Bilancio, immigrazione, sicurezza, Russia: all’improvviso l’Europa è
diventata “centrale” anche per il governo, non più il solito vincolo esterno. E
qui casca l’asino, Renzi. Di un velleitarismo, o provincialismo, sbalorditivo.
Di vecchia scuola democristiana, purtroppo, e quindi da temere radicato – su altre
questioni Renzi ha ottimi consulenti, su questa no. Un provincialismo che l’Italia
ha sempre pagato caro, ma ora ha costi intollerabili. Ora, in questa Europa di
pescicani.
Negli affari internazionali non serve baccagliare, o fare la voce grossa.
La Toscana, che lo dice stigmatizzando, e il toscanissimo Renzi stranamente non si incontrano su questo terreno. Negli affari internazionali bisogna calcolare e avere modo. Mentre l’Italia
si è messa – Renzi si è messo a furia di vociferazioni senza seguito -
nell’angolo del ring, chi vuole può colpire.
La vera Grande Riforma sarebbe sbarazzarsi di questo assurdo provincialismo.
Che riemerge inaffondabile, ora con Renzi e Mattarella. E il Vaticano non ci
può più nulla, che invece si è svecchiato, e vive da tempo all’ora della scelta
europea.
Ma. Se non si può reinventare la classe dirigente via confessionale, non
più, perché non si potrebbe via voto? Nessuno che proponga: attenzione, l’Europa
non è Salvini né Renzi, l’Europa è... Che cosa è? L’Europa è da scoprire.
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