Amore – Simenon lo scoprì a settant’anni. Dopo averlo
cercato tutta la vita, con ferocia, in due lunghi matrimoni, di oltre vent’anni
l’uno, finiti in liti sordide, velenose, patrimoniali, dopo essersi sbranati da
separati in casa. Barando, anche lui: “Ho barato, anch’io per ottenere quella
tenerezza che non mi è stata data. Ora la conosco. La aspiro, direi, da tutti i
pori della pelle. Ne godo dal risveglio fino al momento di mettermi a letto e
potrei dire che ne godo ancora durante il sonno. Conosco infine la coppia,
faccio parte di una coppia, do e mi si dà al centuplo. È così che, a
settantadue anni, ho una fame di vita che non avevo mai sentito. Invecchiare lo
pensavo come una diminuzione. So ora che può essere un arricchimento, che
un uomo della mia età può conoscere la
pienezza dietro la quale ha corso tutta la vita. Non sono il solo. Non sono il
solo ad aver cercato questa tenerezza che è al vera forma dell’amore”.
Avanguardia\Tradizione – C’è ben più vitalismo, a
cose fatte, tutto somato, a posteriori, nella tradizione che nell’avanguardia. L’una
comporta un senso di vecchio, antiquato, fuligginoso, l’altra di innovazione,
attività furiosa, rapidità, ma alla sommatoria l’inverso emerge, l’avanguardia
è rugginosa, e più povera che ricca. La conclusione viene ovvia scorrendo le mostre
in corso al Palazzo delle Esposizioni di Roma: la collezione Phillips di
Washigton, chr inaugurò negli anni 1920 il museo negli Usa, con un capolavoro
di sessanta artisti significativi dell’ultimo mezzo secolo, europei più che americani;
una mostra sul design italiano applicato nel primo Novecento fino alla guerra, intitolata
“Una dolce vita? Dal liberty al design italiano 1900-1940”: e una mostra sulla
pittura russa negli anni del bolscevismo, centrata sulla celebrazione della
meccanizzazione e il trasporto, così importante in quel paese sterminato,
“Russia on the Road 1920-1990”. E tanto più la tradizione s’impone nei due
paesi, Italia e Russia, soggetti a dittature. Con un doppio perverso effetto,
dunque, come se gli istinti vitali si acuissero in assenza di libertà.
Il
design italiano del “ritorno alle origini”, di Novecento, Realismo Magico,
Metafisica, si compara molto positivamente rispetto ai reperti del futursimo,
oggetti d’arte o d’uso – mobilia, tappezzeria, vasellame, etc. Sia per la parte
creativa – forme, colori, volumetrie – sia per quella artigianale, realizzativa.
Come se la scarsa capacità inventiva si accompagnasse a una realizzazione aprossimativa,
poco curata o poco capace.
Lo
stesso effetto fa l’arte del secondo Ottocento-primo Novecento vista
cronologicamente, come è ordinata la collezione Phillips, o al paragone col
pompierismo dei sessanta quadri russi sui mezzi di locomozione. Non c’è
paragone fra la vitalità, anche dei quadri di maniera sovietici, per il taglio,
il colore, la suggestione, rispetto ala opacità di molto avanguardismo europeo
e poi americano, tra geometrie rigide, colori sterili, macchie informali.
Céline – Ha al passivo
l’antisemitismo, e all’attivo, oltre allo “stile”, la medicina dei poveri che praticò
sempre. Su questo però non si riflette abbastanza: che si avvicinò alla medicina
con una tesi su Semmelweiss. Un programma. Il medico “salvatore delle madri” fu
osteggiato al punto da finire in manicomio – dove forse fu finito dalle
guardie.
U. Eco – Rilegge il passato. Dal “Nome della rosa” in
poi, nella serie ormai lunga dei romanzi. Non lo inventa, lo ripropone.: come
se da scienziato dei segni lo riscoprisse. Ma non lontano dal senso comune, in
questo “Numero zero” come nel precedente “Cimitero di Praga” etc.. Una
rilettura, una delle sfide del postmoderno. Per questo sa anche già un po’ di
muffa.
Le sue
trame, oltre che il dettagliamo parascientifico, sono una sfida al senso
comune. Chissà se si rileggeranno quando il senso comune sarà quello dei suoi
romanzi.
Italia - Si
vicende facile il “Numero Zero” di Eco all’estero, ha tutti gli ingredienti del
pronto consumo, gli stereotipi: Mussolini, mafie, bufale mediatiche, assassinii.
Come promette il soffietto pubblicitario del suo editore americano. Ma la
pubblicità è assicurata in automatico ovunque, in inglese, spagnolo, francese,
tedesco, cinese, indiano, russo: semplice, è un “romanzo” che è l’idea globale
dell’Italia. Specie per chi non ha ogni giorno da trenta-quarant’anni la stessa
zuppa da ingoiare, se ancora legge il giornale.
Lista –Magris discute con Charles Dantzig sul “Corriere
della sera” la passione delle liste, degli elenchi, senza mai un accenno a Umberto
Eco, il maestro delle liste. L’occasione è un libro di Dantzig, “Enciclopedia
capricciosa di tutto e di niente”, ma niente Eco, nemmeno di straforo. Ci sono
Ovidio, D’Annunzio, e Riccardo Castellana, ma non Eco. Che peraltro è l’autore
di punta della Bompiani, casa editrice fino
a ieri di proprietà della Rcs-Corriere della sera. O da oggi non si citano più
i libri della ex Rcs, ora Mondadori?
Nobel – Pìrandello era stato nominato al Nobel alcuni
anni prima del 1934, quando fu premiato, scrive Giorgio Dell’Arti sull’altra “Domenica”
del “Sole 24 Ore”, ma l’opposizione del precedente Nobel italiano glielo precluse. Era – e forse è - pratica corrente
sentire i Nobel in carica prima di dare il premio.
Il
“precedente Nobel” era Grazia Deledda. Il cui marito Pirandello aveva reso in
giro nel romanzo “Suo marito”. Pirandello rispettava molto Deledda, e di fronte
alle rimostranze di lei ritirò il romanzo. Lo riscriverà, con un altro nome,
un’ambientazione non più sardo-romana ma piemontese-romana, e un personaggio
maschile leggermente modificato, ma di malavoglia, senza terminarlo – lo pubblicherà
il figlio Stefano, col titolo “Giustino Roncella nato Boggiolo”.
Tempo – Simenon, sempre nella “Autobiografia”: “Si parla
delle età come se ogni periodo esistesse per se stesso e come se il tempo
esistesse. Ora comincio a credere che il tempo non esiste. Di che tempo si
tratterebbe? In astronomia si conta in
anni luce. Per ogni specie animale è diverso. Per me tutte le età della vita
non ne formano che una, bene incastrata.” Si è vecchi, dice lo scrittore
intristito dai suoi veneratori, perché si è considerati vecchi.
Viaggio – “L’andare e il tornare l’ha creato Dio”, è
proverbio calabrese.
letterautore@antiit.eu
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