sabato 21 novembre 2015

Secondi pensieri - 240

zeulig

America – È cinema, si sa, la mitografia del Novecento – con annessa, ora, Silicon Valley. Ma non perché i miti li sa vendere, bensì perché li sa creare, per la famosa innocenza – l’innocenza libera, la colpa assoggetta. Come Omero, fabbrica anonimi, produttori, registi, attori, truccatori, poco lirici ma possenti. Ed è cinematografica per una sua speciale costituzione materiale. O questa è l’effetto della mitolessia: per l’onestà del diritto, la giustizia.

Romano è l’impero americano anche per essere fortemente allogeno, un vasto popolo di meteci attorno a un nucleo dominante. Per i molti una promessa e una speranza, malgrado la durezza. Da ammirare, l’America ha il destino che si è costruito - se sono solitamente i migliori, i migranti sono anche i peggiori, E da temere, è uno scacciasassi. Romano non era latino, nome di una razza o tribù, ma un premio, il riconoscimento di un privilegio. L’imperium romanum non era militare né dittatoriale, neppure giuridico a guardarci bene, le leggi erano molteplici, ma un comune sentire e un modo di vita. È riconoscersi nella causa dei soggetti, darne l’impressione. Un imperialismo che accomuna e non esclude i sudditi. Roma fu repubblicana anche nell’impero: c’era a Roma una nobilitas plebea, pare a pieno titolo del gruppo dirigente: famiglie plebee sedevano in Senato e figuravano tra i cavalieri. Così in America, c’è povertà e anzi indigenza, più che in paesi meno ricchi come l’Italia, ma non c’è l’invidia sociale. Il sogno americano del Number One è ridicolo, ma la legge dà a ognuno la dignità, il senso della legge che è forte anche tra i criminali.

Contro-giustizia – Nasce mezzo secolo fa come esercizio sovversivo per una migliore giustizia, democratica. Contro i santuari del potere: è “poter esercitare, nei confronti di qualcuno che sfugge di solito alla giustizia, un atto giudiziario”, per Foucault in un testo che si legge in “Microfisica del potere”, la raccolta di interventi politici curata nel 1977 da Alessandro Fontana e Pasquale Pasquino.
Lo stesso Foucault, però, la trova contemporaneamente contraddittoria: “Nei confronti della giustizia, la lotta può prendere diverse forme. Innanzitutto, la si può attaccare attraverso le sue stesse regole. Evidentemente non è un atto di giustizia popolare, è un tranello teso alla giustizia borghese. In secondo luogo, si possono compiere degli atti di guerriglia contro il potere della giustizia e impedirgli di esercitarsi. Per esempio, sfuggire alla polizia, schermire un tribunale, andare a chiedere i conti a un giudice. Tutto questo è guerriglia antigiudiziaria, ma non è ancora contro-giustizia”.
Foucault presuppone la “lotta” contro la “giustizia borghese”.Ma poi rileva che, nel suo esercizio, la contro-giustizia diventa sovversiva, quindi contraria alla giustizia. E non può essere altrimenti: “Quando si esercita un potere bisogna che il modo in cui lo si esercita – e che deve essere visibile, solenne, simbolico – non rinvii che al potere che si sta effettivamente esercitando, e non ad altro potere che non è realmente esercitato in quel momento”.
Il dilemma è stato sciolto dalla giustizia di “Mani Pulite”, da Di Pietro a Ingroia, facendo della giustizia il contropotere e insieme il potere, nell’irrealtà (abolizione) della giustizia stessa, dell’insieme di norme e procedure su cui si vuole regolata. Ma questa è, con pochi, minuti, aggiustamenti, la “giustizia” su cui Manzoni ha costruito i “Promessi Sposi”: “La forza legale non proteggeva in alcun conto l’uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far punire altrui. Non già che mancassero violenze e pene contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolareggiati, con minuta prolissità….”. Con effetti protervi. Contro l’individuo: “(Le leggi) potevano ben esse inceppare a ogni passo, e molestare l’uomo bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perché, col fine d’aver sotto la mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto, assoggettavano ogni mossa del privato al volere arbitrario d’esecutori d’ogni genere”. E contro la società: “L’uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d’essere offeso, cerca naturalmente alleati e compagni”. Si rafforzano i gruppi, si creano cordate – Manzoni cita il clero, la nobiltà, i militari, i mercanti, gli artigiani, i giurisperiti, i medici: “Ognuna di queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e propria; in ognuna l’individuo trovava il vantaggio d’impiegare per sé, a proporzione della sua autorità e della sua destrezza, le forze riunite di molti: i più onesti si valevano di questo vantaggio a difesa soltanto; gli astuti e i facinorosi ne approfittavano, per condurre a termine ribalderie..”.

È parte, è stata, dell’idea dei contropoteri, attorno alla controinformazione, o informazione libera  Una entri sociali.

Poesia – È veicolo del divino per sant’Agostino, del religioso. L’introspezione, la ricerca di sé, la coscienza come creazione e insieme manifestazione del divino. Come nella concezione oraziana, del poeta che non può essere un mediocre. Ma di più, in una concezione della divinità che è ricerca e non Olimpo di dati. Tensione cioè costante e mai finita, come l’eterno, l’infinito.

Verità – Non “al di fuori del potere” la voleva Foucault. Non “al di fuori”, in realtà: del soggetto, del contesto, della storia.
È uno strumento più che un fine. Dice meglio Foucault nel prosieguo: “La verità è di questo mondo; essa vi è prodotta grazie a molteplici costrizioni…. Ogni società ha il suo regime di verità, la sua «politica generale» della verità”.

Viaggio – “L’andare e il tornare l’ha creato dio”, è proverbio calabrese.

È interno allo stesso modo che esterno – è esterno per essere interno. “Parto per ritornare” sarebbe - sarebbe stato - il saluto giapponese del partente, secondo Lévi-Strauss, come se il viaggio fosse stato una costrizione, un adempimento doloroso.

È nel tempo anche o più che nello spazio, come dice Benjamin: “Lo stimolo epidermico, l’esotico, il pittoresco prendono solo lo straniero”, mentre il nativo “si sposta nel tempo invece che nello spazio” (il suo “libro di viaggi… avrà sempre affinità col libro di memorie”). O Lévi-Strauss: “Un viaggio si inserisce simultaneamente nello spazio, nel tempo e nella gerarchia sociale” - come sa la letteratura dell’ebreo errante.

zeulig@antiit.eu 

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