  domenica 31 luglio: “Pur rivista dal segretario di Stato, non soddisfece la Santa Sede e sollevò una tempesta mediatica, ma più sul piano politico e diplomatico che sull’oggetto della singolare conversazione tra il Pontefice ottantaduenne e l’ardente giornalista francese” – aveva allora 37 anni e un secondo marito, dopo il divorzio dal primo, occhi chiari, viso triangolare volitivo, fisico prorompente.  Il papa, ricorda Riccardo Calimani nella “Storia degli ebrei”, escluse ogni guerra di religione e tutte le “guerre di razza”, affermando che aveva sempre protetto gli ebrei contro le violenze della plebaglia. Ma aggiunse che la chiesa non poteva non preferire i suoi figli fedeli agli “empi” che la rifiutavano. Alcuni mesi prima, durate le sanguinose violenze accadute a Corfù, il papa aveva inviato a vescovi greci una lettera in cui li invitava alla fratellanza e al rispetto reciproco”.
Rémy fu candidata al Nobel nel 1919 da Anatole France, che ne aveva fatto nel 1908, nell’“Isola dei pinguini”,  Maniflora, “una sorta di maestà civica”, “un simbolo augusto della giustizia e della verità”. Non aderì nel 1921 al partito Comunista francese, morirà nel 1929.

Belgio – Bruxelles, la capitale del Belgio e dell’Europa, è una città fiamminga dove si parla (e si mangia) francese, benché sia ufficialmente bilingue. È anche una città-regione divisa in 19 comuni, ognuno con la sua polizia.
Il francese è anche la lingua dello Stato, che ufficialmente è però bilingue. Ma due belgi su tre sono fiamminghi. Una diecina di riforme costituzionali in meno di mezzo secolo hanno dato al Belgio una struttura federale, con tre regioni, Fiandre, Vallonia e Brucelles, e tre comunità linguistiche (c’è anche una comunità tedesca, di 60-70 mila persone). Ognuna – comunità o regione – con proprio parlamento, e proprie norme.  Sono divisi etnicamente (linguisticamente) anche i maggiori partiti, Cristiano-Democratico, Socialista, Liberale, ma il primo è prevalentemente fiammingo, il secondo vallone, e il terzo dell’area di Bruxelles.
Le forze di polizia sono divise per regione, comunità linguistica, e comune. C’è una sola polizia nazionale, la Gendarmeria, ma ha solo 18 mila effettivi.

Chiesa universale – La sua chiesa universale, che delinea nel “Sistema di politica positiva”, primi anni 1850, Comte volle a mano a mano sempre più italiana – ma il progetto, più che di una chiesa, era in realtà di una unione europea. Nel primo volume, 1850-1851, organizza la Chiesa attorno alla Francia con le “tribù” germaniche, in virtù del protestantesimo, che aveva favorito col libero esame il pensiero razionale. Poi emerse Cavour, e nel quarto volume, 1854, Comte cambia idea: il protestantesimo sbocca sì nell’illuminismo, ma lo blocca allo stadio metafisico. Mentre sul piano politico, invece di generare un potere spirituale, subordina il culto al potere temporale. La religione dell’Umanità dovrà separare di nuovo i due poteri, spirituale e temporale, come aveva fatto il cattolicesimo nei secoli. Perciò l’Italia, e anche la Spagna, nazioni cattoliche, potranno riuscirci, e la Francia, superando il calvinismo.
Il primo e il secondo progetto hanno sede sempre a Parigi, con la Francia al vertice. Ma nel primo il Grande Sacerdote dell’Umanità doveva essere assistito da un collegio di otto francesi, sette inglesi,sei tedeschi, cinque italiani, in rappresentanza di Piemonte, Lombardia, Toscana, Stato della Chiesa, Regno di Napoli, e quattro spagnoli. Nel secondo progetto le rappresentanze nazionali sono uniformate: ognuna esprime un Superiore nazionale presso il Pontefice dell’Umanità, più tre supplenti per le “espansioni coloniali”. Ma l’ordine di precedenza tra le nazioni viene cambiato: l’Italia viene al secondo posto dopo la Francia, seguita da Spagna, Gran Bretagna e Germania.
Comte, negatore degli Stati, pregia l’Italia soprattutto per la sua divisione. La privilegia sulla Spagna anche per non avere un passato schiavista né coloniale: “Il popolo italiano, spesso oppresso, non fu mai oppressore”. Ma soprattutto perché è molteplice: l’Italia va liberata dal giogo austriaco, ma poi si libererà anche di chi vuole farne un monolite, promettendole “l’antico primato”. – solo “nel Nord del paese” Comte rileva “cinque stati incompatibili”.

Est - La fascistizzazione, più o meno legalizzata o de facto, di Ungheria, Romania, Croazia, della stessa Polonia, ne confronti delle minoranze, anche politiche, e degli immigrati, è il lascito della sovietizzazione. Che si faceva un merito, tra la tante stortura, di favorire l’’istruzione, ma evidentemente non sui canali giusti, della libertà e la civiltà – giuridica, culturale, mentale. Domenico De Masi fa su “Style” della violenza di questi paesi un lascito della bolscevizzazione in altro senso: che questi popoli, raggiunta la libertà, non vogliono farsela mettere a rischio. Mentre  è vero che loro stessi la mettono volentieri a rischio, a favore dell’egoismo di classe o di patria. .

Occidente – “Il suicidio dell’Occidente” era opera di James Burnham, il trotskista-anticomunista, del 1964. E di Spengler, naturalmente, nel 1914 o 1917 - il suo è “Il tramonto dell’Occidente”. È opera di destra, di conservatori reazionari, delusi dalla contemporaneità. Cioè dal loro modo di essere, insoddisfatti.

Padre – È sempre meno influente, nella copia scoppiata e nella procreazione assistita. Ma forse è un ritorno: molte società non contemplano il “padre”, non contemplando il marito. A Bagnara e Solano, tra i Na della Cina, in molte tribù africane, nel Sud dell’India, nel Nepal. La donna fa quello che vuole con chi le viene a tiro, se ci sono figli se ne occupa il fratello. Il matriarcato all’origine delle società sarà pure tesi non storica, ma è come se.

Renzi – Evoca Fanfani per l’attivismo, oltre che per l’accento, e Craxi per il partito del Capo. Due antipatici, dentro e fuori del loro partito.  Con due destini antitetici. Fanfani fu annientato dall’interno della Dc, da Moro e Andreotti. Craxi dai giudici dei suoi nemici esterni: Andreotti, il Msi, e il Pci. Come gli andrà a finire? La “coalizione” anti-Craxi non è più possibile, Andreotti è morto, i missini e i comunisti non ci sono più, e non ci sono nel Pd i Moro e gli Andreotti, scappano tutti. 

astolfo@antiit.eu

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