Un
digesto della propria vita, densa e avventurosa, è il racconto del titolo. Di
uno scritore che morirà poco dopo di tisi a 29 anni, nel 1900. Dopo avere
rinnovato il giornalismo di guerra, da inviato senza soste dappertutto dove
c’erano conflitti. Nonché la prosa e la narrativa anglosassone, introducendovi i temi del naturalismo e l’esposizione
semplice, diretta - dialoghi, parole, psicologie.
Inviato
a Cuba come corrispondente di guerra, restò per trenta ore su un dinghy in prossimità dell’isola, dopo l’inabissamento
della nave di trasporto, la “Commodore”, in compagnia di altri tre naufraghi,
uno dei quali morirà prima del salvataggio. Crane racconta il naufragio con
apparente cinismo, che è invece il prezzo del rivolgimento che attuava nella
narrativa.
Gli
altri due racconti della piccola raccolta, “Fuga a cavallo” e “Flanagan e la
sua breve vita di filibustiere”, confermano l’inquieta mobilità della sua
stessa “breve vita”. Nono figlio sopravvissuto, su quattrodici, di un padre pastore
metodista, Crane scriveva già a quattro anni, e a sedici aveva pubblicato i
primi articoli. A 22 anni debuttò con lo zoliano racconto “Maggie”, una figlia perduta
della Bowery, i “bassi” di New York, e a 24 scalò il sucesso col “Segno rosso
del coraggio”, il miglior racconto della guerra civile americana, che
naturalmente non aveva vissuto.
Stephen
Crane, La scialuppa, Il Sole 24 Ore,
pp. 79 € 0,50
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