Giuseppe Leuzzi
Mafia antimafia
Carolina
Girasole, ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, biologa, operatrice di Libera,
arrestata per concorso esterno in associazione mafiosa, è assolta per una serie
di errori di filologia dialettale. Di trascrizione delle intercettazioni da parte
della Guardia di Finanza. “Trecento volte” è diventato “trecento voti” per il
trascrittore, ignaro o dimentico che “volta, volte” il dialetto dice
“vota,voti”. E trascrive “sindaca” la pronuncia dialettale larga della vocale
finale di sindaco.
Ma forse
c’è dell’altro, secondo gli isolani in rete: la rivalità tra i Cara e Libera,
tra don Edoardo Scordio e don Ciotti. Insomma, c’è da stare allegri.
Troppo caro il Sud in rapporto alla
produttività
L’ostacolo
al decollo del Sud è il costo del lavoro. Il costo in rapporto alla
produttività. Questo costo è fuori mercato perché si allinea con le
retribuzioni pubbliche, uniformi per legge in tutto lo Stato. Si allinea di
fatto e per i contratti nazionali. Mente la produttività è al Sud inferiore: in
termini di sistema, di infrastrutture, di formazione professionale.
La produttività
al Sud è al 60 per cento dell’area lombardo-veneta. Diciamo pure al 70 per
cento. Ma niente al Sud copre (rimborsa) questo divario.
Il Sud
guadagnerebbe di più, molto di più, e uscirebbe dalla palude del ristagno ormai
secolare, si lascerebbe perfino l’area-palude del sottosviluppo, se guadagnasse
di meno. Nelle prestazioni di lavoro, di servizio, di intermediazione. Nei
servizi questo avviene, non c’è mai stato allineamento, specie nel commercio.
Retribuzioni ridotte non sarebbero nemmeno un’ingiustizia, se valutate col
potere d’acquisto, che al Sud è notevolmente superiore.
La
poesia in Calabria si fa in latino - o la poesia come misantropia
Continua con Lorenzo Viscido, latinista di New
York nato e cresciuto a Squillace, il paese di Cassiodoro e del suo Vivarium, addottorato
all’università della Calabria a Cosenza, la poesia in latino. Che in Calabria è
una tradizione. Viscido non è un caso eccezionale, è l’erede di una tradizione:
meglio poetare in latino. Non tanto per una sfida interattiva, per
l’ermeneutica che oggi si privilegia, quanto per vezzo mentale: il colto si
astrae.
È l’atteggiamento giusto del poeta? Lo è dei
poeti reggini: Reggio è una città che presume molto di sé, al limite della
misantropia. Viscido è un’eccezione, ma allora per essere di fuori porta, tra i
remoti influssi del senatore, politico e letterato Cassiodoro, che segnò la
fine dell’impero romano, mentre avviava meritoriamente la traslazione dei
codici latini. Una tradizione peraltro ricca di riconoscimenti, ai vari certamina, premi letterari per la poesia
latina, Houefftianum
a Amsterdam, Capitolinum e Vaticanum a Roma, e il catulliano sul Lago di Garda.
L’antesignano è Diego Vitrioli, uno che per lo
sdegno non usciva di casa. Celebre negli annali per aver vinto a ventisette
anni, nel 1845, il primo premio Amsterdam, col poemetto “Xyphias”. Pascoli lo
celebrerà in una evocazione raccolta in “Pensieri e discorsi” (“Un poeta di lingua
morta”). Ricorda di averlo sentito nominare in collegio a Urbio, “da un vecchio
frate che conosceva anch’esso i doni delle Muse, il padre Giacoletti”, nome “allora
illustre per poemi latini sull’ottica, nientemeno, e sul vapore”. Giacoletti citava
Vitrioli come qualcuno di un’altra dimensione. Da Messina Pascoli lo ricerca, e
lo trova “vecchio e solitario”, uno che “schiva il consorzio e la vista degli
uomini”. Che per prendere l’aria “si faceva portare in luoghi solinghi”.
Poetava con facilità anche in greco, ma “diceva sorridendo di essere già
vissuto tra Cicerone e Virgilio”. Uno che “sdegnava il presente… un poco in
tutto”, per esprimersi in italiano usava la lingua del Cinquecento.
Lo stesso Pascoli, grande latinista, non andava
esente dai cattivi umori. Premio Amsterdam una dozzina di volte, l’altra
dozzina in cui fu solo segnalato non volle uscire dallo pseudonimo con cui gli
invii andavano protetti. Il latino scarica i nervi, o li ricarica? O è l’imprinnting
locale lo “spirito dei luoghi”?
Francesco Sofia Alessio, che molto si rifece a
Vitrioli, fu invece socievole. Vinse tre volte il premio Hoefftianum di
Amsterdam e dodici volte la gran lode, o medaglia d’argento. Di lui, benché
antivo di Radicena (oggi Taurianova), Reggio si ricordò con un monumento – o il
fascismo, che non lasciava inosservate le eccellenze.
Giuseppe Morabito, morto quasi centenario nel
1997, rinnovò la tradizione nel dopoguerra. Volle imitare l’insegnamento al
liceo, per avere più tempo per poetare (ma dava anche lezioni private). E lo
fece al classico “Maurolico” di Messina, col privilegio di scegliersi gli
alunni, formando una sezione A di poche persone, in grado di seguirlo per
preparazione e voglia – Salvatore Settis ebbe questo privilegio. Ha vinto due
medaglie d’oro nel certamen Houefftianum, e diciotto
d’argento, tre e due al Capitolinum, dieci e undici al Vaticanum. Neanche di Morabito c’è traccia a Reggio, nemmeno a
Messina. È vero che è venuto un secolo dopo Alessio, i tempi
cambiano.
Milano
82 milioni di emendamenti sono proprio Milano:
l’irrisione cattiva, non scherzosa ma aggressiva, contro un obiettivo in genere
rispettabile – il governo, Roma, le istituzioni Il milanese non si diverte se non
attacca, ha ancora il furor teutonicus di
Lucano.
Ci sono a Milano due capolavori, almeno due, di
spreco e corruzione, la Brebemi (Brescia-Bergamo-Milano) e la Teem (tangenziale
Est esterna Milano), da poco inaugurate, a costi triplicati, e a utilità zero.
La Brebemi, 62 km. in parallelo alla Milano-Venezia, per una spesa passata
dagli 800 milioni iniziali a 2.400, ha un terzo, quando ce l’ha, del traffico
ipotizzato. La Teem, che è costata il doppio del preventivato, ha meno della metà del traffico
atteso. Ma non una critica sui giornali milanesi, la capitale morale è al
disopra dei fatti.
Le due autostrade dovevano anche essere
private: finanziate dai costruttori-gestori. Invece sono state pagate dallo Stato.
A favore di gestori privati cui adesso concede tariffe elevate.
La Scala fa più poltrone vuote che occupate. Non da ora. Dopo una mezza dozzina di stagioni di riprese, senza mai un allestimento nuovo,
senza mai un cast d’eccezione, sia pure di voci nuove. Ma è sempre il tempio
dell’opera, per i milanesi che non ci vanno.
Malgrado i troppi allestimenti vecchi, sponsor
generosi, e esecutori di secondo e terz’ordine, il bilancio della Scala è asfittico,
e va rimpinguato dallo Stato. Ma di
questo non una parola.
Si mangia bene all’Expo. Tra 150 ristoranti e
paninoteche. Ma solo Milano poteva fare tanto chiasso su una fiera alimentare.
C’è anche, gioiello dell’Expo, il “supermarket
del futuro”. Un gigantesca cloaca, anche, se si vuole: due quintali al giorno
di scarti alimentari, rifiuti, prodotti in scadenza.
È la più grave macina al collo del Sud. Con
Milano alla guida dell’Italia sarà sempre nera.
Il Sud è il suo punching ball e il suo divertimento: la corruzione, la malasanità
(a Milano si muore in ospedale solo al Sud), lo spreco della finanza pubblica,
il sottogoverno, i 100 alla maturità, la mafia, ora la ‘ndrangheta, e qualche
camorrista, e nient’altro. Perché no, magari tra i tanti napoletani che fanno
la musicologia a Milano, città sorda. Dopo avere insegnato alla città l’arte
dell’insalata.
Della cocaina a Milano non si parla. Neanche per
dire che è il Sud che la impone a Milano, Napoli, la ‘ndrangheta? Sarebbe un
bell’argomento. Molto argomentabile: il meridionale nullafacente contro il
milanese operoso.
Una città che ha fatto del pettegolezzo e
dell’effimero la sua ricchezza. Invidiabile per questo. Ma superficiale più che
frivola, e presuntuosa sempre: livorosa. I Borromeo, che la conoscevano, per questo
la frustavano?
Serve anche il. Teatrino dei Casamonica, il
ramo non criminale della famiglia, per crocifiggere Roma. Ma sopratutto per confermare
il binomio giornalismo-giustizia. Che è il trademark
di Milano, da Mani Pulite in giù, dal suo divo Di Pietro.
Che è come dire mafia-giustizia: il raggiro,
affrancato dalla legge.
“Noctes
Ambrosianae”, una serie di 71 colloqui immaginari, ebbero
largo pubblico in Gran Bretagna, sul “Blackwood’s Magazine”, tra il 1822 e il 1835. Tra i
personaggi gli autori inclusero anche il “mangiatore inglese di oppio” d De Quincey.
Si chiamavano “Noctes Amrosianae” perché ambientate nella taverna di un Ambrose a Edinburgo.
Cosa ha dato, al Sud e al testo d’Italia, la
capitale morale d’Italia? Felicino Riva, Michelangelo Virgillito e Michele Sindona,
la Lega, Mani Pulite, Berlusconi, Monti, e ora le “banche d’affari”, gli
impunibili affaristi a spese nostre, che mettono becco dappertutto..La rovina.
Ma se ne compiace, e dall’alto fa la lezione all’Italia, di morale e
buongoverno.
Si fa la coda di nove ore per visitare il
padiglione Italia. Per vedere che?
Si pagano all’Expo 200 euro per un pasto.
Altrimenti ci sono gli sfizi, a 15-20 euro il paio. È evidente che Milano il
senso degli affari ce l’ha.
Ma questo Mr Bee non sarà l’iniziale
asiatica di Berlusconi?
leuzzi@antiit.eu