Alice – “A cosa serve un libro – pensava Alice –
senza figure né dialoghi?”.
La magia
di Alice secondo Wittgenstein (“Note sul «Ramo d’oro»): per asciugarsi si dà
lettura della cosa più arida che ci sia.
Elemire
Zolla porta Carroll lontano, sulle tracce del coniglio. Nella introdozione alla
“Imitazione di Cristo”, p. 10, ricorda: “In una vignetta dell’“Amphitheatrum”,
il secentesco (cinquecentesco, n.d.r.) libro di figure alchemiche del Khunrath
si vede il Ricercatore che insegue un coniglio bianco che s’è infilato in una
buca del terreno da cui si passa ai regni arcani e mistici”. Il rev. Dodgson
alchimista e teosofo, potrebbe essere una soluzione.
Capitalismo
– “Il
padrone di Esopo, per guadagnare tempo, orinava camminando” – Montaigne,
(“Saggi”, p.1495 degli Oscar) trae la notizia da una delle tante vite
immaginarie di Esopo. M è vero che Esopo fu uno schiavo.
Céline – È il dottor Semmelweiss, l’unica cosa che
sarà stato, l’unica identificazione possibile in positivo. L’uomo che sa – di
cui Bardamu-Céline ripete la lezione fondamentale: “La miseria perseguita
implacabilmente e minutamente l’altruismo, i gesti più gentili sono
impietosamente castigati”. Che non è misantropia, ma sano realismo
Dante – È eretico. Lo è stato in varie epoche, ora non
più, ma non del tutto. È eretico per i mussulmani, avendo messo Maometto
all’Inferno. Ed è scorretto politicamente. L’accusa di antisemitismo, omofobia
e islamofobia, lanciatagli contro tre anni da Gherush92
, è per ora in sonno, ma non decaduta. Gherush92, “organizzazione di
ricercatori e professionisti”, fondata e presieduta dall’architetto romano d’interni
Valentina Sereni, che per questo fu attiva, è da allora anch’essa in sonno. Gherush
è in ebraico Cacciata, una celebrazione degli ebrei sefarditi, in ricordo della
cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492, e successivamente dai domini
spagnoli in Italia – la data scelta per la festa, che si vorrebbe pubblica,
è il 31 ottobre, in ricordo del 31 ottobre 1541, quando Carlo V firmò l’espulsione degli ebrei dal
vicereame di Napoli, Sicilia compresa.
In un certo senso, anche questa
interdizione va a lode di Dante: che nel Trecento anti edesse l’antisemitismo e
l’islamofobia.
La spiritualista Maria Soresina, “Dante era uno
yogi”, o “Dante tra induismo ed eresie medievali”, lo vuole un praticante dello
yoga, mediato attraverso il catarismo. Ma, di più lo vuole anche mezzo eretico
e mezzo mussulmano. Perché, dice, Dante è averroista. Non solo mette Averroè
nel limbo, quasi in paradiso, ma “dell’opera di Averroè su Aristotele Dante dice che è un gran comento”. Un’affermazione decisiva, dice, “perché da quel commento nacque
il cosiddetto averroismo cristiano, osteggiato aspramente soprattutto da
Tommaso d’Aquino”. E non è tutto: “L’esponente più rilevante di questo
averroismo cristiano era Sigieri di Brabante, che Dante mette in Paradiso
nonostante fosse considerato eretico”. Anzi no, c’è un’altra prova, ben più decisiva.
Tracce “neoplatoniche o
averroiste” sono state trovate nella “Divina Commedia”. Neoplatoniche o
averroiste? Non importa, perché “averroista è soprattutto l’essenza della «Divina
Commedia»”. Per un motivo semplice: “Per Tommaso d’Aquino (nonché per
tutta la teologia cattolica fino ad oggi) non è possibile «vedere» Dio se non
dopo la morte, mentre per Averroè e gli averroisti è possibile arrivare a
«vedere» Dio prima della morte”. E Dante, conclude Soresina, vede Dio “da vivo,
ovvero prima della morte: “Questo insegnamento è l’essenza della «Divina Commedia», il suo significato più vero, più grande, più profondo: si può
arrivare a incontrare Dio, a vedere Dio da vivi! Messaggio splendido,
meraviglioso, ma è quello che dicevano Averroè e gli averroisti. Non Tommaso,
non la Chiesa”. Sicura?
La cosa coi mussulmani sta come dice U.Eco nella “Bustina di Minerva” del
12 dicembre 2014: “È assodata l’influenza di molte fonti,
anche musulmane, su Dante. Ma oggi, turbati dalla violenza fondamentalista,
tendiamo a dimenticare i rapporti profondi tra la cultura araba e quella
occidentale”. Ma questo non importa, un Dante mussulmano o eretico è solo uno
in più, dei tanti Dante.
Dick, Philip K. – Un gran lavoratore, anche per
la fatica che ci ha messo a impersonare l’alcolizzato e il drogato. Autore di
45 romanzi, alcuni a grappoli di due, tre e quattro in un anno, quasi tutti memorabili,
e di almeno 133 racconti, due raccolte di saggi e un epistolario immenso, in
una trentina d’anni. Il suo zibaldone che ora si traduce, col titolo
“L’esegesi, 2-2-74”, prende 1.300 fitte pagine in estratto. E di una scrittura
non da buttar via, che si rilegge ancora con gusto dopo cinquant’anni. Una
febbrilità che lo portò alla morte per ictus a 54 anni, nel 1982.
L’autore
made in Usa doveva farsi una biografia di lavoratore manuale: l’ethos del
paese, il self-made man, era manualistico.
La generazione post-beat, di beati nullafacenti, a cominciare da lui e fino a Foster
Wallace, non più credibile con le mani callose, in un mondo peraltro sempre più
di servizi e meno di manifatture, ha puntato sul “maledettismo” – in chiave
americana sul vittimismo.
Il lettore
di Dick si ritrova nel suo biografo in wikipedia: “Temi centrali dei suoi visionari romanzi sono la manipolazione sociale, la simulazione e
dissimulazione della realtà, la comune
concezione del «falso», l’assuefazione alle sostanze stupefacenti e
la ricerca del divino”.
.
Kierkegaard – Fu anche italianista? Cioè,
non lo fu, e per questo faticò molto coi suoi riferimenti. Un caso è il
proverbio toscano “chi troppo s’assottiglia si scavezza”. Che viene anche in
altra forma: “Chi troppo assottiglia (o “assotiglia”, con una t-) si scavezza”.
Kierkegaard lo trovò in Montaigne nella prima forma. Ma in tedesco, nella traduzione
con originale a fronte, nella seconda, con due tt-. Kierkegaard però trascrive
“assotiglia”, con una t-, e allora? Allora, forse, ha preso la citazione direttamente
da Petrarca, “Rime”. 105.
Per
capirne il significato, oggetto di una nota piuttosto elucubrata della Crusca,
Kierkegaard annotò nei diari anche la traduzione inglese, di Giovanni “John”
Florio, uno dei tanti “Shakespeare”: “Who makes himselfe too fine, doth break
himselfe in fine”. E quella tedesca, che non ha capito il senso del proverbio:
“Wer spinnt zu fein Haspelt sich ein”.
Morbidezza – Montaigne la registra come parola italiana per
dire di un attributo malsano della voluttà. La voluttà si vuole rigida?
Santità – Il personaggio di ser Ciappelletto, usuraio,
sodomita e santo, non ha valso una scomunica a Boccaccio. Si direbbe la santità
poco seria, o la letteratura.
letterautore@antiit.eu
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