Sono
arrivati in Europa quest’anno, nei primi dieci mesi, 800 mila immigrati irregolari,
attraverso il Mediterraneo e l’Est balcanico – ma un milione era arrivato
l’anno scorso, e l’ondata non si è esaurita. Più della metà sono giovanissimi,
sotto i ventisei anni – almeno 150 mila bambini.
Arrivano
perché c’è la disperazione nei paesi d’origine: guerre, persecuzioni, odi
tribali, religiosi, etc. . Ma la disperazione c’è sempre stata, in Asia e in
Africa. Arrivano ora in gran numero perché c’è lavoro: semischiavistico, ma
c’è. E di più ce ne sarà: alcune delle maggiori economie europee, la Germania e
l’Italia in testa, essendo ormai stabilmente nel cosiddetto “inverno
demografico”, con nascite da tre anni inferiori ai decessi.
In
molte attività, quasi tutta l’agricoltura, e una buona metà del lavoro in
edilizia e anche in fabbrica (facendo una media dei lavori usuranti e di quelli
leggeri), il lavoro è immigrato. E le previsioni – sempre attendibili in
demografia – sono che la Germania avrà nel 2050 cinque milioni di tedeschi autoctoni
in meno, e l’Italia quattro. Con un aumento dell’età mediana della popolazione:
più anziani, meno giovani, in Germania, in Italia e anche altrove. Con una doppia
divaricazione: meno lavoro giovane specializzato, maggiori previdenziali e
sanitari. Nelle fasce d’età operative, tra i venti e i sessantacinque anni, il
calo demografico sarà di otto milioni in Germania e di sei in Italia. Mantenere
anche soltanto un grado minimo di crescita delle economie, quale si sta purtroppo
registrando da alcuni anni, richiede sempre più forza lavoro giovane immigrata.
La
“decrescita”, che si ipotizza per riequilibrare l’“inverno demografico”, si è
dimostrata non praticabile. Non per grandi economie e non a lungo termine. Negli
anni 1960, quando il rischio invece era la sovrappopolazione, si era ipotizzato
un esito analogo, la crescita zero. E si era anche praticato. La crescita zero
aveva adottato, proprio per non gravarsi di Gastarbeiter,
lavoratori d’immigrazione, l’Austria. All’opposto dell’altro Stato neutrale
nella guerra fredda, la Svizzera. La Svizzera si riempiva di immigrati,
l’Austria non ne volle nessuno. Prosperando ugualmente, in settori a bassa
intensità di lavoro. Ma fino a un certo punto: poi dovette aprire le frontiere.
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