Siamo tutti terroristi
Per stasis, guerra civile, Platone intende,
secondo Nicole Loreaux, sulla cui lettura Agamben articola il primo intervento,
la pratica ateniese della litigiosità. E più in famiglia e tra famiglie, nella
coppia, tra padri e figli, tra figli. Che , dice Platone, “Repubblica”, 471,
“si combattono come se fossero destinati a riconciliarsi”. E questo è Hobbes,
quello dell’homo homini lupus,
oggetto del secondo saggio del volumetto. Si penserebbe questo Hobbes, ma è un
altro: è quello del frontespizio del “Leviatano” (Agamben dopo Ginzburg, o
meglio viceversa - ma sul frontespizio molti si esercitano), e della parte III
dello stesso libro, che tratta della politica come teologia. Per finire col
dare ragione a Carl Schmitt che la tesi ha anticipato (Agamben dopo Tronti, o
viceversa). Rafforzandolo con la lettura di san Paolo – che è quella di Taubes,
che Agamben non cita.
Un libro
inconcludente. Collegabile a “Homo sacer”, ma come divagazione. Agamben stesso
non si propone di riempire il vuoto – tentare una teoria generale della guerra
civile. Si propone di analizzarne due concezioni, quella di Hobbes e quella
greca, di Socrate-Platone-Aristotele. Ma poi solo su questa si attarda, e solo
nella lettura di Nicole Loreaux, che la vita politica assimila a quella
familiare. Un approccio, malgrado tutto, bizzarro. Concludendo, con molti
salti, che il terrorismo è la nostra storia: “Non è un caso se il «terrore» ha
coinciso col momento in cui la vita come tale – la nazione, cioè la nascita –
diveniva il principio della sovranità. La sola forma in cui la vita come tale
può essere politicizzata è l’esposizione incondizionale alla morte, cioè la
vita nuda”.
Una
conclusione aggiunta - i due testi che si esumano sono di due seminari a
Princeton dell’ottobre 2011, subito dopo l’11 settembre? E il “terrore” che
coincide con la nazione, con la sovranità, sarà quello di Robespierre? Ma la
nazione era già nata. La guerra, certo, è sempre tra esseri umani, di qualsiasi
nazionalità.
Più
conclusivo invece l’intervento di Agamben oggi su “Le Monde”, sullo stato d’emergenza
decretato in Francia contro il terrorismo – che si proroga di tre mesi in tre
mesi. Sulla sospensione cioè delle procedure giudiziarie, l’applicazione della
legge lasciando alla discrezionalità del potere. Una reviviscenza della “ragion
di Stato”, oggi definita “Stato di sicurezza”, che equivale a una
legittimazione dello Stato stesso attraverso la paura. Un ritorno allo stato “hobbesiano”
che: 1) “È uno Stato di polizia”, 2) che non dà la scurezza che promette ma
aggrava la paura, e 3) “depoliticizzando il cittadino, diventato in qualche
modo un terrorista in potenza” - espropriandolo della politica – entra in una
zona grigia e minacciosa.
Giorgio
Agamben, Stasis. La guerra civile come
paradigma politico. Homo sacer, II, 2, Bollati
Boringhieri, pp. 74, ill. € 14
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