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Comico –Flannery O’Connor lo lega alla
“serietà” e alla “salvezza” – in “Narratore e credente”, nella raccolta “Il
volto incompiuto”: un legame che può non essere vero nei fondamenti ma sì negli
elementi induttivi. “O si è seri riguardo alla salvezza oppure no”, argomenta
la scrittrice: “Ed è bene capire che la massima dose di serietà ammette la
massima dose di comicità. Solo se siamo certi della nostra fede possiamo vedere
il lato comico dell’universo. Una ragione per cui gran parte della letteratura contemporanea
è priva di umorismo è perché molti di quegli scrittori sono relativisti e
devono continuamente giustificare le azioni dei loro personaggi in una scala di
valori provvisori”..
Ne consegue, però, che Voltaire non era
relativista, e questo è possibile. Ma anche uomo di fede? Potrebbe essere.
Frammento – La
sola lettura possibile oggi era così celebrata da Baudelaire “narratore”, “Lo
spleen di Parigi”, scrivendone a Arsène Houssaye: “Mio caro amico, vi mando
un’operetta di cui si potrebbe dire, senza ingiustizia, che non ha coda né
testa, poiché tutto, al contrario, vi è insieme testa e coda, alternativamente
e reciprocamente”. Una “combinazione” che offre a tutti “ammirevoli comodità,
allo scrittore e anche al lettore: “Possiamo tagliare dove vogliamo, io la mia
immaginazione, voi il manoscritto, il lettore la sua lettura”. Baudelaire era per il levare - conclude
infatti così la lettera: “Togliete una vertebra, e i due pezzi di questa
tortuosa f antasia si ricompatteranno senza fatica”.
Letture intelligenti
–
Esistono, non sono un’invenzione di Scalfari all’“Espresso”. Giulia Villoresi
riporta sul “Venerdì” una serie di studi scientifici importanti, che stabiliscono
con solido apparato di ricerca l’effetto positivo della lettura sui comportamenti
mentali. E più della lettura dei romanzi, opere cioè d’invenzione. Uno studio
di Loris Vezzali, dell’università di Modena, documenterebbe che i ragazzi che
hanno letto Harry Potter crescono con meno pregiudizi – la saga pullula di
emarginati e variamente disastrati.
Più
ancora influiscono, in positivo, i romanzi “buoni”: classici, creativi. Questo
è l’esito di una ricerca pubblicata su “Science”, la Bibbia della scienza, da
due ricercatori americani che si sono basati sulle intuizioni di Roland Barthes,
“Il piacere del testo”, che distingue tra libro d’intrattenimento, o di
piacere, per passare il tempo, e quello di godimento, che invece richiede uno
sforzo al lettore, una forma di creazione del testo, fino alla sovversione,
quando è il caso, del proprio personale sistema di equilibri.
Mogli – Francesca
Serra ha sul “Venerdì” un ritratto di “Chichita” Calvino che ogni calvinologo
dovrebbe conservare a futura memoria: la “vedova nera più temuta del mondo
editoriale”, al secolo Esther Judith Singer, di nonni russi ebrei espatriati in
Argentina, ma non importa, non ha radici, parla “una irresistibile lingua mescidiata
tra spagnolo, italiano, francese e inglese”, “sbuffa fumo e ironia da ogni
poro”, e scherzando ma non del tutto avoca a sé la digressione, in inglese:
“Digression is my second nature”. E dunque ci dovremo rassegnare anche al
“Calvino era la moglie”? Anche Citati “Chichita” lascia perplesso nel suo libro
di ricordi di Roccamare.
Il
genere l’autore è la moglie ha già imprtanti precedenti: Brecht, Orwell, T.S.Eliot, Scott Fitzgerald, perfino Bontempelli.
Natura – Neruda si
lascia nudo davanti all’oceano: “Davanti alla furia del mare\ tutti i sogni
sono inutili”. O Cioran quando scoprì il cielo: “”Ho appreso questa mattina che
c’erano miliardi di galassie, ho rinunciato a fare la mia toilette”. C’è una
riserva – detta dall’ignoranza? non importa – anche tra i letterato nei suoi
confronti - i letterati che l’hanno animata e glorificata col romanticismo, ma
ne sanno poco o nulla.
Poesia – Un saggio di
Joyce Carol Oates sull’ultima “New Yoerk Review iof Books”, sul perché
poetiamo, da dove viene l’ispirazione, qual è la radice o la causa della
metafora (“Inspiration and Obsession in Life and in Literature), non dà la
risposta. Ma evoca e assembla concezioni incredibilmente eterogenee del
poetare. In aggiunta a quella di Pope, versificatore facile e caustico, sempre
brillante, figlio di versificatori, che però esclude “una propensione genetica
per la scansione e la rima”. Per Platone la poesia doveva farsi sotto il controllo
dello Stato, al servizio del Bene, e mai “imitativa”, di un qualsiasi oggetto o
evento reale. “No ideas
but in things”,
la poesia delle cose, è invece la sintesi che William Carlos Williams può aver
fatto del Novecento più creativo. Un grido che sarebbe stato anatema all’essenzialista
Platone. Come la stessa emozione, o peggio la “passione”. Per il Socrate di
Platone (“Ione”), la poesia è possessione, ispirazione divina: “Di fatto, tutti
i buoni poeti che fanno poemi epici non usano alcuna arte, sono ispirati e
posseduti quando emettono tutti quei bei poemi, e così anche i buoni poeti
lirici…. Appena montano in armonia e ritmo, diventano agitati e posseduti… Il poeta
è una cosa aerea, una cosa alata e sacra; non può fare poesia finché non
diventa ispirato e va fuori dei suoi sensi, e nessuna mente residua in lui… Non
con l’arte, quindi, fanno la poesia… ma per concessione divina… Le belle poesie
non sono umane, non fatte dal’uomo, ma divine e fatte da Dio: e i poeti non
sono altro che gli interpreti degli dei”. Il poeta ribelle andava bandito dallo
Stato – ironia della storia, nota Oates, fu il Socrate di Platone a essere
bandito dallo Stato.
O
si può pretendere, nota ancora Oates, con i Beatles: “First thought, best thought”, la prima è la migliore. Oppure con
l’“Adam’s Curse” di Yeats, la maledizione di Adamo – “un verso ci prenderà ore,
forse”. La questione è irrisolta: ci sono gli ispirati e ci sono i creatori,
applicati. La buona poesia starà nel mezzo?
Saint Pol-Roux – Un poeta prima
osannato e poi dimeticato – “l’archetipo del “poeta dimenticato”” secondo le
biografie francesi. Che invece potrebbe figurare precursore a pieno titolo
della contemporaneità, l’età dell’Acquario. Teorico dell’opera d’arte totale,
il sogno dei simbolisti mediato da Wagner, ha cominciato col teatro e l’opera.
Poi subito s’interessò al cinema. Mallarmeano, teorizzò nel 1895, con apposito “manifesto”, l’“ideorealismo”,
o “magnificismo”, una fusione neoplatonica tra il mondo delle idee e quello
reale, nel quadro di una visione trascendente (“occulta”) della vita. Per
questo sarà riconosciuto precursore dai surrealisti, in un banchetto
organizzato in suo onore nel 1925, quando già era ultrasessantenne (era nato
nel 1861) – dopo un omaggio di André Breton, “Hommage à Saint-Pol-Roux, il 9
maggio 1925 sulle “Nouvelles Littéraires”. Ma, se c’è predestinazione, era la
vittima predestinata dell’occupante tedesco – la sola tra i letterati. Il 23
giugno 1940 un soldato tedesco entrò nella sua residenza a Brest, una castello
abbandonato restaurato nel nome del figlio Ceciliano morto nel 1914 a Verdun, uccise
la governante e ferì gravemente la figlia del poeta, che si salvò per caso, per
l’intervento del cane che allontanò l’assassino. Il poeta ne uscì comunque
ferito, e fu ospedalizzato. All’uscita dall’ospedale trovo il castello saccheggiato
e spoglio, compresi i suoi manoscritti, quelli che non erano strappati e
dispersi, o bruciati, a opera dei soldati occupanti ma non solo, e ne morì di crepacuore
– d’infarto – il 14 ottobre. La distruzione del castello fu completata dagli
Alleati nell’agosto 1944.
Viaggiare - Il racconto di viaggio oggi, con miliardi di turisti in
giro per il mondo, che si raccontano in diretta allo smartphone, e si
documentano con miriadi di immagini, può essere che cosa? Un racconto tra le righe,
non del viaggio in sé, ma degli aspetti minimi che si trascurano, delle sensazioni
personali, delle esperienze uniche se ancora ce ne sono, magari non memorabili,
se non perché uniche – entrare in mare da soli, in qualsiasi mare. Un viaggio
laterale. Personale più che documentario. Il viaggio è più che mai d’autore.
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