Il
caso Tavecchio è quello delle intercettazioni. Tavecchio è quello che è, uno
che pensa di poter parlare ancora liberamente, non corretto. Dando
dell’“ebreazzo” a un immobiliarista al quale ha appena consentito un lauto
affare, suo probabile amico.
Si
è tentato di farne un caso perfino diplomatico, ma il caso è quello di chi ha
registrato le telefonate amichevoli. Ha tentato di scroccare soldi a Tavecchio.
E poi – molto dopo – è andato a deporre le registrazioni al “Corriere della
sport”. Che potrebbe averlo “pagato” per questo – in qualche modo lo ha pagato
o pagherà.
Il
caso è anche di un giornale nazionale che si presta a simili operazioni. Ma
questo non fa più scandalo: i giornali non hanno più dignità, sguazzano nei
pettegolezzi. È anche per questo che sono in declino, ma è affare loro.
Tavecchio
non è comunque un problema. Sono in tanti, anche al “Corriere dello sport”, a
volere il suo post. Lotte burocratiche, non ci riguardano.
Il
problema è che non si può più parlare, neanche di sciocchezze. E non nella
grande distopia politica del Grande Fratello. No, nelle chiacchiere da bar.
Chiedere
se è lecito registrare le conversazioni amichevoli e poi vendersele è inutile.
Ci vorrebbe una giustizia per decidere, che invece è parte in causa. Fino a che
non verranno intercettati i giudici – altro che Tavecchio!
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