L’editore
di tutto Schopenhauer, compreso il romanzone epistolare (dal vero) “La famiglia
Schopenhauer” vent’anni fa, nonché di tutto Nietzsche, in concorrenza con Colli
e Montinari, autore del classico della masturbazione, “La solitudine del
piacere”, aveva in serbo anche qusta chicca, precedente a tutto, che ora viene
tradotta: su Freud prima di Freud. Molto Schopenhauer e Nietzsche naturalmente,
ma anche Goethe e Jean Paul, Schelling, Hartmann. Tutti tedeschi, dell’Ottocento.
L’inconscio è dunque “problema” tedesco, dell’Ottocento?
Sì:
approda a Freud dopo lunga gravidanza nel pensiero e la poesia germaniche. La
psicoanalisi avrà un deciso penchant
ebraico, ma la gestazione è tedesca – o allora ci sono molti fili fra germanesimo
e ebraismo. Questa di Lütkehaus è un’antologia.
Ch o studioso fa precedere da una disamina di svariate concezioni dell’Unbevusste nella filosofia e la poesia
tedesche dell’Ottocento. Di diverse
concezioni, e anche di diversi termini, per la stessa “cosa”. Ma con un fondo
comune: senza cesura tra pensiero cosciente e inconscio.
Il titolo viene dal genio incompreso del primo
Ottocento Jean Paul, purtroppo contemporaneo di Goethe che tutto offusca: “Facciamo
misurazioni troppo ridotte e limitate del patrimonio territoriale dell’Io se
escludiamo l’enorme regno dell’inconscio, quanto un’Africa interiore” – l’Africa
come terra incognita allora per
eccellenza.
Ludger
Lütkehaus, L’Africa interiore. L’inconscio nella cultura tedesca dell’Ottocento,
L’Asino d’Oro, pp. XII-319 € 22
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