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giovedì 26 novembre 2015

Letture - 236

letterautore

Dante  - Fu islamico, perché no, benché eretico, se si legge la “Commedia”. Non solo dunque l’ha copiata, come Maria Corti e Asìn Palacios (questi a sua insaputa) vorrebbero, ma era islamizzante, già all’epoca, un po’. Collocò Maometto all’inferno ma in quanto eretico – anche l’islam ha le sue ortodossie. Ma al canto IV della stessa cantica nel Limbo, pose, Saladino, il grande condottiero, Avicenna e Averroé.
Saladino gli era noto per le meraviglie dei Crociati, che aveva sconfitto. Di Avicenna e Averroè sapeva invece poco e male, ma non esita. Li conosceva attraverso la Scolastica, che li teneva in gran conto – non sarà la Scolastica anch’essa, nel segreto, nel profondo, una copertura dell’islam (un ayatollah Tomaso d’Aquino non sarebbe male)?

Fu il poeta dei poeti di Comte, il padre del positivismo e il sul faro eprsonale. Lo voleva a Parigi, al centro del suo Stato Universale, spostandone materialmente il feretro, già passato da Firenze a Ravenna (no: le ossa di Dante furono nascoste più volte dai frati francescani di Ravenna per evitare il trasloco). Dal 1846, e quindi per undici anni, dalla morte prematura di Clotilde de Vaux, il suo amore platonico, lesse ogni sera un canto di Dante, come quello che aveva perduto, anche lui,  prematuramente l’amata. E il poema che doveva accompagnare e celebrare il suo progetto di “Umanità” o Chiesa universale, doveva essere composto come la “Comedia”, in terzine, canti e cantiche. Ma in “opposizione dinamica”: la “Commedia” è statica, riferisce una visione, il poema dell’Umanità doveva essere invece quello di una vita vissuta, la sua – con la “discesa all’inferno” nei cinque mesi successivi alla morte di Clotilde, la risalita, etc.
Dante è molto “studiato” anche nelle carceri, al modo antico, a memoria. Come esercizio mnemonico-melodico, e per la vasta terminologia, che necessita di continuo apprendimento.

Highsmith – Il cattivissimo Mr. Ripley di tante avventure italiote era una donna. Amata e odiata. Sì, si sospettava, vedendolo sempre cattivo, troppo. Il procedimento di Patricia Highsmith è d’incatenare un’ossessione all’altra, fino alla dissoluzione. Ma era quello che lei stessa faceva con le amanti, che non duravano un anno.  Questo è stato accertato dai biografi, che lei l’amore concepiva come l’assassinio, una delle due parti doveva morire nell’atto – amava altre stranezze, ma non cruente: irrideva ai negri e agli ebrei, viveva tra le lumache, che si portava ai parties in borsetta, evitava le biblioteche per non incontrarci donne mestruate, era legata alla mamma, bella, giovanile, pittrice-illustratrice e pazza, benché già morta alcolizzata. La novità è che, prima che giallista, Highsmith si voleva scrittrice romantica, e aveva scritto una storia lesbica molto sentimentale, “The Price of Salt”. Poi optò per la violenza ossessiva, ma il romanzetto ha avuto enorme fortuna, oltre un milione di copie solo negli Usa, e ora se ne fa un film, “Carol”, regista Todd Haynes. Il film-romanzo, benché romantico, è anch’esso del genere uccidere-chi-si-ama.
Italiano – Doveva essere la lingua universale di Comte. La lingua della sua religione positiva.
Perché la religione positiva facesse adepti doveva dotarsi di una lingua viva – parlata e non artificiale - e comune. Cinque erano le lingue parlate della sua chiesa universale: francese, inglese, tedesco, spagnolo e italiano. Ma una doveva primeggiare e sarebbe stata l’italiano: le altre dovevano porsi “sotto la presidenza della più musicale”.
L’italiano Comte sceglieva a lingua universale, oltre che per la musicalità e la poesia, per essere la lingua della popolazione più pacifica e più dotata di senso del bello, e la sola esente dalla tratta e dal colonialismo. Se le Nazioni Unite fossero nate sulla base del suo “Sistema di politica positiva”, 1851, avrebbero parlato italiano invece che inglese? Non solo: a un italiano di genio, convertito al positivismo, aggiungeva Comte, sarebbe spettato di scrivere il poema della rivoluzione occidentale , “della quale l’opera incomparabile di Dante ha segnato l’inizio”.

Pasolini – Il suo funerale fu organizzato dal Pci, sontuoso, retorico, liturgico, devoto. Il partito Comunista ne era diventato specialista, aveva cominciato con Malaparte – “rubarsi i funerali” era pratica che cent’anni prima Gioberti, che era abate, rimproverava ai gesuiti. Pasolini si era staccato dal Pci da qualche anno, esibendosi con i radicali e alcuni gruppuscoli, ma è dubbio che avrebbe rifiutato il funerale politico. Si voleva “legato al partito” comunque, per il Pci aveva dimenticato presto il fratello Guido partigiano, ucciso a tradimento dai comunisti, e la persecuzione dei comunisti in quanto pederasta impunito.
Il Pci di Berlinguer lo celebrò nell’ottica del “popolo diverso” che andava opponendo all’Italia, benché l’Italia lo avesse votato e lo votasse. Pasolini in quest’ottica si riconosceva.

“Pasolini non esiste. È un’invenzione. Il suo era un moralismo protestatario.  Le crisi, i dubbi: era tutto un cullarsi”. Valentino Zeichen non ha dubbi,  intervistato da Piero Melati sul “Venerdì di Repubblica”. E anche questo è vero – però “esisteva”, eccome, e ancora esiste..

Personaggi – I personaggi del romanzo sono marionette in mano all’autore, si sa. Sono anche marionette perverse, che a volte s’impongono all’autore. Dev’essere in qualche “favola” di Walt Disney che i personaggi-fantocci si ribellano. Anche in Pirandello naturalmente, i personaggi in cerca di autore. Ma ce ne sono pure di storici: nel senso che, seppure d’invenzione, diventano punti di riferimento e metri di paragone. Molti di Omero, di Dante, di Shakespeare – di Flaubert, di Tolstòj. Sono i personaggi che fanno la letteratura, non le tematiche o le vicende – la storia d’amore, d’avventura, etc, il “genere” non lascia traccia.

Slovenia – Boris Pahor ha denunciato e continua a denunciare, in lingua italiana, i torti dell’Italia verso gli sloveni. Sembra un caso unico e invece non è il solo, altri sloveni scrivono in italiano, vivendo a Trieste o nei dintorni. Con – e senza - recriminazioni.
L’animosità antislovena che Pahor attribuisce al fascismo in realtà fu frutto della Grande Guerra. Corrado Alvaro, che i suoi racconti di guerra ha popolato di uomini sloveni in guerra “dall’altra parte”, e di donne slovene vittime delle trincee, non si trovava in loro compagnia fuori luogo. È stato l’unico però a scriverne, tra i tanti memorialisti della guerra – e presentiva che non sarebbe finita bene.

Stendhal – Gli amici e estimatori lessero “Il rosso e il nero” più come un romanzo nero, di cuore e di progetto. Il suo alter ego Mérimée si congratulò perché, a suo dire, Stendhal aveva “esposto e messo in luce certe piaghe del cuore umano troppo sporche per essere viste”. Il “carattere di Julien”, continuava, ha “tratti atroci, di cui tutti sentono la verità ma che fanno orrore”.
Barbey d’Aurevilly ci mette anche “La certosa”. Di Stendhal scriverà nel 1855: “Beyle, uno scellerato d’idee, lo so, lo scrittore che ha pensato con tanto vigore «Il rosso e il nero» e «La certosa di Parma», quest’uomo che, con la sua perfidia e le sue perversità, brilla di una luce oscura e dura…”. Zola, che lo proclamerà “il nostro più grande romanziere” nelle sue “Causeries” del 1881, spiega che “studiava gli uomini come insetti strani, che vivono e muoiono sospinti da forze fatali”. Li studiava dall’alto, da lontano: “Non simpatizzava con i suoi eroi, restava superire ala loro miseria e alla loro follia, si contentava del suo lavoro di dissezione”. Tutto il contrario dello Stendhal dei diari e delle lettere, emotivo, gregario.

letterautore@antiit.eu 

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