lunedì 23 novembre 2015

La Resistenza fu grande in Germania, ma non si dice

Da Giuseppe Leuzzi, “Gentile Germania”:
“Fu popolare la resistenza a Hitler, e in senso proprio, di opposizione, benché non si dica. Il conto dei prigionieri politici non si fa, ma furono almeno cinquantamila. O dieci volte tanti, per dieci giorni, dieci mesi, dieci anni. A migliaia restarono in cattività tutt’e dodici gli anni di Hitler.
“Si opposero anche gli artisti. Qualcuno preferì emigrare, ripartire da zero. Stefan George, pur reazionario, volle morire a Minusio di Locarno per evitare il funerale nazista. I tedeschi sono esagerati, e anche nella resistenza non si smentiscono. Il poeta Metzger piuttosto si fece fucilare. Un sergente Anton Schmidt si mise a salvare gli ebrei, gratis, per cinque mesi, poi lo fucilarono. Un bellissimo sergente venticinquenne delle SS voleva far evadere Vrba da Auschwitz in uniforme da alto ufficiale, con lui attendente. Salvò invece Lederer, l’unico che si fidò di lui: lo portò a Praga in treno in prima classe. Si chiamava Viktor Pestek. Poi tornò ad Auschwitz benché ricercatissimo, pretendeva di far evadere un ragazza di cui s’era innamorato, ma un tedesco lo riconobbe e lo denunciò, e finì al forno. E c’erano ebrei nascosti variamente in Germania a guerra finita, malgrado il puntiglio della persecuzione. Non quanti si vorrebbe, ma sempre un buon numero. Forse per questo i valorosi congiurati del ‘44 non menzionano mai gli ebrei.
“Almeno centomila soldati si ribellarono a Hitler in guerra, non tutti renitenti, una buona metà si batté con la Resistenza in Grecia e Jugoslavia, qualcuno all’Est. In Italia non si può dire, ma la presenza tedesca nella Resistenza “ha raggiunto dimensioni ragguardevoli”, ha convenuto lo storico Battaglia: “In tutte le regioni del Nord, senza eccezioni, è dimostrata la presenza di tedeschi nelle principali formazioni partigiane” – l’ha riconosciuto in tedesco, in convegno a Vienna. A Civitella d’Arezzo, dove più si facevano rappresaglie, la polizia tedesca ha contabilizzato 721 diserzioni nel solo luglio del 1944.
“La storia di Hitler è anche quella dei tanti tedeschi morti contro, più che in qualsiasi altro movimento europeo di Resistenza. Prima della Soluzione Finale i lager furono per dieci anni pieni di tedeschi. Socialisti, comunisti, liberali, le élites quasi tutte, che in Germania ancora godevano di credito, aristocratici, generali, industriali, cristiani. Resistette pure Heidegger, che nel ‘34 disse: “La cattiva essenza falsifica la vera direzione e la muta in seduzione”, per una volta senza sottigliezze, “la Führung trasforma in Verführung” - e non lo fecero sottosegretario.
“A un certo punto i diecimila lager non bastarono, si dovettero moltiplicare le esecuzioni. Il Plötzensee, il carcere presso Berlino dove sono state eseguite un quarto delle 16.560 condanne a morte accertate nel dodicennio, tutte di tedeschi-tedeschi, fu attrezzato per esecuzioni simultanee, otto alla volta per impiccagione. Più tecniche sperimentali varie: la ghigliottina piacque, e Hitler la sostituì all’ascia. Il record fu stabilito la notte del 7 agosto ‘44 con trecento decapitazioni. Furono ghigliottinati tutti i detenuti del Plötzensee, per il timore che scappassero sotto le bombe”.

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