Abbattendo il
“tabù della contaminazione”, Gesù di Nazaret ha aperto l’altra metà del cielo –
il sottotiolo è “Tabù e trasgressione” (l’edizione inglese inverte titolo e
sottotitolo). All’insegna, come per tutti, dell’amore. Contro la cultura
ebraica, sessualista e gerarchica. Non è un trattatello femminista, tantomeno
antisemita, è il programma del nuovo papato: “Dio è padre solo perché gli
uomini sono fatti a sua immagine e somiglianza, e torneranno a somigliargli
realmente solo perché, restituiti alla libertà della persona e al rischio della
propria unicità interiore, potranno mettere in atto un’infinita capacità di
amare”.
Naturalmente
non è così, ma è come se la teologia papale recente, di Ratzinger e Bergoglio
congiunti dell’enciclica “Lumen Fidei”, fosse stata ispirata da questa donna,
oggi novantenne, che “ufficialmente
insegna(va) antropologia culturale nelle facoltà di lettere e medicina
dell’università di Roma”. Il saggio, vecchio di trentacinque anni e non
ristampato, è anche una summa del “religioso”, oggi fuori catalogo, e quindi
tanto più utile. Il “miracolo” è comune a tutte le religioni, e a tutti gli
uomini, “di fronte a un potere che li trascende”: “Qualunque sia questo Potere:
dei, Dio, demoni, spiriti, antenati,santi, l’uomo pensa di potervisi aggrappare
con particolari tecniche: preghiere, rituali, formule magiche, sacrifici, per
cambiare il suo destino”. Con “la potenza della parola”, scritta o parlata.
Questa potenza, interamente rinnovata da Gesù di Nazaret, è sì effetto della
“fede”, ma “in senso capovolto”: “È l’uomo che «pone» il trascendente, e… riesce
così a circuirlo”.
Un Gesù laico,
oggi si direbbe “riformato”, ma non menomato. “Per Gesù la preghiera è soltanto
un atteggiamento interiore; o per lo meno l’intenzione d’amore è una premessa
indispensabile per potersi mettere in comunicazione con Dio”. In Matteo è detto con chiarezza, con asprezza:
“La tua parola sia sì sì, no no”, contro “coloro che credono di venire esauditi
a forza di parole”. Questa liberazione è stata tradita, specie a danno della
donna, ma “qualcosa del fascino di questa libertà è rimasto, se non altro nel
linguaggio dei grandi «amanti di Dio»”. Concetti basici, anche, ma oggi quasi
esoterici.
Si parte dalla
rivoluzione evangelica. Un “genio” è “un catalizzatore”. Ma per questo stesso
motivo “nessun genio è mai uscito dal tessuto culturale in cui vive”, pena
l’infertilità. Gesù di Nazaret invece “ha rotto totalmente il modello
culturale” ebraico, che era il suo, caso unico fra i “geni”. Anzi ha “negato le
strutture portanti del sacro, comuni a tutte le società e a tutte le religioni
che conosciamo”. Magli ci arriva con un approccio antropologico a ciò che i
vangeli dicono di Gesù: 1) la rottura con la famiglia, già ai dodici anni, e
con la preghiera comune, escludendo “la liturgia e la preghiera di gruppo”,
così come “la necessità del tempio e dei sacerdoti”; 2) la rottura dello schema
sessuofobico del potere, dell’“evitazione della donna” (“il rapporto diretto e
semplicissimo di Gesù con le donne, che pure rappresentavano la «classe» più
impura, più contaminante”): “Eliminare il sistema della contaminazione,
eliminare i rituali, la gerarchia sacerdotale, i tempi, festivi, gli spazi
sacri, la dipendenza parentale, è una rivoluzione che implica conseguenze
politiche sociali tali da trasformare
totalmente qualsiasi tessuto istituzionale”.
Evitare la
“evitazione delle donne” è un miracolo quotidiano e costante. Le donne erano tenute fuori dal
fatto religioso. E impure, sia pure periodicamente. La Samaritana fa testo
perché “le Samaritane erano considerate mestruate dopo la nascita”. Un miracolo, si può aggiungere, doppio, perché non patronale: senza suponenza, ordinario. Il ripudio dell’ebraismo
sa di Marcione, dell’incompatibilità teologica del Dio dei Vangeli col Dio dell’Antico
Testamento, che non può essere. Ma come fatto culturale è altrettanto innegabile:
il punto di vista antropologico è fertile. L’amore sì, per
uomini e donne indistintamente, è una novità, ma più spesso la novità
(insegnamento) del Vangelo è una
radicalizzazione della Bibbia e non un’opposizione. “Ama il prossimo tuo come
te stesso” è ebraico. Gesù aggiunge: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e
pregate per i vostri persecutori”. Anche “ama il tuo nemico” è rintracciabile
nel Vecchio Testamento, nei “Proverbi”, 25, 21. Nel Vangelo si intensifica, e
cambia valenza etica: il vecchio precetto, socratico, di soffrire piuttosto che
infliggere il male ad altri, sostituisce col fare del bene agli altri. O l’adulterio:
“Avete inteso che fu detto: «Non commettere adulterio»,; ma i vi dico: chiunque
guarda una dona per d desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo
cuore”.
Notevoli anche le ricadute a margine. La negazione del valore dei rapporti di sangue, allora totalizzante, con esclusione di ogni base razziale. L’identità tra corpo e spirito. Marx e Freud uniti nella cultura ebraica, come si sa, ma in questo modo: il messianismo, sia pure laico (l’eliminazione degli istinti repressi, l’eliminazione delle classi), del “saremo felici e contenti” sulla terra. Il legame streto tra parola e sessualità, esibito nella Bibbia (si giura sugli organi genitali maschili), comune a tutte le letterature. Il “Padre nostro”, considerato “la preghiera per eccellenza”, Magli scopre assemblaggio di interpolazioni dei discepoli, essendo in contrasto “con tutto il pensiero e l’azione di Gesù, mentre risponde pienamente ai valori della cultura ebraica” – non ha letto la lettura di Simone Weil (non la nomina, pur aprendo la trattazione col tema ben weiliano del “genio”, proprio della Weil alla soglia del battesimo, dell’“Attesa di dio”), si sarebbe ricreduta: o l’antropologia vede altre cose? Ed è vero, punto per punto: fino al finale del “debito” e la “tentazione”, che son ancora la legge del taglione e il Dio “tremendo e geloso”.
Notevoli anche le ricadute a margine. La negazione del valore dei rapporti di sangue, allora totalizzante, con esclusione di ogni base razziale. L’identità tra corpo e spirito. Marx e Freud uniti nella cultura ebraica, come si sa, ma in questo modo: il messianismo, sia pure laico (l’eliminazione degli istinti repressi, l’eliminazione delle classi), del “saremo felici e contenti” sulla terra. Il legame streto tra parola e sessualità, esibito nella Bibbia (si giura sugli organi genitali maschili), comune a tutte le letterature. Il “Padre nostro”, considerato “la preghiera per eccellenza”, Magli scopre assemblaggio di interpolazioni dei discepoli, essendo in contrasto “con tutto il pensiero e l’azione di Gesù, mentre risponde pienamente ai valori della cultura ebraica” – non ha letto la lettura di Simone Weil (non la nomina, pur aprendo la trattazione col tema ben weiliano del “genio”, proprio della Weil alla soglia del battesimo, dell’“Attesa di dio”), si sarebbe ricreduta: o l’antropologia vede altre cose? Ed è vero, punto per punto: fino al finale del “debito” e la “tentazione”, che son ancora la legge del taglione e il Dio “tremendo e geloso”.
Capitolo
impegnativo è l’alleanza tra Dio e Israele presentato come “legame matrimoniale”,
da cui “nasceranno numerosi figli”. Una relazione analogamente intessuta di
tradimenti, adulteri, prostituzione – “Israele
è la sposa di Dio”. Il rapporto è di tutt’altra natura col Gesù di Nazaret:
“Fonda un rapporto d’amore in cui l’altro rimane «altro»”, non più in quanto
parte di un genos o un gruppo, ma “un
assolto di per sé”. Impegnativa – qui irrisolta, Magli ci tornerà sopra - la
revisione della mariologia. Con un provvisorio ridimensionamento del ruolo
della “madre di Dio”, in quanto “«proiezione» (senza dare a questo termine
nessuna accezione di carattere psicoanalitico) di un immaginario maschile che
non ha nulla a che fare con le donne come realtà fisiche, esistenziale e
concreta, salvo ch per i divieti che per esse ne discendono”. Lasciando intatte
le tabuizzazioni, “in particolar modo nei confronti del meccanismo biologico
della sessualità femminile”, mestruazioni, gravidanza, puerperio, allattamento,
aborto, “sia spontaneo che provocato”.
Anche l’ultima
cena e l’eucarestia; chi li ha inventati, si chiede l’antropologa – questo è un
mistero anche per lei, qui non c’è nulla nella cultura ebraica che i discepoli
abbiano potuto mediare. Più in generale, Ida Magli segue Gesù e lo capisce fino
al Getsemani. Restano fuori, incomprensibili, liquidati in breve, l’ultima
cena, la passione, la resurrezione, le donne al sepolcro. Il Gesù non più di
Nazaret.
Ida Magli, Gesù
di Nazaret