venerdì 11 dicembre 2015

Letture - 238

letterautore

Dante – È stato all’Indice dei libri proibiti dalla chiesa, col “De Monarchia”, prontamente nel 1559, appena l’Indice fu creato a Roma da Paolo IV – ma già era all’Indice a Venezia, a Parma, in Spagna, e in generale da sempre sospetto a canonisti e teologi. E c’è rimasto fino a recente, fino all’abolizione dell’Indice stesso. Prima dell’abolizione c’era stata una riabilitazione del “De Monarchia”, ma senza la cancellazione del libro dall’Indice. L’aveva pronunciata il papa Benedetto XV nel 1921, anno dantesco, per i seicento anni dalla morte. E a fine 1965, altro anno dantesco, dopo la conclusione del Concilio Ecumenico, da Paolo VI, con contorta prudenza.
L’Indice ha lambito anche la prima cantica della “Commedia”, l’“Inferno”. Non direttamente, e tuttavia insistentemente. Mettedo all’Indice vari saggi che trattavano dell’“Inferno” - tra essi “La commedia illustrata” di Ugo Foscolo, pubblicata a Londra nel 1825. E con qualche ombra sul canto IV, il castello degli “spiriti magni” del passato classico nel limbo.

È un imperialista repubblicano. Nella “Commedia” e nel “De Monarchia”. Con lodi perfino esagerate di Catone, il grande oppositore di Cesare nel nome della patria repubblicana, ma senza condannare Cesare. Di cui anzi Giustiniano nel “Paradiso” tesserà l’elogio – dopo esse4rfsi presentato quale “Cesare fui e son Giustiniano”. Come un prima e un dopo, ma non in antitesi, anche se si sono combattuti.
Una concezione politica apparentemente bislacca: la società e la storia repubblicane che preparano l’impero. Ma non superficiale: il tema dell’unità (impero), dello stato o nazione mondiale, era stato e sarà oggetto di molte utopie.

D’Arrigo – Il suo opus di una vita, “Horcynus Orca”, concepisce come un nostos, il ritorno. Nella dedica alla riedizione, nello “Specchio” Mondadori, 1978, della raccolta poetica “Codice siciliano”: “A Jutta\ da questo lontano principio\ del nostos horcyniano”. Da “siciliano emigrato”, sia pure solo a Roma, Un richiamo di fonemi, odori, sapori, luci, venti, miti, così in effetti si potrebbe leggere “Horcynus Orca” - “In sogno volo\ sul mare ventilato dalla luna”.

Lettura  - “Aborro quasi tutto ciò che leggo”, Leibniz ebbe a scrivere a un amico. E non viveva in questo millennio. Può essere esercizio faticoso.

Mogli – Anche Kurt Vonnegut era sua moglie, l’intrepida Jane, rivela il “New Yorker. Da cui forse per questo lo scrittore poi si separò. Dopo il successo, a lungo cercato senza esito, finché Jane non s’inventò la formula narrativa del “Mattatoio n.5”. Ginger Strand, cui si deve “The Brothers Vonnegut: Science and Fiction in the House of Magic”, cultrice quindi della materia, spiega che Vonnegut fu infine  scrittore con e grazie a Jane. Specie per il suo primo coinvolgente racconto, il “Mattatoio”.  Jane è anche la Alice di “Slapstick – Alice storica era la sorella di Vonnegut, di cui Jane e Kurt adottarono i quattro figli alla morte prematura, in aggiunta ai tre che già avevano - la “troppa famiglia” portò subito dopo Kurt all’allontanamento da Jane fino al divorzio.

Mussolini imperatore È opera satirica di Marco Ramperti, futurista, fascista, benché sarcastico con gli “intellettuali di regime”, e repubblichino, fino alla condanna per collaborazionismo – sedici anni (non espiati grazie all’amnistia di Togliatti qualche mese dopo). Opera del 1950. Contro Mussolini – “mai avuto amor pel dittatatore  d’Italia” - e contro i converiti all’antifascismo dopo la Liberazione.

Dopo l’amnistia, Ramperti poteva fare il giornalista per Rizzoli, ma scelse di vivere barbone alla stazione Trmrini, vendendo sigarette di contrabbando.


Napoleone – Non ha avuto buona stampa, eccetto che in vita. Né celebrazioni: gli scrittori che più lo ammirarono, in un secondo momento si sono pentiti. Stendhal si provò più volte a scriverne la vita, anche per ragioni di bilancio, nella Restaurazione il genere andava, ma no se la sentì. Lo ammirava in vita, ma poi ebbe qualche ripensamento. Manzoni ne fu entusiasta, nel quadro del suo francesismo di gioventù. Il “Cinque Maggio” non pubblicò per non insospettire gli austriaci a Milano, e poi lo fece sotto pseudonimo, tanto lo riteneva elogiativo. Ma già al tempo dei secondi “Promessi sposi”, 1840, se ne era deluso: non un liberale né un rivoluzionario, solo un generale della “guerra lampo”, si sarebbe detto poi. E lo accomuna a  Cesare, che non ha in simpatia, come tutti i dittatori.  Tostòj lo ridimensiona già mentre ne scrive, nei quattro-cinque anni di gestazione di “Guerra e pace”. I grandi letterati, arrivati a lui sul’onda del’entusiasmo popolare, finivano per scoprirne le debolezze. 

Pasolini  - Non ci sono stati studi per il quarantennale, tra i tanti che ingombrano le librerie, e non si pubblicano ricordi e ricostruzioni (per esempio “Come non ci si difende dai ricordi” di Nico Naldini), sulla sessualità di Pasolini, che pure  ebbe tanto peso nella sua vita e lo ha nell’opera. Una sessualità ossessiva ma limitata a rapporti a pagamento. Che peraltro sembra esaurire tutta la carica erotica: niente amori, niente amicizie.  Con una distinta propensione sadica da ultimo, come rifiuto (vergogna, peccato) della sessualità stessa, ridotta a potere, nei film “Salò Sade” e nel progettato “Porno-Teo-Kolossal”.

Salò-Sade” fa una parodia del nazismo, della forza come castrazione, della degradazione dei giovani e del corpo, che però ne è un elogio. Violento. Al modo, tolta la merda, di Leni Riefenstahl, che è proibito vedere: le vittime fa bei santi Sebastiani, mentre il nazismo era feroce, con i deboli. E gioca con la magia, intima al nazismo, il numero quattro che ha preso da Zolla innocente, il simbolo della croce. Monumentale prospettando come sacrale, altro nazismo.  E turgori che solo si animano tra cuoio e misteri. Per l’assonanza Salò-salaud, da dannunziano modesto? Ma c’è compiacimento.

Verosimiglianza – “Uno sguardo dal ponte”, sia al cinema che in teatro, anche nella ripersa in corso a Roma, “aggiornata”, è storia improbabile. Anche quando è molto ben recitata, sia nel film di Sidney Lumet sia in questa rappresentazione di De Capitani. Improbabile un dramma centrato sulla gelosia di un portuale italo-americano verso i giovani immigrati suoi ospiti. Geloso del rapporto di uno di essi con la sua giovane nipote, che sospetta inteso strumentalmente, per ottenere la cittadinanza americana. Una gelosia talmente acuta da restarne vittima. E tuttavia Arthur Miler si è basato un fatto di cronaca.

leterautore@antiit.eu

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