Un
libello sulla sinistra francese che “cerca disperatamente il suo popolo”.
Diagnosi attardata, benché di uno studioso accademico. Con attrezzi attardati:
l’egemonia culturale di Grasmci come preliminare alla vittoria politica. Quasi
commovente, essendo una perorazione – di una collezione “Pugni sul tavolo”. Ma
non c’è tema o materia su cui la sinistra sia al passo coi tempi: Europa,
diritto familiare, natalità, nazionalità, identità culturale, l’elenco di
Brustier è impressionante – e il lavoro? Teorizzata da Gramsci a sinistra e
praticata dai partiti comunisti, l’egemonia culturale è ora anzi la causa
principale della sterilità politica della sinistra stessa, coltivando la
propria sopravivenza, il “sottogoverno” della cultura: favori vicendevoli, posti,
prebende.
“Á
demain, Gramsci” dà l’addio all’egemonia in Francia, dove la pretesa è vuota da
tempo, da prima della caduta del Muro. Una riflessione sterile, stereotipa, che
ha provocato abbandoni anche illustri,
da Debray e Finkielkraut, una dozzina di nomi rinomati. Ma è facile da leggere
perché in Italia non è diverso: la pretesa è immutata alla Rai, nelle redazioni,
sempre molto controllate, nell’editoria, nei festival culturali che dilagano. Mentre
l’egemonia vera è della destra, in alto e in basso – in economia, in politica e
nel linguaggio, dal conformismo al turpiloquio. Cui la sinistra concorre
appunto con l’albagia.
Gaël
Brustier, Á demain, Gramsci, Cerf, pp. 72. € 5
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