“La
fantasticheria sfrenata delle donne sole” Colette ritrova nel suo vecchio
appartamentino, ora abitato da una dattilografa che la serve occasionalmente.
Suo di un’epoca – quella dell’infelice matrimonio giovanissima col traditore
Willy – in cui lei stessa, nelle stesse stanze, fantasticava amaro. La stessa
storia ora si ripropone, tra sortilegi e maledizioni a esito alterno: magia dei
luoghi?
Colette
ripercorre felice l’amore infelice, ancora doloroso a distanza di trent’anni,
ancora giovane mentre va per i settanta, in una Parigi occupata di cui non si
occupa e non dà traccia – il racconto è del 1940. Con leggerezza, la grazia che
la conferma migliore narratrice. “Un ritorno”, dice, “al mio cattivo e
affascinante tempo trascorso”, che mai è perduto. Balzacchiana sempre, per formazione, ma proustiana di gusto. Il giusto, alle
memorie attenta e ai particolari - colori, forme, odori, si gira con lei per il
mercatino rionale come in un sortilegio, superfici, pieghe e interstizi,
intermittenze e costanze del cuore, la vita animale in più e quella alimentare,
cotta e cruda - in un periodare semplice, non affettato.
Colette,
Luna di pioggia, Passigli,
remainders, pp. 79 € 3,75
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