Inverosimili
copricapi d’inverosimili capi indiani e vecchi beatnik col codino declinano la
morte del pianeta a Parigi. Ma la kermesse non è stata di parata, dietro il
folklore c’è un business solido. E oggi sono tutti contenti coi cento miliardi
da spendere nei paesi del “Terzo mondo” – a Parigi c’è ancora il Terzo mondo…
La
morte del pianeta sarebbe evitata nell’immediato, e di colpo, abolendo il
motore a scoppio: basterebbe l’idrogeno, o altra miscela non fossile, e l’aria torna
subito pulita, il surriscaldamento stpopato. Ma questo non era in agenda, non si fanno ricerche di combustibili
alternativi. Si investe – soldi pubblici – per ridurre le emissioni nocive dopo
averle prodotte e non per evitarne la produzione. Il resto – la deforestazione,
le mascherine, etc. - serve a duper le
bourgeois, sempre tenero di cuore, perché apra il portafoglio contento.
Gli
obiettivi restano vaghi, gli impegni imprecisi, tutto ciò che serve è creare un
po’ di panico che giustifichi presso l’opinione pubblica l’impegno di ingenti
risorse pubbliche per il business. Obama lo ha detto all’apertura: “Mostriamo
agli affari e agli investitori che l’economia globale è sul cammino stabile per
un futuro a basso carbonio. Ci sono centinaia di miliardi di dollari pronti
all’uso in giro per il mondo se avranno il segnale che abbiamo intenzioni serie. Mandiamo quel segnale”. Era questo
il messaggio del primo presidente americano che lanciò l’industria dell’antinquinamento: Nixon, appena eletto, fine 1968.
A Obama ha fatto eco il
giorno dopo Ban-ki-moon, il segretario dell’Onu: “Affari e investitori si
aspettano un forte accordo a Parigi che mandi al mercato i giusti segnali”. E
il segretario di Stato Kerry il giorno successivo: “Quello che stiamo facendo è
mandare al mercato un segnale straordinario”.
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