sabato 12 dicembre 2015

Ecobusiness a Parigi

Inverosimili copricapi d’inverosimili capi indiani e vecchi beatnik col codino declinano la morte del pianeta a Parigi. Ma la kermesse non è stata di parata, dietro il folklore c’è un business solido. E oggi sono tutti contenti coi cento miliardi da spendere nei paesi del “Terzo mondo” – a Parigi c’è ancora il Terzo mondo…
La morte del pianeta sarebbe evitata nell’immediato, e di colpo, abolendo il motore a scoppio: basterebbe l’idrogeno, o altra miscela non fossile, e l’aria torna subito pulita, il surriscaldamento stpopato. Ma questo non era in agenda, non si fanno ricerche di combustibili alternativi. Si investe – soldi pubblici – per ridurre le emissioni nocive dopo averle prodotte e non per evitarne la produzione. Il resto – la deforestazione, le mascherine, etc. - serve a duper le bourgeois, sempre tenero di cuore, perché apra il portafoglio contento.
Gli obiettivi restano vaghi, gli impegni imprecisi, tutto ciò che serve è creare un po’ di panico che giustifichi presso l’opinione pubblica l’impegno di ingenti risorse pubbliche per il business. Obama lo ha detto all’apertura: “Mostriamo agli affari e agli investitori che l’economia globale è sul cammino stabile per un futuro a basso carbonio. Ci sono centinaia di miliardi di dollari pronti all’uso in giro per il mondo se avranno il segnale che abbiamo intenzioni serie. Mandiamo quel segnale”. Era questo il messaggio del primo presidente americano che lanciò l’industria dell’antinquinamento: Nixon, appena eletto, fine 1968.
A Obama ha fatto eco il giorno dopo Ban-ki-moon, il segretario dell’Onu: “Affari e investitori si aspettano un forte accordo a Parigi che mandi al mercato i giusti segnali”. E il segretario di Stato Kerry il giorno successivo: “Quello che stiamo facendo è mandare al mercato un segnale straordinario”.

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