Amore
– Nel
Settecento veniva senza veli. Prima cioè delle “tendine alle finestre”
(Virginia Woolf, “Orlando”): dell’amore romantico e dei pudori biedermeier. Haendel, col librettista Metastasio, abate, così lo declinano in “Poro, re dell’Indie”:
Cleofide, l’amata: “Caro amico amplesso!\ al mio seno,
Poro, l’amato: “Dolce amico amplesso! al core oppresso,
Cleofide e Poro: “Già dai vita e fai goder”.
Il duetto così si concluderà, dopo
alterne vicende:
Cleofide: “Caro, vieni a’
mio seno\ Dopo tanto soffrir!\ Sento ch’io vengo meno\ Per un sì gran gioir”.
Poro: “Cara, torno
al tuo seno\ Dopo tanto soffrir!\ Scaccia si bel sereno\ L’ombra del mio martir”.
Coro
e tutti quanti:
“Dopo tanto penare\ È più grato il piacer;\ Chi sà, costante amare,\ Rende
immenso il goder”.
Dante
– Fu
anche un pagano, nella forma rinascimentale, da proto umanista. Rivendicato per tale da varie correnti
di pensiero, ma non solo. Gli “spiriti magni” dell’antichità elegge a profeti
del cristianesimo. Dal pagano Virgilio si fa guidare alla salvezza. Il tradimento
di Cesare appaia nell’ “Inferno” a quello di Cristo: Bruto e Cassio “latrano”
nel punto più profondo della dannazione, al canto XXXIV, insieme con Giuda.
Egemonia
–
Si sentono a Radio Tre interlocutori dotti, specialisti, professori, che danno
all’Is la “forza della novità”, l’attrattiva
dell’idealità, il fascino dell’azione,
la forza di attrazione della violenza. Tutte le approssimazioni che si leggono
sul web meno che l’essenziale.
Le danno a un agitato Gr 3 del mattino, di
conduttori marcianti e squillanti, che troncano le frasi per “dare ritmo”. Saranno
quindi gli esperti in sintonia col rinnovamento, col tentativo di radio Rai di
tenere il passo delle tendenze - non c’è
più comunicazione ma show,
esibizione, agudezas. Però in quella
rete sempre saldamente centrata sull’egemonia culturale (noi e nessun altro),
suonano sinistre. In tempi di mercato e di trend,
l’egemonia dev’essere di tendenza anch’essa? Cioè liberista, consumista,
sciocca?
Ma
la disinvoltura del Gr 3 dà quasi l’allegria. Nelle plumbee Radio e Rai Tre, dove
tutto si vuole di sinistra mentre è di destra, e anche molto di destra, in economia,
in politica, e nel linguaggio. E si celebra come un rito funerario, catacombali
solitamente anche i toni, da sacrestia, da estrema unzione, di conduttori e ospiti
ugualmente – ospiti se hanno passato la “prova sezione”. Che dispensano sospirando
paccottiglia, placcata malamente, similoro pretenzioso. Ma senza sosta, un
martellamento cavo e sinistro, ogni giorno, ogni ora. È – si dice, si vuole –
di sinistra l’organizzazione della cultura: l’egemonia è una cordata, un gruppo
di potere?
Questa
egemonia si contenta di squalificare la cultura dominante come “altri”, nemmeno
degni di nome, i residuati. È un forma di superbia, da vecchia zia che spregia
i mortali da cui è tenuta in vita, dall’alto di un suo personale iperuranio.
In
Francia, in Germania, in Inghilterra si riconosce che la sinistra non è sconfitta
per caso ma perché non ha più egemonia (non sa che pensare), la quale non è un
diritto ma una battaglia rinnovata da vincere. In Italia c’è una cultura al
potere che non sa e non conta nulla: ignorante per essere cieca, e piena di sé.
La debolezza dell’Italia è in questa schizofrenia? Girare per una libreria
Feltrinelli dà i brividi.
Figli – Accanto alle
“mogli” – le vere autrici – si schierano ora anche i figli? Alessandro
Quasimodo, l’attore e regista, figlio non amato che si libera dei cimeli del
padre, ha suscitato le ire del “Corriere della sera”. Paolo Di Stefano l’ha
accusato di avidità. Ma potrebbe trattarsi anche qui di un caso di “moglie”. La
moglie abbandonata di Quasimodo, Maria Cumani, anche lei poetessa, nonché danzatrice,
e madre di Alessandro. Quella del figlio sarebbe una vendetta per conto della
madre.
Però,
sua madre non è la sola vittima di Quasimodo, Alessandro si sta lasciando
sfuggire la vera vendetta. Non c’era solo “l’amante di Stoccolma” che
indispettisce Alessandro, quella la cui compagnia Quasimodo preferì alla moglie
per ritirare il Nobel. Nel 1935, quando trentacinquenne se la faceva con
Sibilla Aleramo, cinquantanove, aveva contemporaneamente: una moglie,
un’amante, Amelia Spezialetti, alla quale stava facendo la figlia Orietta, e
altre passioni femminili. Aleramo gli serviva, uno. Due: papà era un galletto. La
sua moglie all’epoca era Bice Donetti, cassiera di bar, anche lei più attempata
di lui – che poi è morta, nel 1946. Del resto Alessandro è nato nel 1939,
quando Bice Donetti ancora non era morta.
Anche
lo zio di Alessandro, Elio Vittorini, era incostante. Aveva preso Rosina
Quasimodo ventenne, la sorella del futuro Nobel, con la “fuitina” (la notte a
letto insieme fuori casa) a Siracusa. Poi, dopo pochi anni, l’aveva
progressivamente abbandonata per Ginetta Varisco, gentile milanese.
Notevoli
pure i figli di Vittorini, entrambi con Rosina – che però non lo odiava, si
risposò felice anche lei: il primo, Giusto Curzio, fu chiamato così in onore,
nel 1928, di Curzio Malaparte, il secondo, Demetrio, è anglista e felice biografo
del padre e dei Quasimodo.
Madri
–
È genere ora ubiquo: diffuso, anche se caro, e multiforme, con le surrogate, la
procreazione in vitro, l’inseminazione artificiale. Vi si esercita anche Dacia
Maraini, su due lunghe pagine del “Corriere della sera”, a proposito delle
madri surrogate, o gestazioni in affitto. Con questo esempio: “Perfino la
Madonna che, secondo la narrazione cattolica, ha concepito un figlio per conto
terzi – ovvero lo Spirito Santo – l’ha però donato, da accudire, con
meravigliosa fiducia e rispetto, al proprio compagno di vita”.
Maledettismo
-
Aldo Nove
insulta il suicida di Civitavecchia: “Che cazzo sono «sti risparmi»?” Eccetto i
suoi naturalmente. Che cosa non si fa per uscire sui giornali? È il
maledettismo di oggi, per un cent in più.
Nove ha annunciato anche di
avere lasciato facebook: nuova notizia.
Pasolini – È voluto
diventare da ultimo un personaggio televisivo. E non a fini pubblicitari,
promozionali, essendo già un monumento. A “Carosello”, con la sua voce. A “Terza liceo” di
Biagi, per raccontarsi bugie coi coetanei bolognesi. Col birignao
antitaliano. E magisteriale sempre. Per un bisogno d’ordine?
Le ultime immagini legate a “Salò,
Sade”, il film e le tante interviste con cui lo ha accompagnato, lo danno soddisfatto.
Uno che sapeva che le rappresentazioni di sadismo sono sadismo. Come il
marchese era diventato totalitario, di un’idea sola, semplificata – non più
smarrito o isolato, quale figurava prima. Con la passione per san Paolo, che
del clericalismo è quintessenza, uno che voleva giudicare gli angeli, nel
mentre che declamava il sacro. Ma con lo sguardo assente, introspettivo: da
disadattato, malgrado il didattismo. Il lettore scafato rinviando
inevitabilmente a Malaparte – è Malaparte l’inventore del genere, il monito al
lettore.
Vangeli – Sono molto
femministi, in effetti. Per l’epoca perfino bizzarri, come nelle religioni orientali,
culti egiziani inclusi. Mentre sono avulsi dalla tradizione ebraica e da quella
greca. Anche nei modi di dire.
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