Anima – È senza cuore
– un centro, un punto o un meccanismo di riferimento. Descartes la pensava
nella ghiandola pineale, ma nessuno ce l’ha trovata. A Francis Crick morente
piaceva supporla nel claustro, striscia di cellule nervose sotto la
neocorteccia – nei due claustri per essere precisi, uno alto destro e uno sinistro,
appena sopra le orecchie, nel centro del cervello. Ma i neuroanatomisti non ce
l’hanno trovato.
Ma c’è: non è una cosa ma un luogo. Il
claustro ne è il luogo. L’anima è il luogo della volizione, sentimenti compresi
quando non sono passionali, compulsivi.
Bellezza - Per Choderlos
de Laclos, per il quale “è la maniera d’essere che fa sperare il godimento più
delizioso”, uno che se ne intende, la bellezza è delle donne, ed è bella la
donna vergine, alta, forte. Per Heisenberg la bellezza è la conformità delle
parti l’una all’altra e al tutto, e un teorema tanto più è bello quanto più è
semplice. Ma Francis Bacon, che anche lui se ne intende, è risoluto: “Non c’è
bellezza eccellente che non abbia qualche stranezza nella proporzione”. E dunque?
“Nulla di più stupido che concludere”, dice
Flaubert, l’“idiota della famiglia”.
Corruzione – “Latifundia perdidere Italiam atque provinces”,
è la lezione di Plinio: Roma si perde quando si adagia sugli usi delle province
– la tribù, le rendite, le riserve. La civiltà – la storia – muore se cessa
l’irrigazione dal basso verso l’alto, di uomini e forze nuove. Ma la spinta va
incanalata: in basso è barbara – più barbara.
Destino
–
Ineluttabile forse, e inflessibile, come lo vuole Seneca – “siamo tutti schiavi
del destino” - ma è la storia: non avviene prima, né dopo.
Si chiama destino quando è un “errore”
della storia, uno sviluppo non voluto? Di fatto, la storia è lo stampo che l’uomo
libero appone al destino – un suggello mobile, un cartiglio caleidoscopico.
Il “ducunt fata volentem, nolentem
trahunt” di Cleante-Epitteto-Seneca non impedisce la rivolta. La massima
si può tradurre “chi vuole compie il suo destino, chi no lo stesso”, ma non
necessariamente secondo un disegno preordinato.
Dio - Fare il professore e vivere in Dio non
è possibile a nessuno, è insegnamento di Meister Eckhart.
Erodotaggio
- O curiosità per l’eccentrico. Lévi-Strauss è
contro, in quanto esotismo facile. Ma lo ritiene utile come pietra d’inciampo,
antenna, avviso.
Femminismo - Il destino della donna è di essere di più, in ogni forma conosciuta, affabulatrice,
cacciatrice, incantatrice, samaritana, meretrice, e madre, in terra e in cielo.
È l’idea stessa della bellezza, cioè della vita: così è dall’“Iliade”, il poema
della forza, dove sempre si combatte per questa malia sovrana. Oggi è diverso,
la donna è immolata al femminismo e alla cancellazione dell’NN. Sparisce con
l’NN la legittimità, con la figliolanza legittima svanisce la madre e la donna,
in quanto essere unico: dalla custodia della legittimità, la purezza del
sangue, la donna traeva misteriosa la sua forza. Ma i fondamentali restano,
vanno solo riorganizzati. “Lasciatemi morire!”, cinguetta Arianna
abbandonata da Teseo con Monteverdi, e si sa che intendeva il contrario.
Galileo - “Provando e
riprovando”, il motto dell’Accademia del Cimento che intende rinnovare con
Galileo il pensiero scientifico, è di Dante, “Paradiso”, III, 3
Lost
in translation –
Fa senso – è un’altra realtà – leggere sul “New Yorker” l’introduzione di
Jhumpa Lahiri alla sua prima raccolta di narrazioni in italiano, “In altre
parole”. Le stesse considerazioni assumono in inglese, a New York, su quella
rivista, altre connotazioni. Il senso della metamorfosi per esempio. Il senso
della realtà-irrealtà – in fisica si direbbe della “complessità” - di una
lingua acquisita, in cui viene spontaneo esprimersi, seppure con difficoltà. E
anche, per la scrittrice, figlia di una poetessa bengali emigrata negli Usa e
rimasta estranea all’inglese e all’America, la convivenza che si penserebbe
impossibile tra una lingua materna che parla ma non padroneggia, l’inglese con
cui è cresciuta, ha studiato e ha scritto, e l’italiano che ha voluto adottare,
quasi un campo di vita e di esercizio neutro. Ma non c’è il campo neutro. Non
c’è una lingua neutra. Lahiri, che ha vissuto questa impossibilità (peraltro
non cercata), lo dice meglio: si vivono più vite contemporaneamente. La
metamorfosi, che adotta a schema del suo prologo, implica non una successione
di vite o modi di essere, ma la loro contemporaneità.
Nel remake di sé, in questa rinascita
voluta da lei stessa, la scrittrice non sa o non vuole vivere le due
lingue-vite intercambiandole. Anzi non lo ritiene possibile – il suo libro
italiano si pubblica inglese tradotto da un traduttore. Ed è vero: lo stesso
testo è diverso in italiano e in inglese.
Mutamento – È l’unica costante
dell’anima – come anche l’immutabilità. È la costante della vita in realtà, su
un fondo di persistenza, che continuamente si rinnova: si ricostituisce,
talvolta variando. Si può dire il mutamento il meccanismo della persistenza..
Personaggi – “Sono come
Melchisedec, senza padre né madre, anche se si occupano intensamente di
genealogia”: Zolla lo dice dei personaggi di Tolkien, introducendo “Il Signore
degli Anelli”. Ma è vero di ogni “personaggio”, che è una scultura.
Ragione – Più dissoluta
della concupiscenza, la vuole Montaigne. Per le tante scorribande che si è concessa e si concede, mentre la concupiscenza è a senso unico. Ma è vero pure in astratto, per essere la ragione un metro, di se stessa
oltre che delle passioni.
Selvaggio – Selvaggio è sempre
il diverso, notava Montaigne. O non siamo noi stessi, da cui rifuggiamo?
È lo stato in cui storicamente siamo.
Ancora, dopo tanta civiltà, come notava Frazer: “Le maggior parte delle
istituzioni essenziali della nostra civiltà, se non tutte, hanno radici
profonde nello stato selvaggio”. Che però può dirsi la condizione umana, se è
la religione, il pensiero mitico, e lo stesso pensiero - oltre agli stati
emotivi: passioni, sogni, visioni.
Testimonianza – Si assume in
giustizia come la prova principe, ma la procedura a Roma voleva che anche delle
cose viste il testimone dicesse: “Mi sembra”.
zeulig@antiit.eu
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