È
dunque un problema di sedere all’aria che ha diviso i registi della “Giovanna
d’Arco”, Moshe Leiser e Patrice Caurier, dal maestro Chailly alla Scala.
Un’accurata inchiesta di “Repubblica”, che ha schierato Natalia Aspesi,
Leonetta Bentivoglio e Paola Zonca, l’ha accertato: “I registi volevano far
sdraiare sul letto il tenore col sedere
in alto bello esposto”.
Licenza
d’artista, certo. Anche un manifesto, forse: l’attempata coppia di registi è
sempre fumantina. Ma non si può non essere d’accordo con Chailly: la posizione
era incomoda per l’emissione boccale.
Ma
c’era certamente di più nella scena rivoluzionaria dei registi, non solo un
manifesto di genere. Volevano irridere al giovane re Carlo VII. Che invece fu
valoroso e si meriterà l’appellativo di Vittorioso, avendo riconquistato il
Nord della Francia dagli inglesi. Per demolire in realtà Giovanna d’Arco, che
invece Verdi e la Scala volevano riverire – la ripresa dell’opera, dopo 160
anni, è un risarcimento postumo al compositore, che ha causa della “Giovanna d’Arco”
abbandono sdegnato il teatro per molti anni.
Ma
c’è di più: i due parlano, e si comportano in scena, come due sessantottini in
ritardo. Con la mossa del culo volevano irridere al decoro borghese, supposto
del pubblico – il decoro è sempre borghese. Ma c’è di più borghese, oggi, di
quella mossa?
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